Cultura

Corea del Nord, il diario di viaggio nell'”impero del mai”

‘Dalla notte dei tempi la Corea è rimasta silenziosa, a parte, in un modo tale che il suo isolamento rimane un mistero’ scriveva Percival Lowell astronomo americano che visse in Corea negli anni ’80 dell’Ottocento. Anche oggi, nonostante le ultime folli vicende che vedono protagonista il giovane Kim Jong-un, stanco di giocare ai video-game e desideroso di vedere esplodere i missili veri, la penisola coreana rimane, apparentemente, un enigma.

Qualche anno fa è stato pubblicato da un bravo editore, ObarraO (che ha il merito di aver divulgato e di divulgare in Italia non solo saggistica e narrativa nordcoreana, ma anche quella proveniente da Buthan, Birmania, Cambogia, Vietnam, Thailandia, Cina e India) un testo molto interessante, attualissimo in questo periodo, utile per spazzare via tanti pregiudizi e renderci meno ignoranti rispetto alla Corea del Nord e a noi stessi. Si tratta de “L’impero del mai. Corea del Nord: realtà, immaginazione e rappresentazioni” di Giuseppina De Nicola e Marco Del Corona.

La Corea del Nord tiene in scacco il mondo con le sue minacce. Se ne sa poco e Kim Jong Il (oggi Kim Jong-un) è tra i leader più misteriosi. Eppure, a sorpresa, questo stato indecifrabile si rivela capace di suggestioni. Dalle riviste di moda e architettura ai fumetti, da James Bond ai videogames, sono sempre più numerose le immagini della Corea del Nord assimilate, trasformate e messe in circolazione nel mondo.

Gli autori, come in un diario di viaggio, esplorano per la prima volta questo universo di ‘rappresentazioni’ e lo confrontano con la sfuggente realtà che appare quando si visita il paese. Indagano l’interazione con la Corea del Nord avvenuta lungo i due assi Nord/Sud, Est/Ovest: come la Corea del Sud percepisce la separazione dai ‘fratelli del Nord’ e la minaccia comunista tra cultura pop e boom economico? Quali sono le elaborazioni prodotte in Occidente sulla Corea del Nord?

È vero, si tratta di uno dei paesi più fraintesi al mondo. Un oggetto di manipolazioni da parte dell’esterno. L’asse Nord/Sud è ‘gestita’ da Giuseppina De Nicola, e racconta di una Corea del Sud ossessionata da un consumismo sfrenato, un paese dove per cercare di costruire un sentimento nazionalista sono stati inculcati al popolo sentimenti anticomunisti che niente hanno da invidiare alle chiusure del Nord. Così scopriamo come i testi scolastici siano stati usati dai vari governi sudcoreani per sostenere la retorica anticomunista (tra le materie studiate nelle scuole elementari e medie l’Etica ricopre un ruolo determinante per trasmettere agli studenti i valori dell’identità coreana), e come nei libri per bambini il Nord venga descritto come una terra di robot protostalinisti.

La propaganda anticomunista si estende a tutte le materie, in biologia si impara che la democrazia e l’anticomunismo aiutano ad avere un corpo e una mente sani e in matematica bisogna risolvere problemi del tipo: ‘se sette spie comuniste attraversano la zona demilitarizzata e ne uccidiamo cinque, quante ne restano?’ (È del 1965 un libro didattico per le scuole di Seoul dove in un capitolo intitolato “Sconfiggere il comunismo” si vede, attraverso tenere e accattivanti illustrazioni, un fratello nordcoreano che scaccia il minore perché non è iscritto al partito).

La propaganda sudcoreana si è diffusa soprattutto negli anni ’70 e ’80. Nel 1978 viene trasmesso il cartone animato “Il generale Ttori e il terzo tunnel” dove un leader e suo figlio (non è difficile immaginare di chi siano la parodia) sono vestiti di rosso e hanno le sembianze di maiali, mentre i membri del partito sono lupi e i soldati pipistrelli. Poi arrivano la tv, gli sceneggiati e i clip musicali come il musical “Yoduk Story”, uscito in Corea del Sud nella primavera del 2006 dove per la prima volta in uno spettacolo si parla dei campi di prigionia della Corea del Nord (secondo le stime più di 200.000 prigionieri affollano i campi di rieducazione).

La tematica Est/Ovest è curata da Marco Del Corona è descrive come noi vediamo la Corea del Nord, dalla musica sperimentale di Basement Wigger che nel 2005 esce con l’etichetta indipendente canadese Trotch Recording con “A Celebration of the Concept of the People’s Repubblic of North Korea“, dove i rumori, i suoni alla Pyongyang diventano un’invenzione con la suggestione della ridondante enfasi del regime, o “A Cunnilingus in North Korea”, datato 2003 e che si trova sul web, in cui due creativi che si firmano Ychi hanno inventato una sorta di poesia digitale, un testo che appare scorrendo sul video con caratteri in negativo su bande nere; con il suo parossismo ci fa chiedere come realmente venga visto e vissuto l’erotismo nella Corea del Nord. Poi abbiamo Guy Delisle e il suo viaggio a fumetti a Pyongyang nel 2003, e i Giochi di Massa e James Bond 007 che approda in Corea del Nord ne “La morte può attendere” (2002), e i videogame come “Mercenaries” dove un giocatore deve compiere una missione in territorio ostile, guarda caso a nord del 38° parallelo, o “Ghost Recon 2” dove ai nordcoreani viene riservata il ruolo di allieni invasori. Si gioca con l’immagine di repubblica popolare supercattivona, del resto la mitologia dello Stato è tutta guerresca e la retorica del regime è quella di una nazione assediata, l’esercito è uno dei più numerosi al mondo, e adesso abbiamo anche il paffuto Kim Jong-un con il suo ciuffo da Elvis Presley all’ultimo stadio a ricordarcelo.

Interessante nel testo anche la parte dedicata all’urbanistica e all’architettura di Pyongyang, una città parco giochi creata per soddisfare le manie di grandezza del leader. Ma la cosa più curiosa del libro è che alla fine quello che troviamo a leggere queste follie asiatiche siamo ‘Noi’. Come scrive Marco Del Corona: ‘La Corea del Nord è nostra, siamo noi, attraverso le nostre fantasie e i nostri incubi. Insomma ‘pretesto per stravaganze glamour, scenografia di pubblicità, palestra per riflessioni urbanistico-architettoniche o cimento per fotografi, la Corea del Nord non si ferma a se stessa’. Ne risulta che la Corea del Nord ‘non fa così paura da non poter essere demistificata. E l’irriducibile eccezionalità nordcoreana, non è così eccezionale da sfuggire alle regole e alle dinamiche delle metafore altrui, al debordante bisogno di appropriazione di quell’immaginario diffuso che, ormai, definiamo globale’.