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Dick Cheney morto a 84 anni: architetto della guerra al terrorismo, considerava Trump un “codardo”

Ha servito due presidenti, Bush padre e figlio, e guidato le forze armate come capo della Difesa durante la guerra del Golfo persico. Da numero due della Casa Bianca influenzò la politica sull'Iraq, il terrorismo, l’energia e altri pilastri dell’agenda conservatrice

È stato il più potente vice presidente americano dell’epoca moderna e, al fianco di George Bush, il principale architetto della guerra al terrorismo dopo l’11 settembre, culminata con l’invasione dell’Iraq. L’ex vicepresidente Usa Dick Cheney è morto a 84 anni. Lo comunica la famiglia, come riporta la Cnn. Insieme al presidente repubblicano George W. Bush per due mandati tra il 2001 e il 2009, è stato per decenni molto potente a Washington. Nei suoi ultimi anni, tuttavia, Cheney, conservatore intransigente, è stato ampiamente ostracizzato dal suo partito a causa delle sue intense critiche al presidente Donald Trump, che ha definito un “codardo” e la più grande minaccia di sempre per la repubblica. “La sua amatissima moglie da 61 anni, Lynne, le figlie, Liz e Mary, ed altri membri della famiglia erano con lui al momento della morte” avvenuta a causa di complicazioni per una polmonite e problemi cardiovascolari, si legge nel comunicato della famiglia Cheney, che rende noto che il 46mo vice presidente degli Stati Uniti, per tutti e due i mandati di Bush, dal 2001 al 2009, è spirato la notte scorsa. Afflitto da problemi cardiovascolari per tutta la sua vita adulta, Cheney era sopravvissuto ad una serie di infarti che non gli avevano impedito di continuare la sua carriera politica attiva. Alcuni anni dopo il ritiro alla vita privata nel 2012 si era sottoposto ad un trapianto di cuore che, disse in un’intervista del 2014, gli diede “il dono stesso della vita”, permettendogli di vivere ancora oltre 10 anni.

La vita – Uomo silenzioso ma determinato, ha servito due presidenti, Bush padre e figlio, ha guidato le forze armate come capo della Difesa durante la guerra del Golfo persico sotto il presidente George H.W. Bush e successivamente ha ricoperto la carica di vicepresidente nell’amministrazione del figlio, George W. Bush. Cheney ha avuto un ruolo spesso dominante nell’attuazione delle decisioni più importanti per il presidente Bush e ha costantemente difeso gli straordinari strumenti di sorveglianza e detenzione impiegati negli Usa in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Anni dopo aver lasciato l’incarico, è diventato un bersaglio del presidente Donald Trump, soprattutto dopo che sua figlia Liz Cheney è diventata una delle principali voci critiche dei repubblicani. “Nei 246 anni di storia della nostra nazione, non c’è mai stato un individuo che abbia rappresentato una minaccia maggiore per la nostra repubblica di Donald Trump“, aveva dichiarato, “ha cercato di rubare le ultime elezioni usando bugie e violenza per mantenere il potere, dopo che gli elettori lo avevano respinto. È un codardo”.

L’ex vicepresidente repubblicano, a sorpresa, ha dichiarato lo scorso anno che avrebbe votato per la candidata democratica alla presidenza Kamala Harris, in corsa contro Donald Trump. Sopravvissuto a cinque infarti, Cheney nel 2013 ha raccontato che ogni mattina si svegliava “con un sorriso sul volto, grato per il dono di un altro giorno”. Nel corso della sua vicepresidenza, Cheney rivelò di aver fatto disattivare anni prima la funzione wireless del suo defibrillatore per paura che i terroristi potessero inviare a distanza una scarica fatale al suo cuore. Durante il suo mandato Cheney trasformò la vicepresidenza da un ruolo di secondo piano a una posizione capace di influenzare la politica sull’Iraq, il terrorismo, i poteri presidenziali, l’energia e altri pilastri dell’agenda conservatrice.

Cheney ha sostenuto l’esistenza di collegamenti, non confermati poi dai fatti, tra l’Iraq e gli attacchi del 2001 contro gli Stati Uniti. Cheney ha operato per gran parte del tempo da luoghi segreti nei mesi successivi agli attacchi del 2001, tenendosi lontano da Bush per garantire che uno dei due potesse sopravvivere a un eventuale nuovo attacco contro la leadership del Paese. Con Bush fuori città in quel fatidico giorno, Cheney fu una presenza costante alla Casa Bianca, almeno fino a quando gli agenti dei servizi segreti lo sollevarono letteralmente da terra e lo portarono via, in una scena che il vicepresidente descrisse in seguito come comica. Fin dall’inizio, Cheney e Bush strinsero uno strano e tacito accordo per cui, accantonando qualsiasi ambizione potesse avere di succedere a Bush, a Cheney fu concesso un potere in qualche modo paragonabile a quello della presidenza stessa.

“Quando ho firmato con il presidente, ho deciso che l’unica agenda che avrei avuto sarebbe stata la sua, che non sarei stato come la maggior parte dei vicepresidenti, che cercavano di capire come sarebbero stati eletti presidenti alla fine del suo mandato”, disse una volta Cheney. La sua propensione alla segretezza e alle manovre dietro le quinte ha avuto un prezzo. È stato visto come un Machiavelli che ha orchestrato una risposta maldestra alle critiche sulla guerra in Iraq. Nel 2006 Cheney fu al centro di un fatto di cronaca, quando sparò inavvertitamente a un compagno di caccia al torace, al collo e al viso. Il vicepresidente definì l’accaduto “uno dei giorni peggiori della mia vita”. La vittima, il suo amico Harry Whittington, si riprese e lo perdonò rapidamente.