Calcio

Dovbyk e Ferguson nella bufera: nell’attacco della Roma non segna nessuno, ma si crea pure poco

L'ucraino è uscito tra i fischi dell'Olimpico, l'irlandese non ha ancora segnato: la sconfitta contro il Viktoria Plzen suona come un campanello d’allarme

Di giornate ne restano 5, di punti 15. Ma la sconfitta contro il Viktoria Plzen suona come un campanello d’allarme. Molto di più rispetto a quella più ipotizzabile (certo, mai felice, o non sarebbe una sconfitta), contro l’Inter. Anche perché ora è chiaro: Gian Piero Gasperini sta faticando a trovare la chiave giusta per l’attacco della sua Roma. Ed è quasi un ossimoro pensando a quella che è la storia della sua carriera. E soprattutto la storia delle sue squadre. Ma tant’è: l’attacco piange e ora in Europa League piange anche quella classifica che al momento allontana i giallorossi dalla qualificazione diretta alla fase successiva, costringendoli a passare attraverso i ben più faticosi playoff.

Ed è un’altra contraddizione, questa, se si considera che ai blocchi di partenza la Roma era considerata tra le favorite dell’intera competizione. E Gasperini ora questa emergenza deve fronteggiarla dandole tutta la priorità del caso, partendo da quelle due punte che proprio non riescono a cambiare passo. Dovbyk ha giocato un’altra partita deludente: 74’ in campo, ha tirato una sola volta, ha perso troppi palloni e soprattutto è uscito dal campo tra i fischi, segnale di come anche il pubblico abbia esaurito la pazienza nei suoi confronti. Ma non ha fatto bene nemmeno Ferguson, che si è sbloccato con l’Irlanda ma a cui manca ancora la prima gioia di un’esultanza in giallorosso. 9 presenze finora, 0 reti: veniva da una stagione sfortunata (è rimasto fermo a lungo per infortunio) e il gol non è propriamente nel suo Dna. Ma ci si sarebbe aspettato di più, sin da subito.

Contro il Viktoria Plzen, la rete è arrivata su rigore di Dybala (una delle poche note positive), e al netto della prova delle punte, è stata tutta la catena offensiva a brillare poco. Soulé, El Shaarawy e Babiley non hanno inciso e lo dimostra la scarsa capacità di finalizzare un discreto numero di occasioni crete: 0 reti su azione rispetto ai 17 tiri di cui 7 in porta. Un dato che stona molto con i 2 tiri e 2 gol dei cechi, ma che soprattutto stona con quello a cui le squadre di Gasperini, di solito, avevano abituato tifosi e pubblico in generale.

Percorso lento

È anche vero che con l’ex allenatore dell’Atalanta gli avvii non sono mai stati particolarmente brillanti. Soprattutto all’inizio di un ciclo. Ma su 10 partite ufficiali, le sconfitte sono state 4 e sono tutte avvenute tra le mura dell’Olimpico (le ultime 3, addirittura, consecutive). Perché la Roma stenta a segnare, ma in generale anche a creare. Se si prende in considerazione il database di Soccerment e si guarda solo alle partite in Serie A, la squadra di Gasperini è soltanto nona per expected goals (vale a dire le potenziali occasioni da gol create in partita), ed è tredicesima per verticalizzazioni e passaggi verso la trequarti offensiva. È una squadra chiusa, insomma. Troppo chiusa per poter davvero ambire a qualcosa di importante sia in Italia, sia soprattutto all’estero. Ma è soprattutto troppo chiusa per poter essere davvero una squadra a immagine e somiglianza di Gasperini. Che su questo dovrà lavorare. Anche senza gli aiuti del mercato.