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Copa del Rey, si sfidano catalani e baschi Paura per tensioni fuori dallo stadio

A Madrid la finale tra Barcellona e Athletic Bilbao, squadre che rappresentano in campo il sentimento indipendentista di Catalunya e Euskal Herria. Sullo sfondo la polemica per l'esagerato spiegamento di forze dell'ordine e per la presenza in contemporanea di una manifestazione dell’estrema destra fascista

Stasera la finale di Copa del Rey trascenderà, una volta di più, la semplice dimensione calcistica. La coppa di Spagna non sarà solo l’ultimo atto della stagione calcistica spagnola, e nemmeno la partita di addio di Guardiola dopo 4 anni e 13 trofei sulla panchina blaugrana e probabilmente anche del “loco” Bielsa sulla panchina rojiblancas. Stasera Barcellona e Athletic Bilbao, squadre che rappresentano sul rettangolo verde il sentimento indipendentista di due regioni come la Catalunya e Euskal Herria, sfideranno unite il cuore della nazione. E lo faranno nella capitale, a Madrid, in mezzo alle polemiche, a uno spiegamento di polizia di solito riservato ai grandi eventi a rischio, e in contemporanea con una manifestazione dell’estrema destra fascista la cui autorizzazione non poteva essere mena opportuna.

Nata all’inizio del secolo come Copa de España, la coppa nazionale nel 1938 assunse il nome di Copa del Generalísimo, in onore del sanguinario dittatore Francisco Franco, prima di assumere la denominazione attuale solo alla morte del Caudillo. Fu proprio negli anni della dittatura che la coppa assunse una dimensione politica che esondava il calcio: con la finale a Madrid era l’occasione per la gente della Catalunya e dei Paesi Baschi, le regioni più colpite dalla feroce repressione franchista, di scendere nella Capitale e, con il pretesto del calcio, sventolare le bandiere dell’indipendentismo. Non è un caso che l’albo d’oro della manifestazione nelle prime due posizioni veda proprio le rappresentanti delle due regioni autonome: il Barça con 25 e l’Athletic con 23 (anche se a Bilbao ne reclamano 24). Il Real Madrid ne ha ‘solo’ 18, a dimostrazione di quanto l’evento sia più sentito a Barcellona e a Bilbao che non nella capitale.

Il valore politico della coppa non è mai scemato da allora. Solo tre anni fa le due squadre si incontrarono in finale a Valencia e la partita sollevò un mare di polemiche. Tutto lo stadio Mestalla fu unito nel fischiare l’inno nazionale spagnolo e a contestare il re Juan Carlos, cui la coppa è dedicata. E a fine partita i giocatori del Barcellona, che vinse 4-1, festeggiarono in campo con l’ Ikurriña, il vessillo simbolo dei Paesi Baschi, in omaggio agli avversari. Ma non è finita qui: un solerte dipendente della televisione pubblica Tve, che trasmetteva l’evento in diretta, pensò bene di staccare durante i fischi all’inno nazionale e al re, solo per riproporre durante l’intervallo l’inquadratura stretta di pochi spettatori che cantavano patrioticamente con la mano sul cuore. Un atto di censura politica che attirò le critiche dell’intero paese e provocò il licenziamento del direttore della redazione sportiva di Tve.

Quest’anno le polemiche sono iniziate ancor prima del fischio d’inizio. Grazie alle improvvide dichiarazioni della governatrice di Madrid, Esperanza Aguirre, esponente della corrente di estrema destra del Partito Popolare che da novembre governa in spagna con Rajoy. La Aguirre ha prima proposto di giocare il match a porte chiuse e poi di sospendere la partita nel caso l’inno nazionale sia fischiato, innescando tutta una serie di repliche stizzite cha hanno alzato il livello dello scontro. Oltretutto il Real Madrid, con la scusa di lavori di ristrutturazione, ha negato il campo del Santiago Bernabeu e quindi la partita si giocherà allo stadio Calderon, casa dell’Atletico Madrid e, soprattutto, con una capienza di circa 30mila posti in meno dello stadio del Real.

A causa di ciò, un terzo dei circa 100mila tifosi baschi e catalani scesi nella Capitale per assistere all’incontro non riuscirà ad entrare allo stadio e rimarranno a tifare nelle strade di Madrid. E qui si aggiunge l’ennesimo colpo di scena volto a gettare benzina sul fuoco. La studiata provocazione del Tribunale superiore di giustizia di Madrid che ha rigettato il divieto imposto dalla prefettura nei confronti di una manifestazione fascista a “difesa della bandiera” da tenersi oggi per le strade della capitale spagnola, contemporaneamente invasa, per motivi calcistici e non solo, dagli indipendentisti baschi e catalani. Il governo, non sapendo che pesci pigliare, ha risposto riempiendo la città con un imponente schieramento di 2,300 agenti dell’Unità di intervento della polizia (Uip) in tenuta antisommossa: roba da contrastare un assalto al Palazzo d’Inverno. Intanto stasera si gioca. Troppo. Dentro lo stadio Athletic contro Barça, Bielsa contro Guardiola, Messi contro Llorente. Fuori dallo stadio Euskal Herria e Catalunya, ancora una volta, contro il fascismo.