Politica

Il MiC continua a bloccare i pagamenti a imprese inadempienti con l’Agenzia delle Entrate. Ma così ignora una deroga

Decine di imprese e società sull’orlo del default. Alle interrogazioni del senatore Turco e del deputato Amato (M5s) si affianca quella di Tassinari (Forza Italia)

Venerdì 19 dicembre 2025, l’IsICult Istituto italiano per l’Industria Culturale (ente di ricerca indipendente nell’ambito delle politiche culturali, le economie mediali, le dinamiche sociali) ha denunciato il perdurante blocco dei pagamenti da parte del Ministero della Cultura nei confronti delle imprese del settore dello spettacolo e del cinema-audiovisivo, a causa di un improprio ruolo di “esattore” assunto da alcuni mesi dalle due direzioni generali Mic competenti.

In diversi casi, ne sono scaturiti pignoramenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, sulla base di due articoli del Dpr n. 602 del 1973: l’art. 48-bis, che impone alle Pubbliche Amministrazioni, prima di effettuare pagamenti superiori a 5.000 euro, di verificare se il beneficiario è inadempiente verso l’Erario per cartelle esattoriali scadute; se l’inadempienza esiste, la Pa blocca il pagamento e segnala la posizione ad Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), che può avviare il “pignoramento presso terzi”, ex art. 72-bis. Si tratta dello stesso controverso art. 48-bis, che, nella gestazione della Legge Finanziaria per l’anno 2026, verrebbe esteso anche ai pagamenti verso i professionisti, inclusi i commercialisti, che di fatto erano anche loro in qualche modo esentati da questa verifica… I commercialisti sono sul piede di guerra e non è ancora chiaro cosa accadrà in sede di approvazione definitiva della Manovra.

La specifica dinamica Mic/Ader è stata censurata il 18 dicembre anche dalla parlamentare Rosaria Tassinari (Forza Italia) in un’interrogazione rivolta al Ministro della Cultura Alessandro Giuli (Fratelli d’Italia).

Da fine marzo 2025, in effetti tutte le imprese e le associazioni che vantano crediti nei confronti della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e della Direzione Generale Spettacolo (teatro, musica, danza, circo) vengono sottoposte ad una verifica relativa allo status di adempimento o meno nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader). La nuova prassi è in contrasto con quanto previsto dal dicembre 2008 in forza di una deroga decisa dall’allora Ragioniere Generale dello Stato Mario Canzio (Rgs Mef), che ha riconosciuto una specifica “eccezione culturale” per i contributi destinati ai settori dello spettacolo e del cinema-audiovisivo.

Decine e decine di imprese ed associazioni, grandi e piccole, vedono quindi congelati da mesi i propri crediti, e sono in atto pignoramenti a causa di un improprio ruolo del Ministero della Cultura assimilabile a quello di “esattore supplente” per conto dell’Ader.

La questione è stata già sollevata nel giugno 2025 da alcune testate giornalistiche (da Il Sole 24 Ore a un mio intervento sul blog de ilfattoquotidiano.it) e un’interrogazione parlamentare è stata presentata in Senato dapprima il 23 giugno e successivamente il 10 settembre dal senatore Mario Turco (M5s), sostenuto anche dal suo collega di partito alla Camera Gaetano Amato, ma resta ancora senza risposta da parte dei titolari del Mic e Mef.

Pendono di fronte al Tribunale ordinario e al Tribunale Amministrativo Regionale ricorsi da parte di alcuni dei soggetti che vedono congelati i propri crediti, e la Giudice della III Sezione del Tribunale di Roma, Giulia Messina, ha concesso la sospensiva. Di fatto, però ci sono molte imprese ed enti che non riescono ad entrare in possesso dei crediti maturati nei confronti del Ministero della Cultura, inclusi quelli per il “tax credit”. Si tratta di importi che vanno da poche migliaia a milioni di euro, il cui blocco paralizza da mesi attività di produzione e di promozione, con il rischio concreto di default.

Non resta che auspicare che la illegittima prassi degli ultimi mesi venga superata e che le iniziative bipartisan del senatore Turco e della deputata Tassinari ricevano presto una risposta positiva dal Ministro Alessandro Giuli, coerente con l’esigenza di bilanciare l’equità fiscale e la tutela costituzionale della cultura, confermando il prevalente interesse pubblico che caratterizza i settori del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo.

Quel che è sicuro è che la nuova prassi adottata dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (diretta da Giorgio Carlo Brugnoni) e dalla Direzione Generale Spettacolo del Ministero della Cultura (diretta da Antonio Parente), su input della dirigente dell’Ufficio Centrale di Bilancio presso il Mic della Rgs (Piera Marzo), cozza con la decisione assunta nel 2008 dall’allora Ragioniere Generale dello Stato: si tratta di un’iniziativa che va a colpire senza dubbio la parte più debole del settore del cinema e audiovisivo e dello spettacolo, ovvero tutti quei soggetti che, se sono esposti verso l’Erario, soffrono evidentemente di difficoltà sopravvivenziali.

La questione comunque è squisitamente politica (politica culturale), più che tributaria: chi ha voluto cambiare le regole, dopo decenni di rispetto del principio della peculiarità del settore e del preminente interesse pubblico nei confronti della cultura?!