
Il 41enne ha chiesto ai magistrati di essere riportato a Conca Entosa per un sopralluogo insieme agli inquirenti, con l’obiettivo di ricostruire tutti i tasselli di quella notte
C’è un nuovo nome iscritto nel registro degli indagati per l’omicidio di Cinzia Pinna, la donna scomparsa nella notte tra l’11 e il 12 settembre tra Arzachena e Palau e ritrovata cadavere mercoledì nei campi della sua tenuta per cui è stato fermato Emanuele Ragnedda, l’imprenditore nel settore dei vini, 41 anni, che ha confessato di aver ucciso la donna che frequentava saltuariamente da qualche tempo.
La procura di Tempio Pausania ha iscritto nel registro degli indagati Rosamaria Elvo, ristoratrice di San Pantaleo e compagna del reo confesso, con l’accusa di favoreggiamento. Secondo gli investigatori, la donna l’avrebbe aiutato a cancellare le tracce del delitto ripulendo la casa dal sangue e accompagnandolo ad acquistare un nuovo divano per sostituire quello macchiato durante l’aggressione. Il 41enne ha chiesto ai magistrati di essere riportato a Conca Entosa per un sopralluogo insieme agli inquirenti, con l’obiettivo di ricostruire tutti i tasselli di quella notte.
Mercoledì saranno effettuati nuovi esami sui resti della donna, giovedì l’autopsia. Comunque in attesa degli esiti, la Tac eseguita a Sassari dal medico legale Salvatore Lorenzoni, a cui ha partecipato anche il consulente Ernesto D’Aloja, nominato dall’avvocato difensore Luca Montella, avrebbe confermato la presenza di un foro all’altezza del naso, compatibile con il proiettile esploso da una pistola semiautomatica. La stessa, una Glock, in uso a Ragnedda – aveva il porto d’armi per uso sportivo – e già messa sotto sequestro dai Carabinieri. Il proiettile non sarebbe stato trovato, il che fa supporre che abbia trapassato il viso, fuoriuscendo. È stato invece l’omicida ad indicare ai militari dell’Arma dove aveva nascosto i bossoli da lui sparati, e mostrare sui muri della casa i segni lasciati degli spari.
L’ipotesi investigativa è quella di un approccio sessuale che Cinzia ha rifiutato, di qui la colluttazione che si è conclusa con la morte della 33enne. Ma Ragnedda smentisce questa ricostruzione: “Avrei potuto fare un’altra scelta, ma ho fatto quella sbagliata. Potevo scappare ma non l’ho fatto”, avrebbe detto raccontando gli istanti che hanno preceduto l’omicidio. L’arrestato avrebbe detto di essere stato minacciato da Cinzia con un coltello, che lei avrebbe tentato di tagliargli la lingua e che lui avrebbe reagito sparando. “Potevo fuggire – avrebbe detto durante gli interrogatori – ma ho fatto la scelta sbagliata”. Nella stanza dove si sarebbe consumato il delitto sono state trovate tracce di cocaina e diverse bottiglie di vino. Nella sua versione parla comunque di una colluttazione, senza però spiegarne il motivo, di lei che impugna un oggetto – ora identificato in un coltello -, di avere avuto paura e aver quindi sparato.