Ambiente

Cina, smacco a Trump sul taglio delle emissioni. Anche se gli obiettivi annunciati da Xi all’Onu sono modesti

Pechino punta a una riduzione tra il 7 e il 10% rispetto ai livelli attuali. Critico il Commissario Ue al clima Hoekstra, ma per gli esperti "i fatti contano più delle parole"

Su un cammino opposto a quello intrapreso dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, all’Assemblea generale dell’Onu di New York il presidente cinese Xi Jinping presenta il piano per ridurre le emissioni di gas serra e, per la prima volta, annuncia un obiettivo di medio termine. “Entro il 2035 il Paese punta a tagliare tra il 7 e il 10% delle proprie emissioni rispetto al picco massimo, che dovrebbe essere raggiunto quest’anno”. Nessun dietrofront, la Cina è tra i 102 Paesi (sui 190 che aderiscono all’Accordo di Parigi) che hanno presentato o fatto annunci sul loro nuovo Ndc (contributo determinato a livello nazionale) a New York. Anche se il passo è lento, come quello a cui la Cina ha abituato il mondo, per nulla rappresentativo della velocità dei suoi progressi tecnologici. Finora, l’impegno più importante era stato preso nel 2020, quando in un videomessaggio inviato proprio all’Assemblea generale dell’Onu, lo stesso Xi dichiarò che il Paese avrebbe raggiunto la neutralità carbonica nel 2060 e si sarebbe impegnato per arrivare al picco delle emissioni di CO2 prima del 2030. Pechino, però, dovrebbe arrivarci già nel 2025 grazie allo sviluppo del solare e delle auto elettriche.

La Cina a due velocità: quella degli annunci e quella dei progressi effettivi – Così, se molti esperti ritengono quest’ultimo impegno insufficiente per allinearsi all’Accordo di Parigi (e le critiche arrivano anche dal commissario europeo al Clima, Wopke Hoekstra) altri ripongono fiducia in ciò che concretamente ha fatto la Cina negli ultimi anni, sottolineando la differenza con Trump che, al summit, ha negato per l’ennesima volta il cambiamento climatico, definendo la lotta al riscaldamento globale “una truffa”. D’altronde già all’inizio del 2025, in Cina, la capacità combinata di eolico e solare ha superato quella del carbone, l’energia pulita rappresenta già oltre il 10% del Pil cinese e ha contribuito a un quarto della crescita nel 2024.

Il piano cinese per ridurre le emissioni al 2035 – L’impegno di Pechino è il cuore dell’Ndc (Contributo determinato a livello nazionale) che la Cina presenterà a novembre alla Cop 30 del Brasile. Una riduzione delle emissioni del 7-10% è certamente lontana da quella del 30% necessaria, secondo gli esperti, per rispettare l’Accordo di Parigi e restare sotto l’1,5% di aumento della temperatura rispetto ai livelli preindustriali. La Cina punterà inoltre ad aumentare la quota di combustibili non fossili nel consumo energetico totale a oltre il 30% e ad aumentare la capacità eolica e solare di oltre sei volte rispetto ai livelli del 2020, puntando a 3.600 gigawatt. Con una capacità eolica e solare già pari a 1.482 GW a marzo 2025, dunque, il nuovo obiettivo significherebbe più che raddoppiare i livelli attuali entro il prossimo decennio. Il percorso della Cina ha già ridotto il costo globale dell’energia solare, eolica e delle batterie fino al 90% e diverse analisi mostrano che, con obiettivi più ambiziosi, il valore delle industrie cinesi di energia pulita potrebbe raddoppiare entro il 2035, aggiungendo oltre 2 trilioni di dollari all’economia. Nel suo discorso, il presidente Xi ha fatto anche un riferimento velato agli Stati Uniti, parlando di “alcuni paesi” che non sono particolarmente attivi nella sfida climatica, mentre dovrebbero essere “all’altezza delle loro responsabilità. I diritti dei paesi in via di sviluppo – ha aggiunto – devono essere pienamente rispettati. La comunità internazionale dovrebbe rimanere concentrata sulla giusta direzione”.

Le critiche a Pechino del commissario Ue al Clima – Che l’impegno della Cina non sia ancora sufficiente per i target dell’Accordo di Parigi lo sottolinea anche il commissario europeo al Clima, secondo cui l’aggiornamento degli obiettivi climatici per il 2035 annunciato “è ben lontano da ciò che riteniamo sia realizzabile e necessario – ha detto Hoekstra – questo livello di ambizione è chiaramente deludente e, data l’immensa impronta di Pechino, rende il raggiungimento degli obiettivi climatici mondiali molto più difficile”. Il commissario ha anche ricordato: “La Cina è di gran lunga il maggiore emettitore in termini assoluti (ma non quello storico, ndr) e si colloca anche tra i primi in termini pro capite, rappresentando circa il 30% delle emissioni globali”. Proprio in questi giorni, d’altronde, l’Unione europea ha faticato – senza riuscirci – per arrivare a un accordo sugli obiettivi al 2035 e al 2040 da portare a New York. Su questo fronte si viaggia su livelli diversi: nella dichiarazione di intenti che rimanda la discussione al Consiglio dei Capi di Stato e di Governo di ottobre, si propone di ridurre le emissioni tra il 66,3% e il 72,5% al 2035. Ergo: sugli obiettivi l’Ue è avanti (anche se queste proposte dovranno poi concretizzarsi), ma la lotta al cambiamento climatico è fatta anche di politiche concrete. Ed è per questo che il nuovo piano di Pechino divide anche gli esperti.

Il piano di Pechino. Cosa va e cosa non convince – Come sottolineato da Yao Zhe, consulente per le Politiche Globali di Greenpeace East Asia “anche per chi ha aspettative moderate, quanto presentato è ancora insufficiente. Questo obiettivo per il 2035 – ha commentato – offre poche garanzie per la sicurezza del nostro pianeta, ma ciò che fa ben sperare è che l’effettiva decarbonizzazione dell’economia cinese probabilmente supererà l’obiettivo sulla carta”. Insomma, i fatti parlano più delle parole: “Considerando la quantità di energia eolica e solare che entra nel mix energetico cinese, ci sono tutte le ragioni per credere che l’economia cinese continuerà a decarbonizzarsi”.

Il resto dovrebbe farlo il ruolo della Cina nel fornire soluzioni per la transizione energetica globale. C’è però un altro aspetto da considerare. “I segnali politici forti e coerenti – ha aggiunto Yao Zhe – sono un catalizzatore insostituibile. I progressi aziendali e tecnologici da soli non bastano. La Cina deve tenere la porta aperta per migliorare i suoi obiettivi politici il più presto possibile”. Anche per Bernice Lee, consulente senior del centro studi britannico Chatham House “l’obiettivo cinese per il 2035 non è rappresentativo del ritmo della transizione energetica nel Paese”. Pechino ha perso l’occasione di ottenere ampi consensi a livello mondiale, in netto contrasto con gli Stati Uniti? “Ci sono gli obiettivi delle Nazioni Unite e c’è la realtà – spiega Bernice Lee – e la realtà è che il Paese ha investito 625 miliardi di dollari in energia pulita lo scorso anno, il 31% del totale globale. La sua impennata di energia pulita sta rimodellando l’economia globale e sostituendo il carbone in patria”.