Scienza

Il doppio decadimento beta senza neutrini, la sfida della collaborazione Cuore che dimostrerebbe ipotesi di Majorana sui neutrini

. L’esperimento, ospitato nei Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) in Abruzzo, cerca minuscole fluttuazioni di temperatura causate da un processo rarissimo ancora mai osservato

Per dimostrare la Relatività generale di Albert Einstein gli scienziati ci hanno impiegato 100 anni. E la sfida che si sono prefissati i fisici della collaborazione Cuore (Cryogenic underground observatory for rare events) sarebbe altrettanto importante. “La prima osservazione del doppio decadimento beta senza neutrini sarebbe una scoperta monumentale perché dimostrerebbe che i neutrini possono essere le proprie antiparticelle, come ipotizzato da Ettore Majorana” ha detto Carlo Bucci, responsabile internazionale della collaborazione Cuore e ricercatore dei Laboratori nazionali del Gran Sasso d’Italia dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) riferendosi proprio all’esperimento Cryogenic underground observatory for rare events in corso nei Laboratori nazionali del Gran Sasso d’Italia, all’Aquila.

Si tratta del progetto con cui si prova a stabilire tutti i limiti sul doppio decadimento beta senza neutrini, un processo estremamente raro, legato a uno dei più grandi misteri della fisica. L’esperimento, ospitato nei Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) in Abruzzo, cerca minuscole fluttuazioni di temperatura causate da un processo rarissimo ancora mai osservato: il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Questo processo, se osservato, potrebbe contribuire a risolvere molte fondamentali questioni della fisica ancora aperte come, per esempio, perché l’universo è fatto di materia, anziché di antimateria. Ora, la collaborazione ‘Cuore’ ha stabilito nuovi limiti su quanto spesso si verificherebbe il doppio decadimento beta senza neutrini in un atomo di tellurio: in media, non più di una volta ogni 35 milioni di miliardi di miliardi di anni (3,5×1025 anni). I risultati sono stati ottenuti grazie all’analisi di tutti i dati raccolti con questa tecnica e anche grazie a un nuovo algoritmo che serve a ‘pulire’ i dati. I risultati sono stati riportati anche in un articolo pubblicato sulla rivista Science. “Questo, a sua volta, potrebbe aiutarci a spiegare perché l’universo si è evoluto nella forma che vediamo oggi, cioè composto di materia anziché di antimateria”.

Cuore è un rivelatore che utilizza cristalli invece dei più comuni serbatoi di liquido o gas per registrare con precisione l’energia dei decadimenti: l’esperimento impiega 988 cristalli di diossido di tellurio raffreddati a 10 millikelvin, circa -273,14 °C, solo 0,01 K sopra lo zero assoluto. Se un nucleo in uno dei cristalli subisce il decadimento cercato, il rivelatore registra una caratteristica variazione di temperatura. Per ricercare eventi così rari, i cui effetti sono davvero impercettibili, Cuore necessita di essere estremamente sensibile, così sensibile da percepire anche effetti incredibilmente flebili, come le onde del mare che si infrangono sulla costa a 50 chilometri di distanza, e persino i terremoti dall’altro capo del mondo.

Per facilitare l’identificazione del raro processo ricercato, Cuore ha perciò dovuto affinare un nuovo algoritmo in grado di gestire meglio i segnali di disturbo, eliminando i rumori di fondo, un pò come accade negli auricolari con cancellazione del rumore. Parte di questa riduzione del rumore è garantita dalla collocazione del rivelatore: Cuore si trova, infatti, nelle sale sperimentali sotterranee dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn, sotto 1400 metri di roccia che schermano le particelle provenienti dallo spazio. Tuttavia, anche la montagna emette una lieve radiazione naturale. Per questo Cuore è protetto da speciali schermature a bassa radioattività realizzate con lingotti di piombo romano recuperati da un relitto vecchio 2.000 anni.

“Cuore e l’area intorno al rivelatore sono dotati di oltre due dozzine di sensori che misurano temperatura, suono, vibrazioni e interferenze elettriche”, ha spiegato Simone Quitadamo, ricercatore all’Università di Milano Bicocca, che durante il suo dottorato al Gran Sasso Science Institute ha studiato come le onde marine influenzano il rivelatore. Tra i sensori ci sono microfoni per captare le voci umane, accelerometri per monitorare le vibrazioni delle pompe di raffreddamento e sismometri per registrare movimenti a bassa frequenza come i terremoti. Gli stessi 988 cristalli di diossido di tellurio agiscono come sensori ambientali. Le scienziate e gli sci enziati hanno confrontato le informazioni dei sensori con i dati raccolti, imparando quali segnali ignorare.

Il nuovo algoritmo è stato applicato sia ai dati nuovi, sia a quelli precedenti, e potrà essere utilizzato anche per analisi future. “Le tecniche che abbiamo sviluppato per sottrarre il rumore potrebbero essere utili anche per altri rivelatori sensibili, inclusi quelli che studiano la materia oscura e le onde gravitazionali”, ha sottolineato Chiara Brofferio, professoressa all’Università di Milano Bicocca e ricercatrice all’Infn, responsabile della collaborazione italiana dell’esperimento Cuore. L’approccio sarà utile anche per Cupid (Cuore Upgrade with Particle IDentification), l’esperimento di nuova generazione che potrebbe proseguire la caccia al decadimento doppio beta senza neutrini. Cuore è una collaborazione internazionale che coinvolge oltre 20 istituzioni. L’esperimento, operativo presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso d’Italia, è guidato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare e dal Department of energy (DOE) degli Stati Uniti, attraverso il Lawrence Berkeley national laboratory (Berkeley, California).

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L’abstract dello studio su Science