Politica

Elezioni, Monti tentato non si sbilancia: “E in lista solo chi ha votato la fiducia”

Il presidente del Consiglio mantiene la cautela e parlerà solo dopo lo scioglimento delle Camere, ma gli appelli a entrare in politica non gli dispiacciono. Ma i "filo-montiani" sono sempre più convinti che il passo avanti ci sarà. E c'è chi dice che abbia rifiutato il Quirinale

I filomontiani interpretano l’arrivo di Mario Monti al Ppe come una sorta di discesa in campo del Professore, ma il presidente del Consiglio non si sbilancia, mantiene la cautela, non scopre le carte, parlerà – fanno sapere fonti a lui vicine – solo dopo lo scioglimento delle Camere. Monti avrebbe rassicurato anche alcuni esponenti dell’esecutivo: è e resterà un moderato ma non sarà di parte, nessuna affiliazione ad una famiglia politica. Chiaro però che i continui appelli affinché si candidi non gli dispiacciono affatto. Soprattutto perché, a suo dire, sono un riconoscimento del suo operato e la conferma della necessità che l’azione delle riforme deve essere portata avanti. Paga la linea della responsabilità, è il “refrain” nel governo.

Per ora dunque il premier si sottrae alle pressioni provenienti sia dal Ppe che dagli altri leader europei. Sarà lui direttamente a scegliere sia i tempi che la strada da intraprendere. Permangono i dubbi, non c’è ancora un determinazione ben precisa, riferiscono le stesse fonti. Il capo del governo sta ragionando se e quale “offerta” presentare ai cittadini, quale programma costruire, pensa ai contenuti e non a “paletti” da indicare sul suo percorso. Solo dopo comunicherà la sua scelta, “la condizione poi sarà’ che solo chi ci sta e sposa il programma sarà della partita”, riferisce un membro dell’esecutivo.

Una cosa è chiara, fanno presente fonti a lui vicine: se ci sarà una lista (si sta valutando l’eventualità di presentarne una unica) verrà “stilata” solo con chi ha votato la fiducia del governo, chi ha appoggiato l’agenda Monti. Quell’agenda che ha avuto oggi il consenso dei leader europei, da Merkel a Hollande, da Martens a Juncker. Proprio quest’ultimo oggi è stato, durante la riunione del congresso a porte chiuse, il più duro contro Silvio Berlusconi. Mentre Monti era seduto al fianco dei capi di stato e di governo, il Cavaliere – riferisce chi ha partecipato all’incontro – era nelle retrovie. L’ex premier in più interventi ha sostenuto che una parte dei cittadini non condividono alcuni provvedimenti, ma in ogni caso ha voluto di nuovo ribadire l’offerta al Professore a candidarsi. Una richiesta respinta, visto che Monti ha fatto chiaramente riferimento alle dichiarazioni di Alfano che hanno portato alle dimissioni del presidente del Consiglio.

Mario Monti, quindi, non scioglie la riserva. I filomontiani però sono sempre più convinti che il passo avanti ci sarà. C’è chi accredita la tesi che il premier avrebbe anche rifiutato, in un recente incontro con Pierluigi Bersani, l’offerta di svolgere il ruolo di prossimo presidente della Repubblica. Indiscrezioni che per ora non trovano riscontro. Così come non è ancora sicuro il percorso che sceglierà il presidente del Consiglio. Monti per il momento incassa la ‘comprensione’ dell’Europa sulla situazione italiana, diversi leader – viene raccontato – si sono espressi durante il congresso del Ppe sulla necessità di aiutare ancora il nostro Paese, a patto che non apra di nuovo la strada al populismo e all’anti-europeismo. E’ l’appello lanciato anche dall’ex rettore della Bocconi, in continuo contatto con i cosiddetti “montiani” (uno dei registi dell’operazione Ppe è il capogruppo degli europarlamentari del Pdl, Mario Mauro) e che naturalmente vede di buon auspicio che una parte del partito di via dell’Umiltà possa sfilarsi dalla linea “dura” voluta da Silvio Berlusconi. Però i rappresentanti del Nuovo centro non sono d’accordo sulla possibilità di far salire sul carro anche chi non ha appoggiato pienamente l’azione del Professore.

Perciò oggi in una riunione Montezemolo, Casini, Olivero e Riccardi, hanno suggerito l’alt e chiederanno al Professore quali siano le sue intenzioni in merito. Auspicherebbero una risposta dal premier entro 48 ore. Il Professore però ancora tentenna, sta studiando i sondaggi, esaminando i meccanismi della legge elettorale, pesando le valutazioni del Colle e perfino di Bersani. La tentazione è quella di scendere in campo, il progetto è pronto, ma mancano ancora gli ultimi tasselli affinché il premier metta il “cappello” su tutta l’operazione.