Società

Psicologia sociale: il familismo amorale nell’Italia di oggi

La qualità dei servizi pubblici in Italia, soprattutto nel meridione, è da sempre oggetto di lamentele e proteste. Se in alcuni casi gli italiani hanno piena ragione (la giustizia italiana è stata spesso condannata per la sua lentezza nelle sedi internazionali), in altri casi il loro giudizio è ingeneroso e contrasta con le valutazioni internazionali (questo accade ad esempio per la ricerca o per la sanità). Una marcata discrepanza tra il giudizio popolare e quello oggettivo costituisce un problema di studio per la psicologia sociale. Molti spunti di riflessione possono essere tratti da un’importante ricerca di Edward C. Banfield pubblicata nel libro The moral basis of a backward society (Free Press, Usa). Lo studio fu condotto sessant’anni fa in un paese della Basilicata, nascosto sotto il nome fittizio di Montegrano, usando metodiche avanzate (per l’epoca) che includevano il test di appercezione tematica (TAT), e interviste strutturate e non strutturate. Banfield, con la moglie (italiana) e i due figli, rimase a Montegrano per quasi un anno.

Lo studio di Banfield costituisce certamente uno dei più interessanti e originali contributi alla questione meridionale, almeno pari, se non superiore, a quelli di Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci e Carlo Levi (autori che Banfield conosceva bene). La tesi centrale dello studio è che, accanto alle problematiche precedentemente individuate, ne esiste una socio-culturale, non individuata in precedenza, che Banfield chiama familismo amorale: “… i montegranesi si comportano come se seguissero la seguente regola: massimizza il guadagno materiale, a breve termine, della tua famiglia ristretta; assumi che tutti gli altri facciano lo stesso” (p. 83).

Le regole del familismo amorale, come si vede, sono in effetti due: la prima indica all’individuo cosa fare; la seconda gli offre un facile modo per interpretare il comportamento altrui e relazionarsi con la società. Sebbene entrambe siano deleterie per il progresso socio-economico a medio o lungo termine, la seconda è particolarmente dannosa, perché inquina i rapporti sociali ed impedisce che si formi un rapporto di collaborazione e fiducia con il governo e le istituzioni locali o nazionali: “… la dichiarazione di una persona o di una istituzione, di essere ispirata dall’interesse per la cosa pubblica, anziché per il proprio, è vista come una frode” (p. 95); “in una società di familisti amorali sarà opinione comune che chi esercita il potere sia egoista e corrotto… il votante userà il voto … per punire” (p. 99). Non è in discussione, evidentemente, l’esistenza di funzionari pubblici corrotti e di servizi inefficienti (ampiamente analizzati da Banfield), ma l’idea che tutti i funzionari siano necessariamente corrotti e tutti i servizi necessariamente inefficienti e meritevoli di punizione; e non di rado i paesani intervistati da Banfield esprimevano ammirazione per il regime fascista (al potere fino a dieci anni prima dello studio) ritenuto capace di controllare e punire i suoi funzionari.

In effetti, la collaborazione tra gli operatori e gli utenti del servizio è essenziale ai fini della qualità del risultato e nessun servizio può funzionare correttamente se è disprezzato dagli utenti.

Banfield riteneva che due fattori causali fossero specialmente importanti nel determinare questo atteggiamento: la povertà e l’elevato tasso di mortalità, che cooperano nel produrre una condizione psicologica di perenne apprensione e inducono l’individuo a privilegiare scelte a breve termine. Poiché oggi le condizioni economiche sono migliorate, e l’aspettativa di vita è aumentata, la forma culturale del familismo amorale dovrebbe pian piano scomparire. Ma la cultura popolare cambia lentamente e non è difficile riconoscere i modi di pensare descritti nel libro di Banfield nella società contemporanea. Non si può non notare, ad esempio il desiderio di punizione nei confronti dei dipendenti pubblici che anima tanti cittadini, al punto di fargli apprezzare dei nemici dei lavoratori come gli ex ministri Brunetta e Gelmini; o la diffusa opinione che, se esistono realtà di eccellenza in questo paese, esse siano tutte concentrate in pochissime istituzioni tutte rigorosamente localizzate a nord del Po.