Giustizia

Femminicidio Sofia Stefani, chiesto l’ergastolo per Giampiero Gualandi. La pm: “Verso la vittima feroce manipolazione”

"Le indagini e il processo sull’omicidio di Sofia Stefani, rispetto ad altri casi, non hanno come obiettivo l’identificazione dell’autore del fatto, su questo non c’è dubbio; l’intento è fare luce sul dolo, sulla colpa o sulla premeditazione" ha detto la titolare dell'accusa Lucia Russo

Sofia Stefani “fu vittima di una feroce manipolazione” e fu uccisa dal suo manipolatore. La procuratrice di Bologna, Lucia Russo, ha chiesto la condanna all’ergastolo per Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna), accusato dell’omicidio della collega 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. La donna fu uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell’ufficio dell’uomo. “Non ci possono essere attenuanti per Gualandi, l’orribile crimine di cui si è macchiato prevede l’ergastolo. Non c’è nulla che possa attenuare le sue responsabilità – ha sostenuto l’accusa – Stefani era una persona con profili di vulnerabilità, ma la sua cartella clinica trasuda umanità. Gualandi sapeva da subito che Sofia aveva un problema, ma la sua malattia, il suo disturbo di personalità, non era certo colpa di Sofia. Gualandi sapeva delle fragilità di Sofia, almeno dal 2023. Ma a lui non interessa, deve perseguire i suoi fini. Gualandi manipolava Sofia soprattutto in ambito professionale. Lui ha detto che l’aiutava, ha spiegato che le diceva di rispettare le gerarchie, ma non ci sono elementi che lo confermano”.

Per la mgistrata quindi, “verso Sofia c’è una feroce manipolazione, anche sessuale. Nel contratto di sottomissione sessuale – ha ricordato – era lui il dominatore, il manipolatore”. Gualandi, seconda la pm, utilizzava Sofia per destabilizzare l’ambiente (come detto anche da un testimone), perché era in conflitto con la nuova comandante della Polizia Locale di Anzola. “Le diceva che a giugno – ha ricordato Russo – lui sarebbe diventato il comandante e lei la sua vice. Stefani sa che visti i suoi pregressi (era stata sottoposta a procedimento disciplinare e il suo contratto non era stato rinnovato, ndr.) non sarebbe potuto essere così, ma lui le mente, per lui era un gioco. Per Sofia invece non era un gioco, anche sua madre lo dice. Anche il sindaco Iovino ci dice che lui con Gualandi non aveva mai parlato e che l’ipotesi di farlo diventare comandante era illusoria”

La procuratrice aggiunta, nel corso della sua requisitoria durante il processo, davanti alla Corte d’Assise di Bologna, ha ribadito la contestazione di omicidio volontario. “Siamo giunti alla conclusione di questo lungo dibattimento, e le accuse mosse a Gualandi trovano conferma. Le indagini e il processo sull’omicidio di Sofia Stefani, rispetto ad altri casi, non hanno come obiettivo l’identificazione dell’autore del fatto, su questo non c’è dubbio; l’intento è fare luce sul dolo, sulla colpa o sulla premeditazione. Gualandi – ha sostenuto l’accusa – ha esploso il colpo e lo ha ammesso, ma ha sostenuto che si sia trattato di un incidente. Dichiarazioni che non hanno convinto né il Gip, né il Tribunale delle Libertà, né la Cassazione, ritenute illogiche. Gualandi si è sottoposto a interrogatorio da parte delle parti e per il pubblico ministero la sua posizione è peggiorata, introducendo elementi ai limiti della fantasia e anche oltre”. Per la difesa dell’imputato – avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli – si è trattato di un colpo accidentale durante una colluttazione; per la Procura, invece, Gualandi ha agito intenzionalmente.

“Il telefono di Sofia, dopo la perizia, ci ha permesso di ricostruire ogni aspetto del loro rapporto, le vite dei protagonisti a partire dal dicembre 2023, e anche la deriva drammatica della loro relazione. Le indagini hanno dimostrato in maniera evidente che Gualandi ha mentito a tutti: immediatamente dopo i fatti, durante il processo e persino prima, mentendo sia alla moglie sia all’amante. La confessione di Gualandi alla moglie è stata una menzogna. Tutto ciò che ha dichiarato è smentito dalle indagini, condotte in modo approfondito”.

“Non esiste alcuna ragione professionale che possa giustificare il fatto che Gualandi avesse la pistola, né motivi di urgenza per averla prelevata. Alla data dell’omicidio non era prevista alcuna esercitazione al poligono, come hanno confermato tutti i testimoni. I testimoni hanno detto che non c’era nemmeno una data indicativa. L’8 maggio e il 16 maggio non vi erano motivi per pulire l’arma, che non avrebbe dovuto trovarsi in ufficio. Anche il consulente della difesa ha spiegato che servono al massimo dieci minuti per pulire l’arma; lo stesso Gualandi ha dichiarato che al poligono si faceva in cinque minuti, non occorrono due giorni” ha spiegato davanti ai giudici la procuratrice.

“L’8 maggio rappresenta un preludio all’omicidio. Già il 30 aprile, quando la moglie di Gualandi scopre la relazione, si erano manifestati segnali. L’8 maggio – ha sottolineato Russo – Gualandi sa che Stefani sta per arrivare e prende l’arma. Al Gip però non menziona l’episodio, affermando di non ricordare la presenza di Sofia in ufficio e di aver pulito la pistola, attribuendo questa dimenticanza a un disturbo post-traumatico. Successivamente, però, ammette di ricordarsi e spiega che l’8 maggio aveva preso l’arma per pulirla a causa di alcune incrostazioni. Afferma di averla presa anche per mostrarla a un collega appassionato di armi, e di averla pulita per consegnargliela in buone condizioni”. Infine, la pm ha sottolineato di aver “perso il conto di quante versioni diverse Gualandi abbia fornito su come siano andati i fatti”.