
Dal suo viaggio in Turchia e Libano, Leone XIV afferma che Erdoğan "potrebbe giocare un ruolo importante" nella risoluzione dei conflitti in Europa e Medio Oriente
Il piano di Donald Trump per l’Ucraina è una “proposta concreta per la pace“, mentre per la guerra in Palestina l'”unica soluzione” è quella dei due Stati, che però Israele “non accetta“. Sul volo che lo ha portato da Istanbul a Beirut nell’ambito del viaggio in Turchia e Libano, Papa Leone XIV ha detto parole chiare su “tutte e due le situazioni” di conflitto, di cui ha parlato con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. “La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente appoggia la soluzione dei due Stati. Sappiamo tutti che in questo momento Israele ancora non accetta questa soluzione, ma la vediamo come unica soluzione”, ha detto Prevost. “Noi siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di essere una voce mediatrice che possa aiutare ad avvicinarci a una soluzione giusta per tutti”, ha aggiunto. Il pontefice sottolinea che Erdoğan “è certamente d’accordo” sull’ipotesi dei due Stati e “la Turchia potrebbe giocare un ruolo importante” nell’individuare una via d’uscita.
Leone ha anche elogiato la Turchia e il suo autocrate per aver favorito, “qualche mese fa”, i nuovi colloqui di Istanbul tra Ucraina e Russia: “Il presidente Erdoğan ha aiutato molto a convocare le due parti. Ancora non abbiamo visto purtroppo una soluzione, però ci sono oggi di nuovo proposte concrete per la pace”, ha aggiunto, in riferimento al piano di Trump. “Speriamo che Erdoğan, con i suoi rapporti con i presidenti di Russia, Ucraina e di Stati Uniti possa aiutare a promuovere il dialogo, il cessate il fuoco e risolvere questo conflitto, questa guerra in Ucraina”.
L’aereo del pontefice è atterrato all’aeroporto di Beirut scortato da due caccia: al palazzo presidenziale, nel suo discorso alle autorità libanesi in rapporti tesi con i vicini israeliani, Prevost ha detto che la pace è “molto più di un equilibrio, sempre precario, tra chi vive separato sotto lo stesso tetto”, ma è “saper abitare insieme, in comunione, da persone riconciliate. Voi avete molto sofferto le conseguenze di un’economia che uccide, dell’instabilità globale che, anche nel Levante, ha ripercussioni devastanti, della radicalizzazione delle identità e dei conflitti, ma sempre avete voluto e saputo ricominciare”, ha detto.
“Non c’è riconciliazione duratura”, ha poi avvertito, “senza un traguardo comune, senza un’apertura verso un futuro, nel quale il bene prevalga sul male subito o inflitto nel passato o nel presente. Una cultura della riconciliazione, perciò, non nasce solo dal basso, dalla disponibilità e dal coraggio di alcuni, ma ha bisogno di autorità e istituzioni che riconoscano il bene comune superiore a quello di parte. Il bene comune è più della somma di tanti interessi: avvicina il più possibile gli obiettivi di ciascuno e li muove in una direzione in cui tutti avranno di più che andando avanti da soli”.