Lavoro

Chiesta l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa. “Divise per i dipendenti confezionate da ditte cinesi”

La procura di Milano contesta una "condotta agevolatoria" per non aver controllato fenomeni di "sfruttamento del lavoro" che non riguarda i semilavorati o i prodotti "destinati alla vendita", ma l'abbigliamento dei lavoratori del marchio che vivono "in una condizione di para schiavitù" con paghe da "2,75 euro all’ora"

Un altro marchio del lusso nel mirino della Procura di Milano per sfruttamento del lavoro. Gli inquirenti hanno chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una “condotta agevolatoria” per non aver controllato fenomeni di “sfruttamento del lavoro” nella catena di produzione, attraverso opifici gestiti da cinesi, delle divise destinati ai commessi negli store. Si tratta di accertamenti, coordinati dal pm Paolo Storari, che si inseriscono nella linea di altri casi che hanno riguardato colossi della moda, per i quali si è proceduto al commissariamento. In questo caso non è stato disposto, allo stato, perché pende in Cassazione una questione di competenza territoriale. La notizia, anticipata da Reuters, è stata confermata all’Ansa. Il caso è però è molto diverso dagli altri casi perché l’ipotizzato sfruttamento non riguarda i semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata, appunto all’abbigliamento dei lavoratori.

I precedenti

Prima di Tod’s erano finiti sotto indagine la Giorgio Armani Operation spa (per cui era stata revocato il provvedimento dopo un “percorso virtuoso”, ndr). A maggio invece era finita in amministrazione giudiziaria la Valentino Bags Lab, società di produzione di borse e accessori. Storari nel 2024 aveva chiesto e ottenuto i commissariamenti anche di Alviero Martini, Armani operations appunto e Manufactures Dior, poi revocati dopo che le società hanno adottato contromisure.

La decisione in Cassazione

La Cassazione ha fissato un’udienza per il 19 novembre dopo l’iniziale rigetto della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Il coinvolgimento di Tod’s, nel cui board siedono anche figure come Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, nelle inchieste sul caporalato e gli opifici cinesi utilizzati nell’alta moda italiana era già emerso a luglio 2025 nell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria del marchio Loro Piana controllato da una delle 10 famiglie più ricche del mondo (gli Arnault). La società non è formalmente indagata nel fascicolo del pm con i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano ma risponde in base all’articolo 34 del codice antimafia sulle “carenze organizzative” e “i mancati controlli” che agevolano “colposamente” appaltatori e subappaltatori gravemente indiziati di caporalato.

La richiesta del pm

Non esiste una “distinzione tra caporalato consentito e non consentito” perché ciò sarebbe totalmente “fuori dal sistema” scrive Storari nel ricorso per Cassazione con cui chiede agli ermellini di annullare l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano e la Corte d’appello hanno rigettato l’amministrazione giudiziari. In particolare, nel marzo 2025 la sezione misure di prevenzione milanese ha respinto la richiesta di ‘commissariare’ il colosso della famiglia Della Valle, non per insussistenza degli elementi investigativi, che anzi sarebbe “conclamata”, si legge nelle 94 pagine del ricorso, ma per una questione di competenza territoriale.

Per i giudici l’agevolazione colposa dello sfruttamento lavorativo dentro il noto brand marchigiano sarebbe avvenuta non sui semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata (e quindi la competenza sarebbe della Corte distrettuale d’appello di Ancona), ma esclusivamente nella catena produttiva che si occupa di “confezionare le divise” per i “commessi dei negozi Tod’s”, all’interno di due stabilimenti nella provincia di Milano e in Lombardia. Rispetto alle “divise” per il proprio “personale” Tod’s riveste il ruolo di “cliente che richiede una fornitura di prodotti per lo svolgimento della sua attività” e non di “impresa che realizza prodotti che immette sul mercato e caratterizzanti il brand e la sua immagine” è il ragionamento che hanno fatto i giudici nel rigettare la richiesta.

Per loro solo sulla seconda tipologia di prodotto “il livello di controllo nella filiera” deve “essere certamente più capillare al fine di garantirne la originalità e la qualità” della merce da vendere “al pubblico”. Tesi che il pm ritiene “francamente incomprensibile”. Per Storari la legge non fa alcuna “distinzione” tra “prodotti destinati alla vendita” come le “scarpe, dove Tod’s dovrebbe effettuare un penetrante controllo” e quelli ad “uso interno” come le “divise, dove Tod’s non dovrebbe controllare nulla”. “Il Tribunale – scrive alla Cassazione chiedendo di accogliere il proprio ricorso – pare introdurre una sorta di distinzione tra caporalato consentito e non consentito che pare fuori dal sistema“.

Una condizione di “para schiavitù”

Per il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, i lavoratori della filiera produttiva di Tod’s vivono “in una condizione di para schiavitù” con paghe da “2,75 euro all’ora“. Per il pm, che ha coordinato le indagini per agevolazione colposa del caporalato, da cui spuntano anche ipotesi di reato per vendita di prodotti industriali con segni mendaci, nella catena produttiva della società per azioni di Sant’Elpidio a Mare da oltre 1,1 miliardi di fatturato, vi sarebbero “condizioni di lavoro ottocentesche“. È “difficile sostenere il contrario”, scrive elencando gli indizi raccolti dagli inquirenti sul modo di laboratori e opifici cinesi: “Paghe da fame, lavoro notturno e festivo, luoghi di lavoro fatiscenti, dove si lavora, si mangia e si dorme, macchinari privi di sistemi di sicurezza per aumentare la produttività”. Dopo le indagini fotocopia che hanno riguardato Alviero Martini spa, Armani Operation, Manufactures Dior, Valentino Bags Lab e il brand Loro Piana di Louis Vuitton, si tratta della sesta inchiesta sulle condizioni di lavoro nella moda made in Italy della procura di Milano.

La nota dell’azienda

Tod’s in una nota scrive che “non può che ribadire di rispettare tutta la normativa vigente, ivi compresa quella che regola il mondo del lavoro, e che i propri ispettori eseguono controlli costanti nei confronti dei laboratori che Tod’s seleziona e utilizza. Tali laboratori, che sono visitati regolarmente dai nostri responsabili, sottoscrivono, prima di cominciare a operare con il Gruppo, accordi che tutelano la qualità dell’ambiente di lavoro e le condizioni dei dipendenti che vi operano, nonché, ovviamente, il rispetto dei contratti nazionali di lavoro. A ciò si aggiunge che gli stabilimenti Tod’s sono considerati un’eccellenza mondiale in fatto di tutela ambientale e servizi sociali atti a migliorare la vita quotidiana di chi ci lavora. Per Tod’s, la qualità dei prodotti e la qualità della vita lavorativa dei nostri dipendenti sono elementi imprescindibili”. Il gruppo aggiunge che fornirà “tempestivamente tutti i necessari chiarimenti atti a dimostrare la totale estraneità”.