Calcio

Morto Giovanni Galeone: l’ex allenatore aveva 84 anni. È stato fonte d’ispirazione per diversi tecnici

Ironico, elegante, con l’eterna sigaretta in mano e i capelli ribelli come il suo calcio, il tecnico non ha vinto né scudetti, né coppe, ma ha dimostrato che inseguire un’idea e cercare la bellezza non è mai tempo sprecato

Era il 19 febbraio 1989 e in una Roma impigrita dal sole, il Pescara, con una tripletta di Tita, vinse 3-1, umiliando i giallorossi di Nils Liedholm: Giovanni Galeone, allenatore della squadra abruzzese, lasciò l’Olimpico in trionfo, tra gli applausi dei 41mila spettatori presenti quel pomeriggio allo stadio. Una giornata memorabile e un inedito assoluto nella storia del calcio italiano. Galeone, morto il 2 novembre all’età di 84 anni, nella stanza di un ospedale di Udine dove era ricoverato da tempo, era in quella primavera l’uomo del momento del nostro football. Nel 1987, aveva riportato in serie A il Pescara, ripescato in B al posto del Palermo nell’estate precedente e con pochi giocatori disponibili quando la squadra partì per il ritiro. Nella stagione successiva, gli abruzzesi si salvarono. Il Pescara giocava un football godibile. Galeone, nato a Napoli quasi per sbaglio, ex centrocampista di Monza, Ponziana, Arezzo, Avellino, Entella, Nuorese, Vis Pesaro, Monfalcone e Udinese, aveva scelto due maestri illustri nella sua professione di allenatore, intrapresa nel 1975: Nils Liedholm e Johann Cruijff. La sintesi era possesso palla, visione offensiva e modulo 4-3-3, con il filo conduttore della tecnica.

Il Pescara, dopo l’impresa dell’Olimpico, crollò e retrocesse. Galeone, candidato numero uno per il posto di Liedholm, si giocò l’occasione di guidare una squadra importante. La carriera continuò, tra alti e bassi, con altre tre promozioni (ancora Pescara, Udinese e Perugia), una serie di esoneri e la vicenda della “maga” genovese che nel luglio 1993 gli costò una squalifica di otto mesi per omessa denuncia. L’unico grande club a rivolgersi a Galeone fu il Napoli, nel novembre 1997, ma l’avventura durò appena tre mesi. A fine stagione, gli azzurri retrocessero. La storia e la vita di Galeone sono andati ben oltre il calcio. Le buone condizioni economiche della famiglia – il padre era ingegnere – gli permisero di studiare, di viaggiare e di coltivare due passioni: la lettura – grazie alla madre – e la musica. Galeone amava gli autori francesi e il pianoforte, la poesia e Pier Paolo Pasolini, Berthold Brecht e Jean-Paul Sartre. A Trieste, dove la famiglia si stabilì negli anni difficili della ricostruzione post-guerra, Galeone respirò l’aria di frontiera, scoprendo l’inclinazione per lo sport del popolo jugoslavo. “Hanno un talento fuori dal comune – raccontava Gale -, sono i brasiliani d’Europa. Quando arrivarono a Trieste, con il pallone facevano qualsiasi cosa. Mi innamorai in particolare dei croati, i più fantasiosi”.

Sliskovic, Leo Junior, Allegri, Gasperini, Rapajc sono stati i talenti prediletti. Gasperini ha seguito il suo esempio. Allegri, con il cortomuso, ha scelto una strada diversa, ma Gale lo ha sempre sostenuto. Giampaolo è stato l’ultimo dei suoi discepoli. In estate, in serate organizzate dal giornalista pescarese Pierpaolo Marchetti, oggi apprezzato traduttore di letteratura ispanica, il gruppo si è spesso ritrovato in cene trascinate fino a notte inoltrata. Ironico, elegante, con l’eterna sigaretta in mano e i capelli ribelli come il suo calcio, Galeone non ha vinto né scudetti, né coppe, ma ha dimostrato che inseguire un’idea e cercare la bellezza non è mai tempo sprecato. Ha insegnato, con il suo esempio, che la cultura allarga gli orizzonti, anche nello sport. Pescara e Udine sono stati i suoi feudi e la notizia della sua scomparsa ha intristito le due città, ma Galeone è stato patrimonio di tutti coloro che amano il bel calcio e la letteratura che lo accompagna. Dopo l’exploit di Pescara, divenne amico di Gianni Mura, il grandissimo giornalista scomparso nel 2020. Un’amicizia vera, fondata sulle affinità elettive: il buon cibo, il vino di livello, i poeti francesi, la musica, sigari e sigarette. Galeone si era ritirato nel 2013, ma il suo sguardo sul calcio lo ha accompagnato fino all’ultimo. Personaggi come lui sono rari nell’ambiente del football. Un motivo in più per sentirne la mancanza.