Cronaca

La cultura è razzista?

La strage di Tolosa, nella quale sono stati trucidati un rabbino e tre alunni di una scuola ebraica, sembra essere l’opera di un pazzo isolato, e quindi sembra rappresentare l’avverarsi di un rischio inevitabile ma tutto sommato limitato. Però anche il pazzo matura il suo convincimento all’interno di problematiche sociali irrisolte: il razzismo, l’antisemitismo, la mancata integrazione multiculturale; e su queste è bene interrogarsi.

Io credo che il razzismo e le conseguenti difficoltà del multiculturalismo abbiano un nocciolo duro, di difficile soluzione: tutte le culture, inclusa la nostra, sono in fondo razziste e discriminatorie. Se intendiamo per cultura l’insieme delle tradizioni, idee e valori di un popolo, è inevitabile riconoscere che tutte le culture, inclusa la nostra, sono tradizionalmente razziste, sessiste e classiste non per caso ma programmaticamente, per necessità e per intenzione. Se ne è accorta, ingenuamente, l’associazione Gherush92 che ha recentemente dichiarato razzista e sessista la Divina Commedia perchè contiene brani discriminatori; ed è ovvio perché è il prodotto, artisticamente sublime, di una cultura che era effettivamente discriminatoria. E’ facilissimo trovare altri esempi di discriminazione nella Bibbia (è piena), nel Vangelo (ad es. in Marco 7, 24-30), nelle caste Indù, etc.

Ogni cultura deve assolvere anche la funzione sociale e morale di indicare ciò che la società considera bene o male e deve stigmatizzare il crimine e approvare il comportamento virtuoso: deve discriminare. Una cultura non razzista discrimina sulla base di comportamenti messi in atto dal singolo, mentre una cultura razzista discrimina su una base etnica, reale o presunta; ma tutte le culture discriminano in accordo con i propri valori. Tutte le culture discriminano i criminali e questo è necessario, ma poi alcune considerano un crimine l’omosessualità; molte culture e molte religioni discriminano le donne, etc.

Finché una cultura rimane isolata e circoscritta ad un gruppo umano limitato e omogeneo gli aspetti odiosi e discriminatori passano inosservati: in alcune culture la circoncisione femminile o la lapidazione dell’adultera “vanno bene” alla maggioranza (è difficile credere che vadano bene anche alle adultere colte sul fatto). Quando, per effetto delle migrazioni, due o più gruppi portatori di culture diverse si mescolano, ciascun gruppo considera raccapriccianti almeno alcune usanze degli altri. Molti di noi, ad esempio, considerano accettabile la circoncisione maschile e inaccettabile quella femminile, a prescindere dal fatto che in alcune culture è mutilante ed in altre invece no. Per poter fare una vera integrazione multiculturale dovremmo essere in grado di formulare ed accettare un codice etico comune che protegga l’individuo, anche a costo di vietare alcune pratiche culturalmente approvate: dovremmo cioè avere una regola per decidere quali aspetti di ciascuna cultura siano accettabili e quali no.

Non solo non abbiamo questo codice etico supremo, ma, se lo avessimo, non mancherebbe di sembrare razzista e discriminatorio a chi si trovasse ad essere impedito di mettere in atto pratiche che considera parte di tradizioni accettate: se una società vietasse la circoncisione dei bambini di qualunque sesso sarebbe certamente accusata di razzismo dalle persone di religione ebraica e da molte persone di religione islamica.

Essere razzisti è facilissimo: appartiene alla cultura di ciascuno; essere antirazzisti è difficile: richiede di inventare una soluzione filosofica che nessuno ha ancora trovato.