Politica

Pdl e Pdmenoelle, una “L” che fa la differenza

420.000 euro spesi bene, finalmente. La produttiva giornata parlamentare di ieri ha dimostrato che lo slogan “PdmenoL e PDL: sono tutti uguali” è uno slogan davvero farlocco e ignomignoso.

Così farlocco e ignomignoso che quando gli stessi senatori del MoVimento Cinque Stelle han dovuto scegliere fra la proposta del cosiddetto “PDmenoL” (Grasso) e la proposta PDL (Schifani), hanno percepito la stessa differenza che si sente quando si annusa della cioccolata o della cacca. E hanno reagito di conseguenza: in molti hanno votato per Grasso, andando contro gli ordini di scuderia e i desiderata di Beppe Grillo, che si è subito distinto per democraticità e pluralismo, chiedendo alcune ore dopo le dimissioni dei senatori M5S “colpevoli” di aver distinto la cioccolata dalla cacca.

En passant, la richiesta di Grillo – una roba che giusto ai tempi del PCI di Togliatti – è anticostituzionale secondo il comma 1 dell’articolo 68: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.” Articolo noto per essere uno dei princìpi cardine della moderna filosofia democratica.

Eppure, stando a quanto riporta il blog del king maker Pippo Civati – che negli oltre 1300 commenti del mio precedente post (grazie) avevo suggerito come Presidente della Camera, anche se ammetto che Laura Boldrini è molto più titolata a quella carica istituzionale  – una piccola quota di merito indiretto per l’elezione dei candidati del PD va anche al M5S.

Senza la sua pervicace e sacrosanta campagna per il rinnovamento delle classi dirigenti, gli innovatori che sono stati eletti nel PD non sarebbero mai riusciti a far cambiare linea al partito. Si sarebbe andati al suicidio politico, proponendo nomi come quelli di Franceschini e Finocchiaro. In questo senso trovo che la doppia elezione di Boldrini e Grasso è una vittoria di Bersani, ma soprattutto degli italiani nati negli anni Settanta, presenti in modo massiccio fra i deputati del M5S (età media: 33 anni; sottolineo in particolare la bellissima dichiarazione del cittadino Alessandro Di Battista) e in buona quota nel PD. Gli eletti sotto i 40 anni sembrano essere dotati di antenne sociali migliori dei loro colleghi più anziani, forse perché conoscono la difficilissima realtà italiana anche da un punto di vista generazionale.

Sarà comunque molto difficile che questo episodio di ieri si traduca in un appoggio del M5S, o di parti di esso, a un governo a guida PD. Se però i senatori del M5S rispetteranno il volere della maggioranza e la Costituzione, avranno l’occasione di risultare determinanti nel tenere in vita un governo che dovrà de-berlusconizzare l’Italia e fare le riforme elencate anche dal programma M5S.

Nel frattempo, noto che anche Wikipedia ha corretto la notizia falsa del M5S primo partito alla Camera, nonostante perfino giovani deputati come Matteo Orfini, del PD, vadano in tv a ripetere la bugia, evidentemente ormai introiettata. Come direbbe Beppe Grillo, per fortuna c’è la rete, tutto rimane scritto e ciascuno può controllare da sé.