Diritti

Omofobia a scuola: il marchio d’infamia

L’omofobia è un atto verbale, prima di ogni altra cosa, soprattutto se assumiamo il concetto biblico – e quindi cristiano – della parola come atto di creazione. Nella Genesi, Dio costruisce prima il mondo e poi fa l’uomo a sua immagine e somiglianza. Questa eguaglianza sta proprio nel fatto che l’essere umano è, come il dio creatore, l’unica specie dotata del dono del dire. E con le parole l’uomo definisce il reale, lo domina.

Cercherò di dimostrare un’ovvietà che sfugge a molti e molte e che riguarda le persone Lgbt (Lesbiche Gay Bisex Transgender). Mi concentrerò su ciò che succede ai maschi, perché è un fenomeno che conosco meglio. Da ragazzo fu nell’ambiente scolastico che scoprii un termine che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Un compagno con cui volevo socializzare mi disse: “Vattene, sei frocio! Poi la gente penserà che sono come te”. Venni a sapere così che ero omosessuale.

Questo è quanto accade a molti giovani gay tra aule, cortili e corridoi. In età adolescenziale, si deposita un termine (“frocio” con le sue varianti regionali) come segno d’infamia. Da quel momento si diventa soggetti da deridere, da insultare, da sottovalutare. Da picchiare, se l’occasione è propizia.

Suggerisco sempre un utile esercizio: appostatevi all’uscita di un liceo, ascoltate e contate quante volte gli insulti contro i gay vengono ripetuti per scherzo, scherno o abitudine verbale. Avrete delle sorprese. Pensate cosa accadrebbe se, in tutte le scuole d’Italia, si usassero con la stessa virulenza altri vocaboli, come “ebreo”, per fare un solo esempio.

L’essere additati con parole odiose è l’atto creatore di tutta l’omofobia possibile. Da lì si diviene zimbelli, casi umani o vittime prescelte. Qualcuno resiste e diventa addirittura più forte. Ma a quale prezzo? Altri quel prezzo lo pagano per intero, col proprio corpo. Con un salto nel vuoto. Dal balcone di casa, come è successo a troppi ragazzi, qui nella sola capitale.

Ho fatto questa premessa per spiegare cosa sta succedendo proprio nelle scuole nella lotta alle discriminazioni sull’orientamento sessuale (quindi contro gay, lesbiche e bisessuali) e sull’identità di genere (quindi contro le persone trans). Era stato previsto un corso per formare i/le docenti su come comportarsi di fronte ai casi descritti. Non per promuovere l’omosessualità – così come parlare di shoah non significa convertire all’ebraismo – ma per evitare specifiche sofferenze alle nuove generazioni. Purtroppo le ingerenze clericali hanno reso impossibile quest’atto di civiltà, Bagnasco ha tossito e il governo ha provveduto prontamente: il corso è stato sospeso. Ulteriore episodio, in ordine di tempo, dopo che si è impedito a Vladimir Luxuria di parlare delle condizioni di vita delle persone trans in un liceo a Modena e dopo che il comune di Torino ha rimosso delle schede didattiche contro il bullismo omofobico.

Ricordo le aspre polemiche da parte delle associazioni Lgbt contro la legge Scalfarotto, che aveva il buono di legiferare sui crimini d’odio, ma che nulla faceva contro la loro origine. Ricordiamo l’emendamento Gitti: “non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente […] ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione…”.

Le conseguenze di quel provvedimento sono evidenti: il ddl giace in Senato e molto verosimilmente non verrà mai approvato, ma l’omofobia è passata nel nostro Paese come un fatto di libertà di pensiero. A cominciare, appunto, dai banchi di scuola (e del Parlamento).

Tornando al presente, credo di poter affermare che chi si oppone a una seria lotta contro le discriminazioni pone le basi, più o meno indirettamente, affinché certe parole possano ferire ancora. Certo, qualcuno sarà comunque forte e andrà avanti lo stesso. Ma temo che qualcun altro farà l’ennesimo salto nel vuoto, dal balcone della sua stanza. I movimenti cattolici reazionari, finanziati coi proventi dell’8 per mille, che promuovono certe crociate antigay – insieme a chi ha determinato l’attuale clima culturale – porteranno sulle proprie spalle la responsabilità di ulteriori tragiche conseguenze.