Ambiente & Veleni

Apuane, se a essere tutelate sono le lobby e non le montagne

Oggi, primo luglio, sarà un giorno infausto. Se tutto andrà come previsto, verrà approvato il piano paesaggistico regionale della Toscana, che segna il trionfo degli interessi dei padroni delle cave a discapito delle Alpi Apuane. Una politica legata mani e piedi a costoro, una politica che – ancora una volta nel segno delle larghe intese tra Pd e Forza Italia – se ne frega della distruzione selvaggia delle Apuane: perché lì si deve estrarre, scavare, come se il marmo fosse inesauribile. “Ce n’è per mille anni”, dicono gli imprenditori/padroni, e tanto basti. Ma a noi non basta: confrontate le foto di appena trent’anni fa con quelle di oggi. Gli stessi luoghi sono irriconoscibili, sventrati dalla furia del profitto delle grandi società che rapinano un bene comune, e neppure lasciano nulla al territorio. Ancora una volta si assiste imbelli alla retorica “salviamo i posti di lavoro”, quando in realtà il lavoro legato all’estrazione/distruzione sono sempre meno, e potrebbero essere riconvertiti se ci fosse una politica che seriamente pensa al futuro e al “comune”. Si tratta, invece, di salvare i profitti dei padroni: e uso scientemente questa parola antica, desueta, perché qui sembra davvero che l’antico paradigma della lotta di classe – pure innestato su uno scenario prima inedito, quello della salvaguardia dell’ambiente, e nell’era di un tardo capitalismo dove gli interessi dei “padroni” si contrappongono frontalmente al “comune” – conservi tutta la sua validità.

Nonostante i tentativi dell’assessore Marson che aveva voluto il piano, alcuni eminenti “democratici” (una volta si sarebbe detto: vero e proprio comitato d’affari della borghesia) hanno stravolto le intenzioni originarie – e quale smacco, quale fallimento, per un Enrico Rossi che difendeva il carattere di “sinistra” del suo governo! Qualche settimana fa era lui stesso a denunciare la pressione della lobby del marmo, e invece i suoi “compagni” si sono rivelati perfetti estensori di emendamenti a favore di questa lobby, e lui adesso non fa parola! Non solo nel Parco delle Apuane non è più alle viste alcuna riconversione delle attività estrattive ad attività rispettose dell’ambiente naturale, sia pure a lunga scadenza, e sono fatti salvi i privilegi delle imprese, ma perfino si consentiranno di riaprire cave chiuse e ormai rinaturalizzate, e si consentiranno ampliamenti delle cave senza chiedere varianti. E’ un Parco, quello, capite? Un Parco dove però preminenti sono gli interessi delle cave.

Unico divieto stabilito: basta alle escavazioni di cresta (dove negli ultimi decenni creste montuose sono state abbassate di cinquanta metri!). E per questo, nonostante i loro privilegi continuino a essere garantiti, i padroni del marmo stanno dando battaglia, gridando allo scandalo, come se loro, poveretti, fossero i perdenti. Veri e propri “spiriti selvaggi del capitalismo”, una pur minima regola li fa andare su tutte le furie, portandoli a una lotta contro il piano fatta di un’arroganza e di un estremismo che non s’era mai visto. Temono che mettere un limite qualsivoglia all’escavazione equivalga a metterli in contrapposizione con la “natura”: e loro, invece, si sentono più naturali della natura (e anche qui, quanto converrebbero rispolverare la vecchia nozione di “ideologia”). Come, con una sincerità disarmante e senza vergogna hanno scritto loro stessi, senza le cave le Apuane “sarebbero montagne come le altre”. Che orrore, vero?

Una modesta proposta, ai nostri politici là a Firenze: abolite il Parco. Segate le vette, fatele rotolare a valle, schiantatele sui borghi apuani, inutile residuo di comunità. Il Parco è una finzione, ormai, si scrive Parco ma si legge Distretto minerario. Oppure, molto più semplicemente: vergognatevi.