Mondo

Trump, dazi in Africa: scaduto l’accordo commerciale. E così il continente si avvicina un po’ di più alla Cina

L’African Growth and Opportunity Act (AGOA) non è stato rinnovato. Ora la mannaia dei dazi americani è pronta ad abbattersi sulle economie dell’Africa Sub-Sahariana

L’African Growth and Opportunity Act (AGOA), caposaldo del commercio multilaterale tra Stati Uniti e dozzine di Paesi africani nel corso degli ultimi 25 anni, non è stato rinnovato nei termini previsti ed è scaduto lo scorso 30 settembre. Ora la mannaia dei dazi americani è pronta ad abbattersi sulle fragili economie dell’Africa Sub-Sahariana. Il provvedimento legislativo, varato dal Congresso nel 2000, consentiva al Presidente degli Stati Uniti di determinare, su base annua, quali nazioni dell’Africa Sub-Sahariana potessero beneficiare di un conveniente regime di esportazioni prive di dazi verso gli Stati Uniti. L’AGOA, come ricordato dall’Office of the United States Trade Representative, copriva oltre 1800 beni di scambio come i veicoli a motore, i prodotti tessili e di abbigliamento, i minerali ed i metalli, i prodotti agricoli. L’intesa ha promosso riforme politiche ed economiche nella regione perché, per beneficiare dell’AGOA, un Paese doveva rispettare una serie di condizioni rigorose: dai progressi verso lo sviluppo di un’economia di mercato al rispetto dei diritti umani, dello Stato di Diritto, del pluralismo politico passando per l’eliminazione di ostacoli e balzelli al commercio ed agli investimenti americani nella propria nazione. Nel 2024 ben 32 Stati africani, come Kenya, Mozambico, Sudafrica e Ghana, avevano beneficiato del regime preferenziale dell’AGOA.

L’Amministrazione Trump non ha mai espresso una posizione ufficiale sull’AGOA, la cui scadenza era originariamente prevista per il 2015 ma che era stato poi rinnovato sino al 2025, ma le politiche commerciali implementate dalla Casa Bianca non sono particolarmente favorevoli agli accordi commerciali multilaterali. Il Presidente Donald Trump ha stipulato diversi accordi con partner internazionali, come Unione Europea e Giappone, che hanno rimodulato gli scambi commerciali su termini più favorevoli agli interessi americani. Non è una sorpresa, dunque, che l’AGOA sia finito nel dimenticatoio in attesa della sua scadenza naturale. A rimetterci saranno soprattutto le economie delle nazioni africane che prendevano parte all’accordo. Hod Anyigba, capo economista dell’International Trade Union Confederation Africa (ITUC-Africa), una confederazione di organizzazioni sindacali africane con 17 milioni di iscritti, ha riferito alla CNN che il mancato rinnovo dell’AGOA mette a rischio tra 300mila ed 1 milione di posti di lavoro in Africa. Anyigba ha aggiunto che proteggere questi posti di lavoro è essenziale per arginare l’emigrazione verso l’estero e la xenofobia a cui sarebbero sottoposti i lavoratori costretti a lasciare i propri Paesi.

Non è detto, però, che la dipartita dell’AGOA rappresenti necessariamente una cattiva notizia per il continente. Zoryana Olekseyuk, ricercatrice sulla trasformazione dei sistemi economici e sociali presso il German Institute of Development and Sustainability (IDOS), ha riferito a Deutsche Welle che il commercio tra nazioni africane e Washington era in fase calante da anni e che “nel 2017 appena l’8.5 per cento delle esportazioni provenienti dai Paesi AGOA era diretta verso gli Stati Uniti. Significativamente meno che verso Europa o Cina”. La Olekseyuk ha aggiunto che solamente alcuni Stati africani hanno beneficiato dei vantaggi dell’AGOA perché “i margini di profitto non sono abbastanza significativi” e che la burocrazia necessaria necessaria per commerciare con Washington aveva scoraggiato diversi Stati ad intraprendere gli scambi. L’economista maliano Etienne Fakaba Sissoko ha dichiarato a Deutsche Welle che la fine dell’AGOA può essere l’opportunità per un nuovo inizio, dato che diversi partner commerciali hanno acquisito maggiore importanza nel continente. Secondo Sissoko “per 25 anni l’AGOA è stato presentato come un dono. In realtà ha soddisfatto principalmente gli interessi geografici degli Stati Uniti”.

Tra i nuovi partner commerciali spicca la Cina, che ha recentemente abolito i dazi per i beni provenienti da 33 Stati della regione e che nel 2024 ha condotto scambi commerciali con l’Africa per un valore complessivo di 295 miliardi di dollari, in crescita del 4.8 per cento rispetto all’anno precedente. Pechino sta tessendo, da anni, una fitta rete di alleanze per rafforzare la propria presenza strategica nel continente ed espandere i progetti infrastrutturali della Nuova Via della Seta. Pechino è impegnata a subentrare all’Occidente come principale alleato economico e politico nel Sud del Mondo e l’Africa rappresenta un’importante pedina in questa scacchiera. Ci sono, poi, le iniziative della Russia, che nella regione del Sahel supporta le nazioni golpiste nella lotta contro il jihadismo e che ha sostituito l’ex potenza coloniale francese mentre non mancano gli interessi di Turchia, India e Brasile. Anche l’Unione Europea è un partner importante (ed interessato per via dei flussi migratori) delle nazioni del continente grazie all’Economic Partners Agreement, volto a potenziare gli scambi bilaterali tra le parti. Nel caso dell’Europa, però, pesano le complesse relazioni politiche segnate dal passato coloniale e dalla richiesta del rispetto dei diritti umani e principi democratici fatte da Bruxelles ai partner africani.