
Critica alle dichiarazioni di Crosetto riguardo alla possibile reintroduzione della leva e sul ruolo del complesso militare-industriale
L’impiegato di alto livello, ma pur sempre un impiegato, del complesso militare-industriale, che risponde al nome di Guido Crosetto, ha gettato la maschera. A suo dire anche l’Italia dovrà dotarsi nel prossimo futuro di una legge sulla leva, forse in un primo tempo solo “volontaria”, ma la linea di tendenza è chiara. Tutte le risorse, economiche, propagandistiche e umane, sono mobilitate per la guerra che si prepara.
In tal modo questo personaggio, uno dei tanti che si sono arricchiti a dismisura coi soldi degli industriali della morte, si accoda al capo di stato maggiore francese generale Fabien Mandion, secondo il quale dobbiamo prepararci a perdere i nostri figli in guerra.
Personalmente non ne ho la minima voglia, né ritengo la abbiano la stragrande maggioranza dei cittadini e delle cittadine italiane. Il nostro problema, come sempre, è il fallimento della democrazia e il pessimo ceto politico che ne risulta. E non ci vengano a parlare di campo largo o simili. La vera spaccatura, alquanto trasversale, è oggi sul tema della guerra, del riarmo e del genocidio del popolo palestinese.
Si pensi a un altro personaggio emblematico della decadenza che stiamo vivendo risponde al nome di Paolo Gentiloni. Cinquant’anni fa più o meno era il leaderino di simpatie staliniste del Movimento studentesco del Tasso, liceo classico d’élite dove lo conobbi. Poi divenne per un periodo direttore di una rivistina pacifista che si chiamava Paceeguerra o qualcosa del genere. In seguito, giunto all’età dell’impiego, si buttó in politica col Partito democratico ed evidentemente decise, come dargli torto, che con la pace non si mette insieme il pranzo con la cena e divenne un guerrafondaio. Pare che dal suo punto di vista i fatti gli abbiano dato ragione, dato che ora parrebbe essere diventato il politico più pagato del mondo.
Impossibile non vedere la mano del complesso militare-industriale negli orientamenti del ceto politico “che conta”. La finanza occidentale e i settori high-tech si sono riconvertiti in modo deciso alla guerra, perché l’industria degli armamenti consente profitti tendenzialmente illimitati e perché allestire apparati bellici, puntando sulla forza in assenza del consenso, risponde alla crisi di egemonia e credibilità dell’Occidente su scala mondiale. Il rapporto diretto tra “mercati” e guerra è sotto gli occhi di tutti.
In Ucraina basta un incontro tra Putin e Trump per far crollare le quotazioni azionarie delle industrie degli armamenti e von der Leyen & C. si affannano ad allontanare la prospettiva della pace. A Gaza, come anche in Libano, è stato messo a punto, sulla pelle del popolo e dei bambini palestinesi, un gigantesco e disumano poligono di sperimentazione degli armamenti tecnologicamente più avanzati, concepiti con l’esplicita intenzione di massacrare i civili. Anche qui è evidente la complicità del governo italiano che abbiamo denunciato alla Corte penale internazionale.
Alle porte del Venezuela si sta schierando una potente flotta da guerra il cui scopo è mettere le mani, delle multinazionali petrolifere o di altro genere, sulle ingenti risorse del Paese, rovesciando il governo legittimo Nicolas Maduro che, nonostante i soliti giornalisti che si disinformano a vicenda sui media mainstream, gode di un consenso crescente e si basa su di una democrazia partecipativa che, al contrario della nostra, funziona bene (sono pronto a testimoniarlo in ogni sede, dato che mi sono recato per sette volte in Venezuela nell’ultimo anno).
In questo momento sto sfilando in corteo, nel giorno dello sciopero generale convocato dai sindacati di base, appunto contro genocidio, guerra e riarmo. Ma la mobilitazione è ancora insufficiente. Occorre mettere in campo le migliori energie e le migliori tradizioni del popolo italiano per sconfiggere chi, come Crosetto, vuole oggi reintrodurre la leva per trasformare le giovani generazioni in carne da cannone. Si facciano sentire anche coloro, e non sono pochi, che nutrono sentimenti pacifisti e democratici nelle Forze dell’Ordine e nelle Forze Armate.
Abbiamo già dato. I nostri nonni e bisnonni combatterono la prima guerra mondiale. I nostri padri e nonni combatterono la seconda finendola da partigiani in armi insorti contro il nazifascismo. Dobbiamo oggi mobilitarci contro la terza guerra mondiale, prima che sia troppo tardi, anche perché, data la potenza distruttiva acquisita dagli armamenti, sarebbe quella definitiva.
L’inverno sarà relativamente lungo, ma si preannuncia la primavera, nella quale occorrerà coniugare vari scioperi generali e il no al referendum per sconfiggere il progetto autoritario che si nutre della prospettiva della guerra. Il ripudio della guerra, scritto a chiare lettere nell’art. 11 della Costituzione repubblicana nata dal sangue dei partigiani, deve oggi tradursi nel ripudio dei politici che preparano la guerra, si chiamino essi Crosetto, Gentiloni o in altri modi.