Economia

Dietro il caso Maire-EuroChem uno scontro industriale e geopolitico

La vicenda riguarda la costruzione, congelata, di un grande complesso chimico nell’area di San Pietroburgo, interrotto nel 2022 a seguito delle sanzioni europee contro Mosca

Che cosa è successo ai rapporti industriali euro-russi dopo il 2022? Esiste la possibilità che contenziosi milionari possano sfuggire dal controllo dei regolatori? E come si potrà intervenire per sanare future sbavature? Il caso Maire-EuroChem si colloca nel bel mezzo di queste contrapposizioni e racconta di un caso su cui si vedono moltiplicare le insidie che, di fatto, potrebbero diventare strumenti di pressione, in un momento caratterizzato dalla fortissima tensione internazionale.

Maire S.p.A., brand dell’ingegneria industriale italiana, è giunta allo scontro giudiziario con il gruppo russo-svizzero dei fertilizzanti EuroChem riguardo progetti avviati in Russia prima del 2022. Nello specifico, la controllata russa EuroChem Severo-Zapad 2 ha presentato esposti all’ente regolatore finanziario italiano Consob e alla Commission de Surveillance du Secteur Financier (CSSF) del Lussemburgo, in cui si imputa a Maire una presunta carenza informativa verso il mercato sull’entità dei rischi legali legati alle cause che sono in corso in Russia. Il nodo della questione riguarda la costruzione, congelata, di un grande complesso chimico nell’area di San Pietroburgo, interrotto nel 2022 a seguito delle sanzioni europee contro Mosca per il quale EuroChem ritiene che l’esposizione potenziale supererebbe i quattro miliardi di euro.

Il colosso italiano contesta la richiesta russa. Al momento Mosca chiede 2 miliardi di euro, mentre Maire ha attivato un arbitrato internazionale per danni quantificati in circa 700 milioni di euro, accusando EuroChem di aver risolto illecitamente i contratti nell’agosto 2022. L’azienda italiana sostiene di aver sospeso i lavori in modo legittimo, in ottemperanza alle sanzioni internazionali. Per cui è scontro aperto.

Ma un mese fa il tribunale arbitrale di Mosca ha condannato Tecnimont, controllata di Maire, al pagamento di 171 miliardi di rubli, pari a quasi due miliardi di euro. Il gruppo italiano ha respinto la sentenza, definendola illegittima e priva di effetti al di fuori della Federazione Russa, ribadendo che i contratti prevedono la competenza esclusiva della London Court of International Arbitration.

Lunedì Maire ha reso noto che la controllata Tecnimont ha ottenuto provvedimenti immediatamente esecutivi di sequestro di beni detenuti dal Gruppo EuroChem per un ammontare pari a circa 1,1 miliardi di euro. Una mossa che si fonda sulle autorizzazioni ottenute dal Tribunale Arbitrale ICC con sede a Londra a sequestrare in ogni paese i beni detenuti da EuroChem.

Inoltre, e al di là della questione meramente giudiziaria, si aprono anche scenari sul profilo bancario: EuroChem ha segnalato ad alcune banche italiane che sussistono rischi legati a eventuali pagamenti a favore di Tecnimont. Ma l’aspetto più sensibile della vicenda è la sua dimensione internazionale. Nonostante la posizione ufficiale di Maire, secondo cui le decisioni dei tribunali russi non producono effetti all’estero, EuroChem ha annunciato l’intenzione di chiedere il sequestro degli asset del gruppo nei Paesi che riconoscono le sentenze russe. Tra questi figurano il Kazakistan, l’India e diversi Stati del Medio Oriente e dell’Africa, dove Maire è fortemente presente e dove l’influenza di Mosca rimane significativa.

Un esempio, questo, di come le questioni industriali sull’asse Europa-Russia rappresentano al momento una notevole fetta dei ragionamenti sul futuro complessivo del post-Ucraina, con il prologo di pendenze giudiziarie che potrebbero trascinarsi per anni, senza contare gli investimenti realizzati, le relative conseguenze industriali e occupazionali. In un momento in cui i tavoli diplomatici si stanno moltiplicando (da ultimo il possibile incontro Macron-Putin) sapere di poter contare su una sorta di pax industriale sarebbe, al contempo, una buona base di partenza.