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Mondiali Qatar, caldo e nuovi schiavi: 44 operai morti per costruire gli stadi

Un’inchiesta pubblicata in prima pagina sul Guardian di mercoledì racconta l’infernale odissea di migliaia di lavoratori nepalesi che partecipano alla costruzione degli immaginifici stadi dove si dovrebbero giocare le partite. Storie di straordinario sfruttamento della manovalanza migrante

Ennesima tempesta di sabbia sui Mondiali di calcio del 2022 in Qatar. Un’inchiesta pubblicata in prima pagina sul Guardian di mercoledì racconta l’infernale odissea di migliaia di lavoratori nepalesi che partecipano alla costruzione degli immaginifici stadi dove si dovrebbero giocare le partite. Storie di straordinario sfruttamento della manovalanza migrante: tra lavori forzati, indegne condizioni sanitarie, passaporti requisiti e stipendi congelati dalle società appaltatrici dei lavori. Oltre alle tragiche testimonianze di prima mano su almeno 44 lavoratori morti tra il 4 e l’8 agosto per avere lavorato come schiavi in pieno deserto, senza bere un goccio d’acqua. Il tutto mentre la Fifa, la Uefa e i club europei non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su quando disputare la competizione, che per la prima volta nella storia andrà necessariamente spostata in inverno, contribuendo ancor di più a rendere insostenibile l’idea che si possano fare i Mondiali in Qatar.

E palesando ancora una volta come siano state lobbying e corruzione le uniche ragioni che hanno fatto sì, nel dicembre del 2010, che l’organizzazione della competizione più importante del calcio fosse affidata all’emirato. Il drammatico reportage di Pete Pattisson sul Guardian segue infatti di qualche mese il rapporto di Human Right Watch sulla condizione di schiavitù in cui vivono i migranti in Qatar, una denuncia – “Saranno più i migranti morti sul lavoro nella costruzione degli stadi che non i giocatori che parteciperanno al Mondiale” – cui aveva già dato risalto lo scorso gennaio ilfattoquotidiano.it. E segue di qualche giorno il congresso della Uefa a Drubovnik (19-20 settembre) in cui ancora una volta non si è riusciti a trovare unità di intenti per le date del Mondiale.

Stabilito che d’estate con 50 gradi all’ombra non è possibile giocare – al di là degli stadi con l’aria condizionata che in un primo tempo pare avessero convinto Platini e Blatter, dimenticando tifosi e lavoratori che si muovono dentro e fuori gli stadi – Platini vorrebbe una pausa invernale dei campionati e della Champions intorno a Natale, per dare spazio al Mondiale invernale. Mentre Rumenigge a nome dei grandi club chiede che il Mondiale si faccia ad aprile. Alla fine deciderà Blatter, con la Fifa che ha già spiegato che bisogna giocare a novembre per non cozzare contro le Olimpiadi Invernali del 2022. E le squadre europee dovranno organizzarsi di conseguenza. Nessuno che pensa ai lavoratori migranti morti in Qatar nei palazzi del calcio, e sarebbe strano il contrario. La lotta è tutta politica, in vista delle elezioni Fifa del 2015 dove ci sarà la sfida tra Blatter, o un suo nuovo delfino, e il suo ex delfino Platini, il grande sponsor del Mondiale in Qatar che ora si trova con la patata bollente in mano.

Per l’ennesima volta, durante l’esecutivo Uefa a Drubovnik, Platini ha dovuto ammettere di avere partecipato a una cena all’Eliseo in compagnia dell’allora presidente francese Sarkozy e dell’allora emiro Al Thani pochi giorni prima che fossero assegnati i Mondiali al Qatar. E in contemporanea Blatter, per la prima volta, dopo aver sempre sostenuto che il Qatar era una scelta “sportiva”, ha invece ammesso che si è trattato di una scelta “politica”. Chissà se il riferimento era alle accuse di corruzione che hanno portato alla sospensione di Jack Warner e di Mohammed bin Hamman, mammasantissima della Fifa e ed ex alleati di Blatter diventati poi suoi avversari, o alle cene eleganti tra Platini e gli emiri. O ancora al conflitto d’interessi in seno alla famiglia Platini: dove Laurent, figlio del boss Uefa, lavora da qualche anno proprio per la Qatar Sports Investmentes degli emiri. La guerra per la presidenza Fifa del 2015 è in pieno svolgimento, e che si svolga sulla pelle di 44 migranti nepalesi morti in Qatar e di molte altre possibili vittime non ancora accertate, non sembra disturbare nessuno.

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