
Lo studio della organizzazione ambientalista: una porzione di platessa, aringa, rombo e granchio arriva a superare del 40% la dose settimanale tollerabile di PFAS fissata dall'UE.
Una singola porzione da 150 grammi di platessa, o di aringa, di rombo o granchio pescati nel Mare del Nord e nel Baltico può superare fino al 40% la dose settimanale tollerabile di PFAS fissata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per un adulto di peso medio. La denuncia arriva da Greenpeace. L’organizzazione ambientalista ha prelevato alla fine di giugno 17 campioni di pesci e molluschi direttamente dai pescherecci, nei mercati ittici e nei negozi di Niendorf e Heiligenhafen sul Mar Baltico, di Cuxhaven e Büsum sul Mare del Nord e di Amburgo. I risultati di laboratorio hanno riscontrato PFAS in tutti i 17 campioni analizzati, inclusi i tossici PFOS (acido perfluoroottansolfonico) e PFOA (acido perfluoroottanoico). Particolarmente preoccupante il fatto che in 16 dei 17 campioni sia stato rilevato un cocktail di vari contaminanti. In particolare, i campioni di platessa (Amburgo), rombo (Niendorf) e granchio (Bremerhaven), contenevano sette sostanze PFAS diverse superando i limiti Ue. Le concentrazioni di PFAS più basse sono state riscontrate invece nelle cozze (Amburgo). Già nella primavera del 2025, misurazioni di Greenpeace avevano rilevato livelli eccessivi di questo gruppo di sostanze nocive nel Reno e nella schiuma marina sulle spiagge tedesche. Il rapporto suggerisce ora che il consumo regolare di pescato possa rappresentare un problema per la salute. Anche se i limiti sono apparsi rispettati nella maggior parte dei casi, chi consuma questi prodotti due volte a settimana o più spesso è esposto a maggiori concentrazioni. Tanto più i bambini che, a causa del peso corporeo inferiore, superano i limiti anche con una piccola porzione.
I PFAS sono composti alchilici perfluorurati e polifluorurati prodotti sinteticamente, un gruppo di circa diecimila sostanze diverse. Grazie alle loro proprietà idrorepellenti e antigrasso e alla loro durevolezza, vengono utilizzati in numerosi prodotti di uso quotidiano come padelle, abbigliamento funzionale, spray impermeabilizzanti e imballaggi monouso come scatole per pizza e carta da forno. Sono definiti “sostanze chimiche eterne” perché non sono biodegradabili e si accumulano in natura e nel corpo umano. Pochi giorni fa è stato pubblicato uno studio della ONG internazionale European Environmental Bureau che ha esaminato il sangue di 24 importanti politici dell’UE e ha rilevato PFAS in tutti i campioni. Per le organizzazioni ambientaliste questa è un’ulteriore prova che i PFAS si stanno diffondendo e accumulando ovunque. Oltre 100 organizzazioni in tutta Europa hanno unito le forze per la campagna “banPFAS” chiedendone un divieto “senza eccezioni”.
“Le autorità alimentari e ambientali hanno una responsabilità in questo ambito. Sono urgentemente necessari test approfonditi da cui derivino raccomandazioni sul consumo. E sono infine necessarie misure più severe per fermare il rilascio di PFAS, almeno in futuro” ha dichiarato alla ARD Julios Kontchou, eco-tossicologo di Greenpeace. Gli effetti precisi di molti PFAS sull’uomo e sull’ambiente sono ancora inesplorati, ma tra gli effetti scientificamente provati ci sono danni al sistema immunitario e al fegato, nonché sulle funzioni riproduttive. Le autorità statunitensi e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) hanno poi classificato il PFOA come “probabilmente cancerogeno” per quanto riguarda il cancro ai reni e ai testicoli.
Secondo l’Agenzia Federale tedesca per l’Ambiente (Umweltbundesamt o UBA) esistono ancora poche opzioni per evitare i PFAS, ma non sono del tutto assenti. In collaborazione con altre agenzie tedesche e con autorità di Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svezia, l’Uba ha aperto un dossier per avviare una procedura di restrizione per l’intero gruppo di sostanze. Il Ministero Federale tedesco dell’Ambiente ha dichiarato alla SWR di prendere sul serio i pericoli posti dai PFAS, ma respinge un divieto generale: “Il Governo Federale ritiene che l’inquinamento ambientale da PFAS […] continui ad aumentare e che pertanto siano necessari interventi. In questo contesto, si sta impegnando per un approccio efficace ma differenziato ai PFAS a livello europeo, al fine di ridurre significativamente ulteriori emissioni di PFAS nell’ambiente”. Laddove esistano alternative, i PFAS dovrebbero essere sostituiti, altrimenti altre misure dovrebbero garantire che le emissioni siano effettivamente ridotte, mantenendo al contempo la possibilità di utilizzi in alcuni settori importanti, tra gli altri i “dispositivi medici” e gli “indumenti protettivi speciali”.
Anche se c’è molta più attenzione, l’industria fatica ancora a rinunciare ai PFAS. Il gruppo francese Decathlon aveva annunciato la loro eliminazione completa dai suoi tessuti già entro il 2022, ma la ZdF quest’anno ha condotto un’analisi di quattro tende da campeggio dello stesso modello, acquistate in Länder diversi, e vi ha riscontrato PFAS in misura considerevole. Anche se Decathlon ne ha subito bloccato la vendita, resta incerto se la mossa – riporta l’emittente – possa essere una ammissione, una ritirata, o semplicemente un caso di crisis management.