Cucina

La necessità di coltivare la vita

Cappelle di porcini trifolate a crudo

I come Indice della pratica possibile di atteggiamenti rivelatori della necessità di coltivare la vita. Questo è per me ciò che è successo nel vostro/nostro scrivere sullo scorso post. E adesso la domanda mi si pone non come trucco retorico ma come conferma affettiva: continuiamo? Scrivendo tutti insieme di quel che mangiamo per davvero, magari scrivendo di atteggiamenti quotidiani ma anche di atteggiamenti particolari: per un festa, un compleanno, a Natale o Capodanno, la domenica. Ma anche, torno a dire, in situazioni comuni. Io, ad esempio, quando sono da solo mangio in maniera ben diversa da quando sono in famiglia o con i miei amici. Parlando liberamente di tutte le situazioni possibili, senza falsi indicatori di falsi modelli alimentari più spesso descritti che realmente praticati. Continuiamo sì, io non ho dubbi, per un po’ sarebbe bellissimo.

Non so voi ma nel “costringermi” alla lettura di tutto ciò che avete scritto, ne esco assolutamente arricchito, seriamente arricchito: per certe particolarità ma anche per la coscienza di certe uniformità, bellissime entrambe. Proviamoci perché senza presunzione forse stiamo facendo, con la debita differenza, ciò che Mario Soldati fece indicandoci la strada tanti anni fa con la telecamere di “Alla ricerca dei cibi genuini”, più conosciuto – se non ricordo male – come “Viaggio nella valle del Po”. Per dare uniformità e per darci una utile regola, avendo parlato dei contorni, parliamo adesso dei secondi. Piatti di carne di pesce e/o di verdure con uova e senza, con quel che vi pare, ma dove e sempre o in alcuni momenti echeggerà nelle nostre cucine con generosa affettività: passami il pane che ho da ripulire il piatto da tutta questa benedetta untuosità.