Cultura

Vaticano miope su Saramago

Ogni volta che chiamavo al telefono della sua casa di Lanzarote, l’isola delle Canarie nella quale si era ritirato in esilio volontario da quasi vent’anni, c’era sempre lei, Pilar Del Río, la sua ultima moglie (oltrechè traduttrice e assistente instancabile) a rispondere affabile e disponibile, ad ascoltare e riferire al grande José Saramago. Che, diciamolo, con la sua fama planetaria di gigante della letteratura – forse il più grande del nostro tempo – si sarebbe potuto permettere pure una qualche forma di snobismo.

Però no, se lo cercavi per sollecitare una reazione di fronte a una qualunque delle innumerevoli ingiustizie di questo mondo, era sempre pronto. Nonostante la malattia, nonostante la fatica degli anni. Le adesioni agli appelli, le sue dichiarazioni taglienti, senza mediazioni, capaci ogni volta di suscitare polemiche infuocate. Schierato dalla parte degli ultimi, inorridito dalla corruzione, dal degrado della politica e della società.

“Se n’è andato un eroe del XXI secolo”, ha detto Pilar, in lacrime, davanti a migliaia di portoghesi che l’hanno accolto con un affetto sconfinato nel suo ultimo viaggio di ritorno a Lisbona. Un uomo giusto. Però, che orrore, marxista fino all’ultimo. E’ possibile che, davanti a una perdita enorme come questa, il Vaticano non sia capace d’altro che utilizzare parole d’infinito disprezzo? E’ davvero una colpa così terribile non essere fedeli agli insegnamenti di Santa Romana Chiesa?