
A far scattare l'allarme sarebbe stata invece una serie di falsi positivi generati anche dall'amplificatore di una famiglia della zona. Richiesta l'archiviazione per il fascicolo aperto a fine marzo
Si pensava a un drone russo, ma era il Gsm di una famiglia. La Procura di Milano ha chiesto al Gip di archiviare l’inchiesta aperta a fine marzo dopo che presunti voli di un drone che si pensava essere di fabbricazione russa erano stati registrati sulla sede dell’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e […]
Si pensava a un drone russo, ma era il Gsm di una famiglia. La Procura di Milano ha chiesto al Gip di archiviare l’inchiesta aperta a fine marzo dopo che presunti voli di un drone che si pensava essere di fabbricazione russa erano stati registrati sulla sede dell’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – in provincia di Varese.
Il drone non era russo e in realtà non era neppure un drone. A sorvolare la divisione elicotteri di Leonardo a Vergiate – a pochi chilometri dall’istituto – non c’era nulla di anomalo. A far scattare l’allarme sarebbe stata invece una serie di falsi positivi, come riportato dal Corriere, ossia interferenze del sistema di sicurezza stesso sovrapposte all’attività di un amplificatore di segnali Gsm di bassa qualità utilizzato da una famiglia nelle vicinanze per migliorare la connessione internet della sua villetta.
L’allarme era scattato perché il software aveva segnalato delle frequenze riconducibili a un drone ZALA 421 dello stesso gruppo. Lo ZALA Aero Group è infatti un’azienda colpita dalle sanzioni europee dopo l’invasione dell’Ucraina. Il software di sicurezza utilizzato che ha riconosciuto le sequenze è un programma della lettone Raw–Tech, interno al sistema di sicurezza fornito dalla società tedesca Dedrone GmbH. Secondo l’azienda baltica l’intercettazione sarebbe partita a causa del mancato riavvio periodico del software, condizione che sarebbe necessaria per ridurre gli errori di analisi.
Chiarito anche un ulteriore elemento grigio nella vicenda. Vicino al centro di ricerca era stata trovata una Cadillac di colore giallo. Risaliti al proprietario, si era scoperto che la macchina apparteneva a un uomo in contatto telefonico con utenze russe. Le indagini successive hanno accertato che i 14 contatti dell’uomo, un imprenditore, erano dei cittadini russi proprietari di ville nelle vicinanze.