Cronaca

Milano, dopo affittopoli ecco appaltopoli <br/> Aperta un’inchiesta sui lavori al Trivulzio

Il 14 lulgio scorso un esposto è arrivato sul tavolo del pm Maurizio Romanelli. Si denuncia la gestione di alcuni maxi-lavori deliberati durante l'ex amministrazione Trabucchi. Nel mirino anche il reparto dedicato alla mamma di Berlusconi

Dopo affittopoli, arriva appaltopoli. Al centro il Pio Albergo Trivulzio. In mezzo un commissariamento (dal 25 febbraio scorso) e la nomina (due giorni fa) del nuovo cda. Indaga la procura di Milano. E lo fa da qualche settimana. Vale a dire da quando, il 14 luglio scorso, un esposto è arrivato sul tavolo del sostituto procuratore Maurizio Romanelli. Sei pagine fitte di nomi, dati, numeri e molte commesse come quella per la ristrutturazione dell’ex sezione Santa Caterina, intitolata a mamma Rosa, la madre del Cavaliere. Rosa Berlusconi muore il 3 febbraio 2008. Poco meno di un anno dopo, nel gennaio 2009, il nuovo reparto viene inaugurato. Al taglio del nastro c’è anche il presidente del Consiglio che dona all’istituto un assegno da 500mila euro. “Perché – dice – un paese civile deve investire nei suoi anziani”.

Su quell’appalto oggi si accendono i riflettori della procura. Il fascicolo attualmente è a carico d’ignoti. L’intero esposto, definito “molto interessante” dalla polizia giudiziaria, punta il dito contro l’ex cda del Pat guidato, dal 2004 fino alla primavera scorsa, da Emilio Trabucchi, professione chirurgo e ottimi rapporti con l’allora sindaco Letizia Moratti.

Così, per capire il senso che darà corpo e sostanza all’inchiesta, basta scorrere l’incipit della denuncia firmata dall’Unione Sindacale Italiana Sanità (Usi-s). Si legge: “Con la nomina del professor Emilio Trabucchi come presidente, il Trivulzio ha avuto un incremento di appalti in edilizia con una spesa di circa sessanta milioni di euro”. Una bella torta che ingolosisce molti. E alla quale fa da contraltare “un’assoluta mancanza di trasparenza” chiosa l’attuale presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo, che per anni si è occupato proprio di fare chiarezza su alcuni appalti e su una “inspiegabile” gestione dei quadri dirigenziali. “Soprattutto – si legge nell’esposto – nella figura del direttore Generale”. Tanto che in sei anni di gestione Trabucchi “abbiamo visto avvicendarsi Roberto Midolo, Franco Navone, Piercarlo Marchetti, Guido Fontana e Fabio Nitti”.

Insomma, nonostante l’assenza di persone indagate, la partita si annuncia interessante. Sul tavolo, infatti, vengono squadernati diversi elementi. Ci sono gli appalti e singolari affidamenti diretti. Pagamenti un po’ troppo rapidi. E l’ombra inquietante della ‘ndrangheta che in questo caso impasta un cocktail a base di criminalità organizzata, politica e sanità.

Partiamo, allora, da mamma Rosa. “I lavori vengono eseguiti dal giugno 2007 al settembre 2008 con metodologia di richiesta di acquisto materiali e di lavori a più imprese”. Questo si legge in una nota dell’ex commissario Emilio Triaca. Un dato ritenuto decisivo. Tanto che nell’esposto si legge: “Abbiamo capito perché tanto silenzio sui lavori di questo reparto: la ristrutturazione è avvenuta attraverso affidamenti diretti a diverse ditte”. Inoltre, tra le imprese che lavorano all’ex Santa Caterina ne spunta una (ad oggi non coinvolta né indagata nell’indagine). Il nome di per sé dice poco. Ma l’Usi-s, seguendone la vicenda lavorativa incappa in almeno tre episodi che vengono riportati nella denuncia depositata in procura. Spuntano così 266mila euro incassati con lavori ottenuti sempre attraverso affidamenti diretti. “Singolare – ci confida una fonte interna al Pat – visto che qui tutti i lavori per la ristrutturazione dei reparti vengono dati attraverso appalti pubblici”. Di più: nel giugno 2009 l’impresa partecipa a un appalto nella Bergamasca, ma “viene esclusa disponendo di un Durc (documento unico di regolarità contributiva) non conforme alle disposizioni del disciplinare tecnico”. Nel dicembre 2009, dopo aver lavorato al reparto di mamma Rosa, si aggiudica l’appalto per ampliare il reparto di “Odontoiatrica Monospecialistica”. Cifra deliberata dal direttore Generale: 314mila euro. E siamo così a 583mila euro di lavori che il Trivulzio affida a questa srl con sede nell’hinterland milanese e che negli anni parteciperà agli appalti più golosi messi a disposizione dall’istituto.

A questo punto, in base all’inciampo del Durc sui lavori di Bergamo, l’allora consigliere comunale Basilio Rizzo fa richiesta di documenti all’amministrazione del Pat. Oggetto: l’ultimo appalto. Ne ottiene l’attestazione Soa per i lavori pubblici, ma un Durc “relativo ai soli lavori di edilizia privata”. Questo viene registrato e questo viene depositato in procura. A corollario un altro episodio che riguarda il pagamento di quasi il 90% dell’ampliamento del reparto Odontoiatrico. Si legge: “Venerdì 21 maggio 2010 alla Sezione economica finanziaria del Trivulzio viene fatto una mandato di pagamento di 216.862 euro”. Nella stessa data il mandato viene firmato dal direttore generale. E subito pagato con valuta dello stesso giorno. “Tutto in una mattina – riferiscono al Pat – , di solito per queste operazioni passano almeno due settimane”.

Capita dell’altro il 18 ottobre 2010, quando un altro mandato di pagamento di 46mila euro sempre a favore della stessa ditta e sempre per il medesimo appalto viene sospeso e subito dopo “pagato non più come bonifico”, ma attraverso la cassa della banca. “Cosa determina questi stratagemmi?”.

Una domanda cui forse risponderanno i magistrati. Nell’attesa resta un fatto: la mancanza di trasparenza della gestione Trabucchi. Lo dice Basilio Rizzo. Lo attesta la cronologia degli eventi che riguardano un maxi appalto da oltre otto milioni di euro messi sul tavolo per ristrutturare l’ex casa Albergo di via Fornari. La gara inizia nel 2008, i lavori sono stati conclusi nell’autunno 2010. A eseguire il tutto la Mucciola spa con sede a Reggio Calabria. L’impresa, che non risulta indagata, è citata nell’ultima inchiesta sulla ‘ndrangheta a Milano. Tanto che uno dei suoi titolari (non indagato) è stato fotografato assieme al presunto boss Paolo Martino.

Al di là di questi intrecci, ciò che inquieta nella vicenda del maxi-appalto è l’atteggiamento dell’ex direttore generale Fabio Nitti. Ecco i fatti: nel novembre 2009 l’Usi-s fa richiesta di documentazione. Nitti risponde che il sindacato non ha diritto di ottenere quelle carte. Ci riprova allora il consigliere comunale Rizzo che ottiene una risposta simile. Tanto che deve intervenire il direttore generale delle partecipate del comune per spiegare a Nitti che il politico ha diritto all’accesso agli atti.

A chiudere il quadro di questo appalto (sul quale indaga anche la Direzione investigativa antimafia) c’è il giallo della firma apposta sotto la determina che darà il via libera ai lavori dell’ex casa Albergo. L’11 giugno 2008 il documento provvisorio viene firmato dall’allora direttore sociale Nitti che sigla al posto del direttore generale che proprio in quei giorni è assente. Rientrerà in servizio solo tre giorni dopo. Si poteva aspettare. Perché tanta fretta? Non solo. Secondo quanto si legge nell’esposto quella firma (riferibile a Nitti) “appariva sconosciuta”. Mistero? Solo in parte, perché successivamente si scoprirà che Nitti, una volta promosso a direttore generale, cambierà modo di firmare.