Cronaca

“Il sindaco di Reggio Emilia? Dovevo proteggerlo”. Il mea culpa di Francesca Albanese a La Confessione di Gomez

Da Hamas al piano di pace di Trump: nel programma in onda sabato 4 ottobre su Rai3, la Relatrice speciale Onu torna anche sulle contestazioni a Marco Massari

“Questo sindaco è quello che si è battuto di più perché mi fosse consegnato il Primo Tricolore, e avrei potuto proteggerlo di più e non l’ho fatto”. Ospite a La Confessione di Peter Gomez in onda ogni sabato alle 20.15 su Rai3, la Relatrice speciale Onu Francesca Albanese torna sulle contestazioni al sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, che lo scorso 27 settembre le ha consegnato il prestigioso premio. “La fine del genocidio e la liberazione degli ostaggi siano condizioni necessarie per avviare un processo di pace”, aveva detto il sindaco sul palco. Subito fischiato dalla platea e rimproverato dalla stessa Albanese: “Non la giudico, la perdono. Ma mi prometta che questa cosa non la dice più”. “Non crede che parole come queste gettino ulteriore benzina sul fuoco dell’opinione pubblica?”, ha chiesto Gomez nella puntata in onda sabato 4 ottobre. Albanese concorda, si dice rammaricata e ci mette anche “la stanchezza e l’emozione di quel momento”. Ma rimane coerente nel ribadire che “non si tratta di stabilire condizioni per la pace”. Perché “la fine del genocidio è fondamentale e va legata alla liberazione di tutti gli ostaggi, ci sono diecimila palestinesi (in mano a Israele, ndr)”.

Oltre a ribadire il suo disgusto per l’antisemitismo come per ogni forma di razzismo e xenofobia – “piaghe che veramente sembrano inestirpabili” –, ribadisce di non avere “nessuna simpatia per Hamas”, ricordando che le prime vittime di quel regime sono stati proprio i palestinesi, “persone gambizzate, buttate giù dai palazzi”. E proprio per questo, ricordando come lo stesso ex primo ministro israeliano Ehud Olmert imputasse all’attuale premier Benjamin Netanyahu “la responsabilità di aver sostenuto Hamas a danno dell’autorità palestinese”. Poi il messaggio della Global Sumud Flotilla – “con la non violenza si può cambiare il mondo” –, la definizione “for dummies” di genocidio alla base del rapporto della Commissione Onu e le polemiche per la volta in cui si definì avvocato: “Non l’avessi mai fatto”. E ovviamente il piano di pace. “Se non lo accettano è stato detto che Trump darà l’ok a spianare Gaza”, ricorda Gomez. “Certo, è quello che vuole fare lui”, replica Albanese. “In questo momento si sta trasformando l’occupazione israeliana nell’occupazione gestita internazionalmente, ma il così fan tutti non legalizza il l’oltraggio racchiuso in quel disegno”.

Infine la vita privata, le minacce, il “fango” contro il lavoro di suo marito. E le reazioni del governo Trump al rapporto presentato il 30 giugno scorso, in cui la Relatrice speciale Onu per i diritti umani sui territori occupati palestinesi dal 1967 denuncia le aziende private, per lo più statunitensi, che lucrerebbero sul massacro a Gaza. “Ho subito un avvertimento dall’amministrazione americana quando ero ancora in fase di inchiesta”, spiega. Poi, a luglio, sanzioni economiche e restrizioni come il blocco dei beni. Una situazione che definisce invalidante: “Viaggio tantissimo e a volte ho voglia di essere indipendente, di affittare una macchina, per esempio dall’aeroporto di Napoli per andare a trovare la mia famiglia e non posso più farlo perché non ho una carta di credito intestata a me”.