Giustizia

‘Una talpa avvertì Cuffaro dell’inchiesta’: tenente colonnello dei carabinieri indagato per violazione di segreto

I pm di Palermo indagano anche su Stefano Palminteri, ufficiale a capo dell’Ufficio Ordinamento Addestramento Informazioni Operazioni della Legione Sicilia

C’è anche un carabiniere sotto inchiesta nell’indagine su Salvatore Cuffaro. Si chiama Stefano Palminteri, tenente colonnello a capo dell’Ufficio Ordinamento Addestramento Informazioni Operazioni della Legione Sicilia. I magistrati della procura di Palermo lo indagano per violazione di segreto: è accusato di aver rivelato a Cuffaro e a Carmelo Pace, deputato regionale e braccio destro dell’ex governatore, l’esistenza di indagini che avrebbero potuto riguardarli.

Vent’anni dopo l’inchiesta che lo ha poi portato alla condanna per favoreggiamento alla mafia, dunque, l’ex presidente può contare ancora una volta su esponenti delle forze dell’ordine pronti a tradire la divisa pur di tutelarlo. Almeno secondo quello che emerge dall’inchiesta coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia: per Cuffaro, Pace e altri 16 indagati sono stati richiesti gli arresti domiciliari. Gli interrogatori preventivi davanti alla gip Carmen Salustro sono fissati per la prossima settimana. Cuffaro e gli altri sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti.

L’inchiesta ricostruisce quello che viene definito come “un comitato d’affari occulto” capace “di infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Sicilia e catalizzare il consenso elettorale del maggior numero di cittadini”. Una quadro che sembra ricordare la prima vita di Cuffaro, quella conclusa con il carcere. All’epoca, l’allora potentissimo governatore, era finito coinvolto nell’inchiesta sulle “talpe alla Dda”, cioè i marescialli Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, poi condannati per rivelazione di segreto. La stessa contestazione avanzata oggi dai pm nei confronti di Palminteri. “Seppur non afferenti ad alcun settore della pubblica amministrazione regionale, analoghe ragioni conducono questo Ufficio a indicare, tra i capi di incolpazione, altre rivelazioni di segreto di ufficio emerse dalle intercettazioni condotte sulle utenze degli indagati e, in particolare, del Cuffaro, allertato, in più occasioni, di essere oggetto di indagine”, scrivono i sostituti Giulia Falchi e Andrea Zoppi nella richiesta di custodia cautelare, inoltrata al gip di Palermo.

In pratica Cuffaro era stato allertato da un amico, un avvocato penalista, sul fatto che un colonnello voleva “renderlo edotto di argomenti delicati”. “Ha visto qualcosa.. perché?”, chiedeva l’ex governatore il 15 marzo del 2024. Il legale rispondeva che, per chiedere un incontro immediato, si trattava evidentemente di qualcosa d’importante. A quel punto, sintetizzano gli investigatori, Cuffaro “chiedeva espressamente se oggetto dell’incontro potesse essere la notizia riservata che lo riguardava direttamente e cioè di essere, egli personalmente, oggetto di indagine”. L’avvocato rispondeva di non poterlo del tutto escludere. L’unica soluzione, dunque, era incontrare il carabiniere direttamaente. E in effetti, qualche giorno dopo, Cuffaro avrebbe visto Palminteri. Il faccia a faccia era stato fissato nello studio legale dell’amico. Analizzando i tabulati, gli investigatori avevano scoperto che il “colonnello” era appunto Palminteri, ripreso dalle telecamere di sorveglianza presenti in zona. Nello stesso lasso di tempo, era stata registrato l’arrivo di Cuffaro nell’ufficio dell’avvocato.

Qualche giorno dopo, gli inquirenti avevano intercettato una conversazione tra l’ex governatore e il fidato Pace: tra le altre cose, sosteneva Cuffaro, il carabiniere lo aveva invitato a dire al deputato regionale di fare “attenzione all’uso del telefono e che eventuali problematiche nei suoi confronti sarebbero potute sorgere a causa delle persone di cui si circondava”. “No, tu non ne hai telefono, però parlano di te gli altri”, diceva l’ex presidente. Sempre secondo Cuffaro, Palminteri aveva cercato di “barattare” le notizie fornite chiedendo “di mettere sua moglie in questa cosa del microcredito…”. Insomma: informazioni riservato in cambio di lavoro per la moglie.