Cronaca

“La mafia turca di Baris Boyun”, altri quattro arrestati per terrorismo su ordine dei pm di Milano

Il boss è detenuto al 41bis e imputato in Assise per "banda armata con finalità di terrorismo per avere compiuto e organizzato numerosi attentati in Turchia e omicidi anche in altri Paesi europei, tra cui anche la Germania"

Proseguono le indagini sulla mafia turca sul boss Baris Boyun, 41 anni, ritenuto un boss della mafia turca, finito già in carcere nel maggio 2024. La Polizia ha eseguito un’altra ordinanza di custodia cautelare a carico di quattro cittadini turchi nell’inchiesta della Dda di Milano, coordinata dalla pm Bruna Albertini, con al centro Boyun. Le […]

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Proseguono le indagini sulla mafia turca sul boss Baris Boyun, 41 anni, ritenuto un boss della mafia turca, finito già in carcere nel maggio 2024. La Polizia ha eseguito un’altra ordinanza di custodia cautelare a carico di quattro cittadini turchi nell’inchiesta della Dda di Milano, coordinata dalla pm Bruna Albertini, con al centro Boyun. Le indagini sono per banda armata con finalità di terrorismo, associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di più reati tra cui detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine, traffico internazionale di armi, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, omicidi, stragi, traffico di droga, riciclaggio, falsificazione di documenti.

Stando alle indagini, Boyun, che era stato arrestato a Viterbo e già a processo a Milano, in precedenza dai domiciliari con braccialetto elettronico in un paesino della Calabria avrebbe coordinato traffici di droga e armi, anche da guerra, sfruttando canali all’estero e conoscenze in Turchia. Avrebbe pianificato omicidi, uno a Berlino, e attentati, come uno fallito ad una fabbrica di alluminio alle porte di Istanbul, ma mai in Italia. Era uno degli uomini più ricercati da Ankara e la Turchia ne ha chiesto l’estradizione, ma i giudici, Cassazione compresa, hanno bocciato le istanze e resta detenuto in Italia. Reati, scrive il procuratore Marcello Viola, “tutti finalizzati a destabilizzare gli assetti dello Stato turco e a creare allarme sociale anche in Europa”. Nell’ambito delle attività del gruppo, si legge ancora, i quattro destinatari della nuova misura sono accusati di traffici di armi e di sostanze stupefacenti e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, “spostandosi continuamente in diverse zone d’Italia e in altri Paesi europei”.

Dei quattro destinatari della nuova misura uno era “già detenuto a seguito di mandato di arresto internazionale”. Degli altri tre indagati due sono stati “tratti in arresto”. L’attività investigativa è la prosecuzione di indagini “svolte dagli investigatori della Sisco di Milano, della Squadra Mobile di Como e dal Servizio Centrale Operativo di Roma”, che avevano portato all’arresto di altri 19 cittadini turchi, tra cui Boyun, “stabilmente presenti e radicati sul territorio nazionale”. Il boss è detenuto al 41bis e imputato in Assise per “banda armata con finalità di terrorismo per avere compiuto e organizzato numerosi attentati in Turchia e omicidi anche in altri Paesi europei, tra cui anche la Germania”.

Le successive indagini, con “l’analisi delle risultanze delle attività tecniche, continui servizi di pedinamento e controllo” e “contributi provenienti dagli scambi informativi con altri Paesi”, hanno consentito di “delineare le figure degli altri quattro soggetti” che, per l’accusa, “farebbero parte del medesimo gruppo criminale di matrice turca“. L’esecuzione dei provvedimenti cautelari ha coinvolto “circa cinquanta poliziotti del Servizio Centrale Operativo di Roma, della Sezione Investigativa Sco di Milano, della Squadra Mobile di Como con il supporto delle Squadre Mobili delle Questure di Viterbo e Pistoia e dei Reparti Prevenzione Crimine ‘Lazio’ e ‘Toscana’, nonché infine delle Unità Operative di Primo Intervento”.

In corso anche perquisizioni “delle abitazioni e degli altri luoghi a disposizione degli indagati sul territorio nazionale”. In una sentenza, con rito abbreviato, a carico di imputati già condannati, il giudice Domenico Santoro aveva parlato di un gruppo mafioso “pericolosissimo”, con a disposizione un “elevatissimo numero di armi”, che può “attrarre sodali in Italia mediante la violazione delle normative sull’immigrazione” e “ricco di collegamenti sia con cellule presenti” in Italia e “non del tutto disarticolate”, sia con altre in Europa.