Politica

Lega Nord, i silenzi di Maroni alla proposta dei suoi: “Bossi fuori dal partito”

All'assemblea degli eletti molti dirigenti contro il padre fondatore. E l'ex ministro dell'Interno tace. Il segretario dell'Emilia Romagna: "Il Senatur fa perdere consensi e credibilità". Calderoli: "La pazienza è finita". Cota: "Il segretario è la persona giusta"

La Lega Nord sembra avvicinarsi sempre di più alla resa dei conti. Saranno le ferite per le ultime elezioni amministrative – finite con un mezzo disastro, a partire da Treviso -, saranno le continue punzecchiature (ed è dire poco) tra i due leader Umberto Bossi e Roberto Maroni. Ad ogni modo il segretario del Carroccio congela l’ipotesi di un congresso anticipato e annuncia che resterà segretario “fin che serve”. Ma soprattutto sono significativi i silenzi di Maroni. “Da ora sarò più cattivo” giura. Intanto c’è chi nell’assemblea degli eletti – convocata proprio per discutere dei risultati elettorali – della Lega propone l’indicibile: mettere Bossi, il padre fondatore, alla porta. Il Senatur non si è presentato all’incontro (“Assente ingiustificato” ha detto Maroni), ma la questione è stata sollevata, in differenti modi e gradi, da diversi dirigenti, anche di primo piano. D’altronde le bordate dell’ex segretario nelle ultime settimane si erano fatte sentire: al Fatto Quotidiano il Senatur aveva parlato di un partito “distrutto” che vuole riprendersi.

Di “espulsione” ha parlato per esempio il segretario emiliano, Fabio Rainieri che, al telefono con l’Agi, conferma: “Sì, è vero, ho chiesto che Bossi vada via dalla Lega. Io mi sono innamorato di Umberto Bossi come leader di partito e politico, ma dopo la malattia non è più stato in grado di gestire il movimento, in balia dei cattivi consiglieri. Ora dice robe che non stanno né in cielo né in terra, tipo definire Maroni un traditore. Quando Bossi era segretario nel pieno dei suoi poteri, se uno si comportava come si sta comportando lui, veniva espulso: lo stesso trattamento deve essere riservato a lui. In questo momento fa perdere consensi e credibilità a tutto il movimento, dovrebbe mantenere l’unità, mentre oggi sta facendo esattamente il contrario”.

Ma anche altri dirigenti, spiega chi ha partecipato alla riunione, hanno manifestato forte intolleranza verso le ultime prese di posizione di Bossi e hanno chiesto un “pensionamento forzato”. Tra i più critici il segretario della Liga veneta, Flavio Tosi, che nelle settimane scorse, senza mai nominare il presidente federale, aveva comunque detto che la Lega non ha più bisogno di gente che “non è in grado di portare consensi”. Infine, il vaso è pieno anche per Roberto Calderoli, anche se l’ex ministro sembra mantenere una certa equidistanza. Da storico “pontiere” tra Bossi e Maroni, durante il suo intervento in assemblea, ha letto una lettera inviata a entrambi. Nella missiva dice ai due amici che così “non si può andare avanti” così e avverte il Senatur che la pazienza è finita. Nel suo intervento, il leader del Carroccio avrebbe affermato di essere stato “troppo democratico” nella gestione del partito (con riferimento indiretto agli scontri con Bossi). “Anche se mi costa” per la sovrapposizione con l’incarico di governatore, “accetto di rimanere” segretario, avrebbe poi detto, accogliendo la richiesta della platea.

I bossiani sembrano sempre più isolati, se non addirittura finiti sotto traccia. L’adesione alla linea Maroni è arrivata pienamente per esempio dal presidente della Regione Piemonte Roberto Cota che ha ribadito come Maroni sia “la persona giusta: ha vinto il congresso un anno fa ed ha vinto le elezioni regionali in Lombardia. Remiamo a tutta forza e tutti nella stessa direzione. A me interessa come la Lega possa guardare al futuro. Abbiamo un progetto politico, la Macroregione del Nord. Un progetto giusto, attuale e vincente perché la questione settentrionale è tutta da risolvere e noi abbiamo il dovere di risolverla”. Insomma: per tutti il problema