Lavoro

Caivano, il flop del progetto del governo per il lavoro: assunto un partecipante su tre. E solo il 10% a tempo indeterminato

L'iniziativa "C'è posto per te" del ministero ha fruttato un impiego a trecento partecipanti su mille (e appena una trentina di contratti stabili). Ma Calderone esulta e parla di "modello"

Il nome del progetto è “C’è posto per te”, ma, a giudicare dai risultati, sarebbe più giusto chiamarlo “C’è un posto ogni tre”. E sarebbe persino un generoso arrotondamento per eccesso. Dopo il recruiting day organizzato dal ministero del Lavoro a Caivano (Napoli), territorio che affronta grandi problemi sociali, circa il 30% dei partecipanti ha poi ottenuto un vero contratto di lavoro. Tuttavia, si tratta per la gran parte di contratti precari: tra i trecento assunti, su mille partecipanti totali, poco più del 10% ha firmato un rapporto a tempo indeterminato. Insomma, su mille persone coinvolte lavorano in trecento: di questi, appena una trentina ha un posto di lavoro stabile e poco più di duecento un impiego a tempo determinato, mentre per i restanti sono stati avviati contratti di collaborazione e altre forme di rapporti non subordinati.

Numeri ritenuti sufficienti dalla ministra Marina Calderone per parlare di “risultati significativi”. Alcuni giorni fa il ministero del Lavoro ha diffuso un comunicato enfatico: “Trecento assunzioni per il modello Caivano”. Bisogna ricordare, infatti, che sul territorio di Caivano il governo Meloni ha costruito tutta una narrazione che lo vede impegnato in una serie di azioni per la riqualificazione, che passano dalla repressione della criminalità ai progetti con scopi sociali. “C’è posto per te”, invece, è un’iniziativa di Sviluppo Lavoro Italia, ente in house del ministero, e coinvolge alcune associazioni di imprese come la Confcommercio e anche la Fondazione Consulenti del lavoro; categoria a cui Calderone è notoriamente legata in quanto ex presidente dell’ordine professionale, ruolo oggi ricoperto da suo marito. Il progetto consiste in un camion che gira per l’Italia e organizza momenti di incontro tra aziende e disoccupati al fine di avvicinare domanda e offerta di lavoro.

Finora sono state effettuate otto tappe; quella di Caivano, ad aprile, è stata particolarmente sentita dal governo. La comunicazione diffusa dal ministero pochi giorni fa esulta per i trecento che hanno trovato un’opportunità, ma il dato che se ne trae è che altri settecento sono rimasti disoccupati. Inoltre, il Fatto ha ottenuto la suddivisione dei nuovi rapporti di lavoro per tipologia contrattuale, da cui emerge – come detto – che solo un assunto su dieci è a tempo indeterminato. Inoltre non c’è nemmeno la certezza che tutti questi trecento contratti siano stati firmati grazie al progetto del governo. “La presenza al recruiting day di agenzie per il lavoro non consente la ricostruzione precisa del dato, dal momento che queste agiscono da intermediari“, risponde il ministero alla richiesta di informazioni. “A ogni modo, la maggior parte delle aziende che hanno partecipato direttamente all’evento ha effettuato assunzioni. Alcuni partecipanti hanno sottoscritto il contratto di lavoro il giorno stesso del recruiting day”, si sottolinea. La ministra Calderone si è poi soffermata sul fatto che circa il 60% degli assunti ha meno di 35 anni. Sempre il ministero tiene a chiarire, per una lettura più completa del dato, che “oltre la metà della platea dei soggetti che hanno trovato un lavoro era alla ricerca di un impiego da più di 12 mesi”. Parliamo quindi di persone non facili da ricollocare: ecco perché il tasso di successo del 30% è considerato buono.

Il ministero è onesto nel rilevare questo punto, il che però apre le porte a una riflessione più ampia. Il centrodestra, infatti, è da sempre detrattore degli strumenti contro la povertà come il Reddito di cittadinanza, che infatti il governo Meloni ha abolito e sostituito con l’Assegno di inclusione (Adi), misura molto meno generosa. Nella retorica dell’attuale maggioranza, le persone in difficoltà non vanno aiutate con sussidi, ma con reali opportunità di lavoro. Un assunto che sta animando la campagna elettorale soprattutto in due Regioni: la Campania e la Calabria, dove i due candidati del centrosinistra, Roberto Fico e Pasquale Tridico stanno proponendo forme di Reddito di cittadinanza in salsa locale. Il centrodestra si oppone sostenendo che il Sud non ha bisogno di assistenzialismo ma di lavoro. Ecco che allora i dati sul risultato del recruiting day di Caivano, e lo stesso commento del ministero – quindi del centrodestra di governo – sono emblematici. È bastato ricollocare il 30% dei partecipanti, con contratti quasi tutti precari, per parlare di grande successo dell’iniziativa. Sembra quasi un involontario assist a chi continua a sostenere le misure di sostegno al reddito. Queste proposte, infatti, si basano sulla consapevolezza che una parte della popolazione è lontana dal mercato del lavoro, difficile da collocare in breve tempo, e non può essere lasciata senza aiuti nel tempo che serve per riformarla.