Politica

B. dall’estero: tra riso e vergogna

Sulla potenza politica e demistificatoria del riso (inteso come ridere), esistono ormai intere biblioteche, a cominciare dagli studi di Aristotele e Aristofane, per arrivare a epoche più recenti coi saggi di Michail Bachtin (Estetica e romanzo; Rabelais e la cultura popolare), Henri Bergson (Il riso), Pirandello (L’umorismo) solo per citare i primi che vengono alla mente.

“Una risata vi seppellirà” era uno degli slogan del Movimento studentesco del 1977, la cui ala creativa affondava esplicitamente nelle teorie dadaiste del comico surreale. Ecco, forse leggendo le ultime intercettazioni riguardanti il “premier a tempo persoSilvio Berlusconi, credo che siamo arrivati proprio al punto più dada e surreale della politica italiana.

L’idea che questo brutto ometto coi tacchi si conquisti le prime pagine dei giornali del globo terracqueo per i suoi affari con un pappone-ruffiano e le sue decine di m.i.g.n.o.t.t.e (perché, cari lettori “escort” secondo me non rende l’idea), sfruttando gli ultimi ritrovati della tecnica e della scienza che gli consentono alla sua età di avere un’erezione è, in sé, qualcosa di poco udito nella storia del mondo. Intendiamoci: Berlusconi non è il primo politico malato di sesso e di potere, non è il primo uomo che considera le donne al pari di mezze calzette colorate (le paghi tanto, le infili poco, qualcuna la mandi a Milan Channel, qualcun’altra la fai ministro della Repubblica), ornamenti da sfoggiare nel fiore della loro età come segno tribale del suo potere personale. Quel che stupisce è che, scoperti gli altarini, Berlusconi non si dimetta, nella convinzione di poter ancora rappresentare tutti gli italiani anche in una situazione così fuori dal mondo.

Ma il punto a mio parere dada e surrealista sta nel momento in cui Berlusconi, scelto di non dimettersi, si diverte a citare (forse inconsapevolmente? non credo) frasi dell’Aldo Moro dalla prigionia delle Brigate Rosse. Aldo Moro, lo statista, nella sua prima lettera dal carcere clandestino scriveva di trovarsi “sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi”; Silvio Berlusconi, il tarantinato-tarantolato, scrive di “essere sottoposto a un regime di piena e incontrollata sorveglianza”. Aggiungete questa cosa che non so come definire (“blasfema” mi pare riduttivo, sui forum di finanza (!) ci si chiede giustamente se non ci sia una patologia mentale galoppante, al di là degli aspetti blasfemi), del fatto che Silvio, l’uomo di Chiesa, il defensor familiae, l’unto del Signore, infilava il crocifisso fra le tette della Minetti (pare lo eccitasse; pare anche che credesse così di benedirle; non male la battuta di Rosanna Bi, mio contatto di Facebook, poi ripresa da Spinoza.it: “Berlusconi voleva il Crocifisso tra le tette della Minetti. Come in tutti i luoghi pubblici.”) e avrete che sì, siamo senza dubbio nel momento più surreale e dadaista della Storia d’Italia. Mi domando se l’Udc, ancora incerta sulle alleanze, riuscirà a contrattare con Berlusconi su questo punto, ottenendo magari che il crocifisso non venga infilato in pertugi ancor meno propri – se possibile – della signorina Minetti.

Eppure, ieri per la prima volta ho provato vergogna leggendo il giornale su questi fatti del Presidente del Consiglio. Pensavo di essere vaccinato: ho 37 anni, sono italiano, pensavo di averne lette e viste di ogni. E invece no: ieri per la prima volta mi sono proprio vergognato che questo sessuomane già giudicato “inetto” dall’Economist possa ancora associare il suo nome con quello del mio Paese. Sarà che vivo all’estero, sarà che sono diventato più sensibile all’idea di decenza. Ma ora che la risata c’è stata, forte e assordante dai quattro angoli del mondo, speriamo di assistere al seppellimento politico definitivo. Perché, credetemi: dall’estero non se ne può proprio più.