
Luigi Salvato definiva il sorteggio del Csm "contrario ai principi democratici": dopo la pensione si è convertito alle posizioni del governo. "Ho studiato e mi sono chiarito le idee"
Il sorteggio dei membri del Consiglio superiore della magistratura è “contrario ai principi essenziali della democrazia”. La riforma Nordio “rafforzerà la figura del pubblico ministero, a scapito delle garanzie offerte attualmente al cittadino”. Più in generale, “le principali criticità addotte per giustificare la separazione delle carriere non verranno affatto risolte dalla sua introduzione. Anzi, si […]
Il sorteggio dei membri del Consiglio superiore della magistratura è “contrario ai principi essenziali della democrazia”. La riforma Nordio “rafforzerà la figura del pubblico ministero, a scapito delle garanzie offerte attualmente al cittadino”. Più in generale, “le principali criticità addotte per giustificare la separazione delle carriere non verranno affatto risolte dalla sua introduzione. Anzi, si rischia di aggravarle”. Pare assurdo, ma a parlare così, meno di un anno fa, era uno dei soci fondatori del neonato comitato per il Sì al referendum promosso dalla maggioranza di governo. Anzi, forse il socio più prestigioso di tutti: Luigi Salvato, magistrato in pensione e fino allo scorso marzo procuratore generale della Corte di Cassazione, cioè il pubblico ministero più alto in grado del Paese. Giovedì l’ex pg è stato avvistato a sorpresa nello studio del notaio Lorenzo Cavalaglio, in via Cola di Rienzo a Roma, dove il comitato “Sì Riforma” si è costituito ufficialmente; il suo nome è stato inserito in cima all’elenco dei soci diffuso ai giornalisti, ed esaltato sulla stampa di destra come punta di diamante della magistratura schierata a favore della riforma. L’entusiasmo di Salvato per la separazione delle carriere, però, a quanto pare è recentissimo, sviluppato tutto dopo il pensionamento: in poche ore dall’annuncio, infatti, nelle chat di giudici e pm ha iniziato a girare una sua intervista concessa al Corriere della sera il 26 gennaio 2025, all’indomani dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, l’ultimo da procuratore generale in carica. Nel colloquio, l’allora vertice dei pm italiani non risparmiava giudizi estremamente critici sulla riforma, al tempo approvata solo in prima lettura: un’incoerenza simile a quella del costituzionalista Nicolò Zanon, diventato presidente del comitato della destra dopo aver criticato in lungo e in largo il disegno di legge nei suoi scritti accademici.
Nell’intervista al Corriere, la posizione di Salvato era chiara fin dalla prima risposta: “Non esistono ragioni valide per andare oltre la totale separazione delle funzioni tra giudici e pm che già esiste”, assicurava al giornalista Giovanni Bianconi. L’alto numero di assoluzioni, argomentava, è “la prova che non c’è alcun atteggiamento di acquiescenza del giudice nei confronti del pm”, come invece sostengono i fautori della riforma: anzi, “se questo divario” tra processi e condanne “esiste già, quando l’accusatore apparterrà a un corpo separato tenderà ad allargarsi”. Infatti, sosteneva l’allora pg, “ci troveremo di fronte a un pm che conserva struttura e status del giudice, ma separato, e quindi più forte”. E a perderci, spiegava, saranno gli accusati: “Oggi il pm ha comunque il dovere di essere imparziale e di cercare prove anche a favore dell’indagato, ma domani si vedrà premiato solo sulla base delle condanne ottenute, e questo comporterà maggiori difficoltà per la difesa”. Liquidata in poche parole anche l’idea che la riforma aiuti ad avere un giudice equidistante dalle parti: “L’equidistanza non si ottiene con la separazione delle carriere, ma realizzando pienamente il principio che la prova si forma in dibattimento”. E persino la “gogna mediatica”, con un pm pià potente, “può aggravarsi anziché risolversi“. Insomma, “i mali che affliggono la giustizia penale sono tanti, ma a nessuno di questi la separazione delle carriere pone rimedio”. Per non parlare del sorteggio, definito senza giri di parole antidemocratico: “Perché allora non sorteggiare anche i consiglieri comunali?”. Ma anche nel suo discorso all’inaugurazione dell’anno giudiziario Salvato sembrava criticare la riforma in discussione, invitando il governo ad astenersi da “indirette rivalse che sgretolino l’indipendenza della giurisdizione”. Una giravolta talmente smaccata, insomma, che non poteva passare inosservata. E infatti il segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati Rocco Maruotti, postando l’intervista sui social, ironizza citando Fiorella Mannoia: “Come si cambia per non morire…”.
Ma l'”evoluzione” del pensiero di Salvato ha creato parecchi malumori anche tra i suoi ex colleghi della Procura generale della Cassazione, dove alcuni pm stanno ragionando su una presa di posizione pubblica. Uno di loro, Ferdinando Lignola, chiarisce al Fatto: “Salvato parla a titolo personale e non dell’ufficio che ha diretto, poiché ci sono persone, come me, che la pensano in maniera diametralmente opposta. Farebbe bene quindi a precisarlo e a non impegnare in alcun modo l’istituzione giudiziaria sulle sue nuove posizioni politiche”. L’ex procuratore, invece, raggiunto al telefono spiega di aver maturato il suo nuovo pensiero con l’approfondimento giuridico: “Grazie alla pensione ho potuto studiare, ho preso carte e libri e mi sono chiarito definitivamente le idee. Poi ho confrontato il testo della Costituzione con quello modificato dalla riforma, e non c’è un punto dove si intacca l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. E il sorteggio “antidemocratico”? “In realtà non lo è, perché il Csm, a differenza di un Consiglio comunale, non è un organo rappresentativo, come ha chiarito in più sentenze la Corte costituzionale”. E il pm iper-potente a scapito delle garanzie? “Mi fido dei miei ex colleghi, non immagino orde di pm che si svegliano e vanno in giro a cercare cose che non stanno né in cielo né in terra”. Ma Salvato afferma anche di non essere stato del tutto sincero nell’intervista di un anno fa a causa del suo ruolo di rappresentanza: “Quando si occupa una carica istituzionale non si può dire tutto ciò che si pensa, ma bisogna mediare con gli “umori” dell’istituzione che si rappresenta. Ed è indubbio che la magistratura sia orientata in gran parte per il no”.