Cronaca

Napoli, un permesso premio a chi spara ai poliziotti

Farabutti. Bastardi. Codardi. Sono stati stanati come topi rognosi nascosti nelle loro tane fognarie. Perché loro questo sono: sorci. Sono i tre giovinastri di età compresa tra 20 e 22 anni che la notte del 7 gennaio per scansarsi un posto di blocco della polizia non hanno esitato a sparare a bruciapelo su due agenti di una pattuglia del commissariato Poggioreale. I poliziotti – solo per un caso fortuito – non sono rimasti uccisi.

Forze dell’ordine usate come bersaglio mobile. Questi sono i nomi delle tre canaglie: Michele Mazio, 20 anni, Salvatore Di Candido, 22 anni e Ivan Zinzi, 20 anni accusati di concorso in duplice tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di arma e ricettazione.

Come sempre accade in questa maledetta storia c’è nascosta un’altra storia che già fa scandalo. Michele Mazio, il terzo passeggero dello scooter rubato che, secondo le indagini, ha materialmente premuto il grilletto è recidivo. Già in passato si era segnalato per un’altra altrettanto gravissima sparatoria. E’ accaduto 4 anni fa, aveva 16 anni. Era il 30 ottobre 2010. Quella faccia di ebete con gli occhi da serial killer e l’espressione da imbecille insieme a un complice giunse in via Pietro Colletta – non molto distante dal rione Forcella – per rapinare un negozio di alimentari. Venne sorpreso da una pattuglia di Falchi. Con la stessa ferocia, violenza e odio non esitò – pistola in pugno – ad esplodere a tradimento un proiettile indirizzandolo contro un sovrintendente di polizia. Anche lì, San Gennaro ci mise una toppa. Il colpo sfiorò l’agente e per fortuna andò a vuoto. Mazio – già noto ai terminali della Questura – fu arrestato e condannato per rapina e altro. Fine pena 2017 da scontare nel carcere minorile di Roma.

Inspiegabilmente un giudice di sorveglianza gli ha concesso al decerebrato pistolero una licenza premio. Cosa? Un permesso per consentire al bamboccione psicopatico di trascorrere le feste di Natale a casa. Assurdo! Si resta senza parole. Cosa deve pensare una persona perbene e soprattutto cosa devono pensare le stesse forze dell’ordine? La sfiducia è totale. Il criminale-testa vuota con gli altri due complici sono definiti nelle relazioni di servizio “personalità pericolosissime”. Viene da chiedersi legittimamente e anche con inquietudine chi e perché ha concesso quel permesso premio dal 23 al 26 dicembre? Qual è stato il criterio seguito? Il giudice nella relazione cosa ha scritto? Ora perché il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri non invia un’ispezione, un accertamento per verificare che il lavoro del giudice è stato corretto?
Insomma se quel giudice di sorveglianza ha sbagliato valutazione lo si può punire e rimuovere dal suo posto? Un avanzo di galera spara a vista sulle forze dell’ordine e lo Stato che ti fa? Lo premia.

Ecco per te, piccolo discolo, un bel regalino impacchettato con tanto di fiocco e auguri di buon Natale.
E l’ebete – che non è fesso – neppure ci ha pensato a far ritorno all’istituto minorile. Stesso discorso per Ivan Zinzi, un altro sfrantumato che invece di scontare la pena ai domiciliari ha evaso per commettere altri reati.
L’affresco mette i brividi. Vite bruciate e alquanto inutili. Qui non siamo di fronte a carnefici che diventano a loro volta vittime. Questi codardi coscientemente hanno scelto e abbracciato il male assoluto. Si deve dare atto al nuovo questore di Napoli Guido Marino, al capo della Mobile Ferdinando Rossi e ai colleghi dei due poliziotti feriti di aver dimostrato grande tenacia e senso dello Stato. E’ lo stesso capo della polizia partenopea a tagliare corto e attaccare a muso duro: “Chi deve stare in galera è giusto che ci resti”. Amen.

Napoli nel bene e nel male è sempre un laboratorio. Siamo alla vigilia del decreto “svuota carceri”. Solo nella nostra città torneranno liberi e da scontare pene alternative circa un migliaia di pregiudicati. Si è pensato, calcolato, immaginato l’impatto che ciò avrà sulla sicurezza della popolazione? Certo il carcere non è e non dev’essere una discarica sociale. L’emergenza dell’affollamento dei penitenziari è un argomento troppo serio. Un esempio drammatico è la situazione che si vive nella Casa circondariale di Poggioreale a Napoli. A momenti esplode e sempre per molti rappresenta una vera “Università” del crimine. Però mi chiedo – caro Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri – che soluzione è spalancare le celle senza un progetto di rieducazione e reinserimento? Mettere tutti fuori è davvero la cosa giusta da fare? Non è un indulto? Non è un’amnistia mascherata?

Insomma i fatti di Napoli, la pioggia di proiettili sugli agenti, le assurde licenze premio, le pene da scontare ai domiciliari ma sistematicamente evase pongono l’attenzione su di un interrogativo destinato a restare tale: chi tutelerà le persone perbene? Quale sarà lo stato d’animo di chi ogni santo giorno tra mille rischi, poveri mezzi e con uno stipendio da fame per dovere istituzionale dovrà garantire la sicurezza?  

 Twitter @arnaldcapezzuto