
La modalità di esame introdotta è peggiorativa e gli studenti che supereranno la prova avranno una preparazione inferiore a quella richiesta in precedenza
Si avvicina la conclusione del cosiddetto semestre aperto, la nuova modalità di accesso ai corsi di Laurea a numero programmato in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Medicina Veterinaria, introdotta con una riforma fortemente voluta dal governo in carica. La riforma, contrariamente alla propaganda del Ministro Bernini, non abolisce il numero programmato ma consente a tutti coloro che lo desiderano di frequentare le lezioni di un primo semestre (che in realtà dura soltanto due mesi) comune ai tre corsi di Laurea e sposta il momento della selezione agli esami delle tre materie (Fisica, Chimica e Biologia) svolte nel semestre. Saranno ammessi a proseguire nel corso di studio scelto soltanto i migliori tra i candidati che avranno superato tutti e tre gli esami, mentre chi avrà superato i tre esami con voti più bassi sarà escluso dalla graduatoria ma potrà iscriversi a corsi di Laurea “affini” nei quali gli esami gli saranno riconosciuti.
Ho già sottolineato in un post precedente che l’uso degli esami come prove concorsuali comporta distorsioni molto gravi nella logica, anche giuridica, sia dei concorsi che della valutazione didattica. In questo intervento voglio considerare invece la catastrofe culturale causata da questa sciagurata riforma. Per rendere utilizzabili gli esami come prove concorsuali, il Ministero ha previsto che le prove si svolgeranno esclusivamente in forma scritta e per ciascuna materia saranno previsti 15 quiz con risposte chiuse (“a crocette”) e 16 domande “a completamento” (frasi che il candidato dovrà completare aggiungendo una parola mancante). La modalità della prova di esame non è neutra ai fini dello studio da parte dello studente: lo studente si prepara nel modo che ritiene idoneo al superamento della prova.
Le prove previste dal Ministero non permettono di inserire domande che richiedano formule chimiche (o almeno formule di struttura; tutt’al più, forse, formule brute); che prevedano lo svolgimento di calcoli (e l’uso della calcolatrice è esplicitamente vietato); che consentano una elaborazione concettuale. Pertanto, nessuno studente si preoccuperà di imparare a scrivere una formula chimica, a risolvere un problema che richieda dei calcoli, ad esporre un ragionamento. Uno dei pochi pregi della didattica italiana, a tutti i livelli, sta o stava nel fatto che il formato degli esami è – o era – libero e richiede, o richiedeva, allo studente una attività di ragionamento creativo: trovare una soluzione, anziché conoscere una risposta.
La modalità di esame introdotta con la riforma allo scopo di rendere le prove compatibili con la normativa sui concorsi è chiaramente peggiorativa e gli studenti che supereranno la prova avranno una preparazione inferiore a quella che era richiesta in precedenza. Questo problema non sarà limitato ai soli corsi di Laurea per i quali è previsto il semestre filtro, ma si estenderà anche ai corsi affini, nei quali sarà anzi ancora più grave per due ragioni: in primo luogo accederanno ai corsi affini gli studenti che avranno ricevuto i voti più bassi; in secondo luogo questi studenti avranno svolto un programma i cui contenuti culturali sono stati pensati per il curriculum medico, e non coincidono con quelli di altri curriculum: la legge richiede infatti di convalidare l’esame superato ma non tiene in alcun conto l’inevitabile differenza tra i programmi di corsi nominalmente analoghi, ma progettati con finalità didattiche e culturali diverse.