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Datagate, Camera Usa respinge emendamento per limitare potere Nsa

Ma democratici e repubblicani si sono spaccati, l’appello dell’amministrazione Obama a mantenere alta la guardia contro il terrorismo è stato disatteso dalla maggioranza del suo partito, e il fastidio e i dubbi circa le misure sulla sicurezza crescono con forza all’interno dello stesso Congresso.

Questo è solo l’inizio”. Così John Coyers Jr,. un democratico progressista della Camera Usa, ha definito la battaglia per limitare i poteri della National Security Agency (NSA). Coyers e i suoi alleati hanno perso il primo scontro parlamentare. La Camera ha infatti respinto – 217 voti contro 205 – un emendamento alla legge di bilancio del Pentagono che avrebbe reso molto più difficile raccogliere i dati telefonici e Internet degli americani. Ma democratici e repubblicani si sono spaccati, l’appello dell’amministrazione Obama a mantenere alta la guardia contro il terrorismo è stato disatteso dalla maggioranza del suo partito, e il fastidio e i dubbi circa le misure sulla sicurezza crescono con forza all’interno dello stesso Congresso.  

La legge esaminata dalla Camera presentava una serie di punti e proposte che esulavano dal tema ristretto della sicurezza. I deputati hanno per esempio votato per ridurre i finanziamenti ai ribelli siriani, e per sottoporre gli aiuti finanziari all’Egitto a un maggior controllo da parte del Congresso. Tra gli emendamenti al progetto di legge, ne era stato inserito uno preparato da Justin Amash, un repubblicano libertarian del Michigan, e da John Coyers, che in questi anni si è fatto conoscere nella sua Detroit e in tutti gli Stati Uniti per le posizioni particolarmente progressiste. L’emendamento Amash-Coyers proponeva di limitare i poteri di sorveglianza della National Security Agency esclusivamente a gruppi e singoli soggetti a investigazione, proibendo dunque di la raccolta indiscriminata dei dati telefonici e Internet di tutti i cittadini americani.  

La proposta è stata immediatamente definita “pericolosa” dalla Casa Bianca, che ha mandato il portavoce Jay Carney davanti ai giornalisti per chiedere ai deputati di respingere il progetto che avrebbe messo “seriamente a rischio la lotta al terrorismo”. La mossa è apparsa da subito il segno di quanto Obama e i suoi temessero una limitazione dei poteri della NSA: tradizionalmente, per esprimere il proprio assenso o dissenso nei confronti di un progetto di legge, la Casa Bianca si limita infatti a redigere una nota e non manda il proprio portavoce di fronte alla stampa. Per rafforzare ulteriormente gli sforzi dell’ultima ora contro l’emendamento Amash-Coyers, è arrivato a Washington il generale Keith Alezander, direttore della NSA, che ha passato ore e ore a cercare di convincere i deputati più riottosi a mantenere inalterati i poteri della sua agenzia. Anche questa è apparsa una mossa inconsueta, considerata la segretezza che per decenni ha circondato le attività della NSA e l’assoluta indifferenza che la più potente agenzia di spionaggio al mondo ha tradizionalmente mostrato per il potere politico.  

Alla fine gli sforzi congiunti di Obama e Alexander, coadiuvati dallo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, hanno avuto successo. I deputati hanno respinto, 217 voti contro 205, l’emendamento. Il voto, e il clima politico che si sta creando a Washington, sono comunque fatti per non rassicurare l’amministrazione Obama e le agenzie di spionaggio Usa. Anzitutto l’emendamento è stato respinto di strettissima misura, per soli 12 voti. La maggioranza dei deputati democratici – 111 – e un buon numero di repubblicani – 94 – hanno votato contro rispettivamente il proprio presidente e il proprio leader della Camera. Sull’emendamento anti-NSA si è infine formato un blocco politico inconsueto, cui contribuiscono la maggioranza dei democratici ma anche tutti quei repubblicani libertarian e vicini al Tea Party da sempre sospettosi di scopo e ampiezza dei poteri del governo federale. Questa “inedita” convergenza di interessi è stata definita “coalizione degli imbecilli” dai suoi nemici politici, e lo stesso generale Alexander ha messo in guardia da misure che “ti fanno guadagnare un ‘I like’ su Facebook, ma che avranno conseguenze distruttive”.  

Il problema, per i sostenitori delle ragioni della sicurezza, è che il vento negli Stati Uniti sembra cambiato e la “coalizione degli imbecilli” è molto più di un temporaneo e lunatico raggruppamento di interessi politici. Un sondaggio CBS News rivela che il 67 per cento degli americani considera la raccolta indiscriminata dei dati telefonici e Internet “una violazione della privacy”. Anche a Washington il clima politico è, nel giro di qualche settimana, completamente cambiato. Le rivelazioni sui poteri della NSA di Edward Snowden, la cosiddetta “talpa” del Datagate, furono accolte un mese fa con un coro di indignazione e di richieste di arresto per il giovane ex-impiegato della Cia. Oggi quelle rivelazioni sembrano prese seriamente in conto e portano a iniziative legislative di rilievo nazionale – ciò che potrebbe essere considerata una prima, importante “vittoria politica” per Snowden. Lo stesso F. James Sensenbrenner Jr., il deputato repubblicano del Wisconsin che quasi 12 anni fa fu uno dei principali autori del Patriot Act, la legge antiterrorismo post-11 Settembre, è venuto in questi giorni allo scoperto, spiegando che la sua legge “non ha mai avuto l’obiettivo di creare un programma che consenta al governo di domandare i dati telefonici di ogni americano”. 

Mentre l’amministrazione Obama moltiplicava i suoi sforzi politici e diplomatici per catturare Snowden (che si trova ancora in Russia), negli Stati Uniti si è dunque silenziosamente creata una coalizione – fatta di attivisti Web e di militanti per i diritti civili, di liberal e di conservatori – che mira a limitare i poteri di controllo del governo federale e delle sue agenzie. Diversi deputati, in queste ore, hanno ricevuto centinaia di telefonate e mail dai loro elettori, che chiedevano di porre paletti certi all’autorità della NSA. La prima prova parlamentare degli anti-NSA alla Camera è andata male, ma la battaglia promette di essere ripresa dal Senato, dove due democratici, Mark Udall e Ron Wyden, chiedono da anni maggiori garanzie per la tutela della privacy. Dopo il voto della Camera, proprio Mark Udall ha commentato: “La sicurezza nazionale è di assoluta importanza, ma la raccolta indiscriminata dei dati telefonici viola il diritto alla privacy degli americani innocenti e non può più continuare”.