Cultura

Libri: con ‘Chiome incolte’ si ritorna agli anni ’80 e alla moda fricchettona

Ho letto un libro molto bello. Di un conoscente. Di un amico. Di qualcuno che considero oggi un amico perché l’ho incrociato lungo la strada di casa per almeno 28 anni. Il tempo che ho vissuto con la mia famiglia nel Borgo San Giuliano. A Rimini.

Piero Righi Ghirardelli abita ancora lì e come si usa dire dalle nostri parti è un vero e proprio “borghigiano”.

Il romanzo breve che ha appena pubblicato è CHIOME INCOLTE, tutto maiuscolo, e non è il primo che ha scritto. Ma è quello che mi ha fatto scoprire il Piero Righi Ghirardelli scrittore. Ed è un romanzo che non troverete in libreria (per il momento). È auto-prodotto e distribuito in qualche edicola nel riminese e lo si può ordinare online.

Sulla copertina c’è una fotografia, che risale agli anni ’80, che ritrae tre giovani dai capelli lunghi e neri fin sotto la schiena, come voleva la moda “fricchettona” di allora. Uno dei tre è l’autore del libro e aveva diciannove anni.

CHIOME INCOLTE è una storia autobiografica e di una grande amicizia. Racconta di un fine settimana che cambiò per sempre l’esistenza di Piero e di chi ebbe la fortuna di sopravvivere ad un terribile incidente stradale, al ritorno da una serata passata in discoteca.

“Le avventure di un gruppo. La storia di una serata. Un inizio marzo che cambiò tante vite” è il sottotitolo del libro.

Piero, che dopo quell’evento trascorse qualche mese nel reparto di rianimazione dell’ospedale, decide di rielaborare il proprio trauma. A distanza di trent’anni, racconta di come il gruppo di amici trascorse i giorni prima dell’incidente. Il ritrovo al Bar Alba, i viaggi avventurosi con la vespa e i sabati in discoteca a “rimorchiare” le ragazze: c’era quello che ci sapeva sempre fare e quello più timido e impacciato come l’autore del libro il quale però aveva altre doti: sapeva raccontare delle bellissime storie. E Piero è davvero bravo nel raccontare dei compagni di avventura, i momenti e le sensazioni provate in quell’ultima serata passata insieme di un giorno di marzo.

C’è anche un emozionante contributo degli amici e dei parenti dei sopravvissuti dentro il libro: “In psicologia si dice che scrivere sia un buon viatico; se così fosse, penso che, forse, questo libro avremmo dovuto scriverlo tutti”, scrive Luca.

Non ho mai conosciuto gli amici di Piero, quelli di adesso e quelli che non ci sono più, ma dopo aver letto il suo romanzo (può sembrare un complimento banale) è come se il “Gallo”, “Vincio e “Gorinaz”, li avessi conosciuti da sempre.

Fonti: http://www.rigantik.com/