Ambiente

Batteri, il parere dell’esperta: “La crisi climatica li rende più forti (e rischiamo milioni di morti)”

Antonella Fioravanti: “I numeri parlano chiaro: i casi di malattie respiratorie, gastrointestinali e cutanee aumentano significativamente dopo disastri legati a eventi meteorologici estremi”

La storia dell’umanità è stata segnata in maniera drammatica da infezioni ricorrenti e devastanti. Epidemie e pandemie hanno devastato città e imperi. Ma oggi siamo davvero al riparo da tutto questo? Niente affatto, sostiene Antonella Fioravanti, scienziata insignita di numerosi premi che studia come disarmare i batteri patogeni con approcci innovativi (sua la scoperta su come distruggere il patogeno dell’antrace utilizzando un nano anticorpo da lei sviluppato) e autrice del libro Viaggio nel mondo invisibile. Microrganismi, salute e cambiamento climatico. Il difficile equilibrio della vita sulla Terra (Aboca).

Non siamo al sicuro dalle patologie portate da questi microorganismi per numerosi motivi. Uno di questi è la resistenza antimicrobica (o AMR), quella per cui batteri, virus, funghi e parassiti sviluppano strategie che li rendono resistenti ai farmaci, antibiotici in particolare, ma anche antimicotici e antivirali. “Per dare un’idea, nel 2021 le infezioni resistenti agli antibiotici hanno contribuito a circa 5 milioni di morti nel mondo: in oltre 1,1 milioni di casi ne sono state la causa diretta, mentre negli altri hanno aggravato malattie già presenti. Senza interventi efficaci, entro il 2050 i decessi annuali direttamente causati dalla resistenza antimicrobica potrebbero quasi raddoppiare”, spiega la scienziata. Oggi le infezioni si propagano anche per altre, tragiche ragioni legate ai conflitti armati: la distruzione delle infrastrutture sanitarie costringe i medici a operare in condizioni non sterili, mentre le evacuazioni e i campi sovraffollati favoriscono la proliferazione di batteri e virus. La carestia e la scarsità di cibo indeboliscono ulteriormente le difese immunitarie, rendendo la popolazione ancora più vulnerabile alle malattie.

Alluvioni e caldo, torna persino il colera

Ma non solo, i patogeni minacciano sempre più uomini, animali e piante soprattutto grazie alla loro capacità di evolvere rapidamente in risposta al cambiamento climatico. Così facendo sviluppano mutazioni che li rendono capaci di adattarsi a condizioni nuove e avverse. “Il loro unico obiettivo è vivere, quindi imparano a vivere in ogni condizione possibile, prosperando anche in ambienti che per noi sarebbero letali, segnati da inquinamento, climi estremi e habitat ostili”, spiega Fioravanti. “Se i microrganismi mutano in risposta al cambiamento climatico, questo cambiamento va studiato, altrimenti rischiamo di essere sopraffatti. L’invisibile potrebbe prendere il sopravvento”, spiega l’autrice.

Ma poi ci sono altri fattori, esterni, e legati al clima, che influenzano il rapporto tra batteri e organismi in cui vivono. A causare un inasprimento delle infezioni sono soprattutto due elementi: le precipitazioni sempre più violente e irregolari e le temperature sempre più elevate. Eventi metereologici straordinari come inondazioni, uragani, trombe d’aria possono infatti contaminare le risorse idriche e alimentari a causa di sistemi fognari compromessi, igiene ridotta e sovraffollamento delle persone colpite dall’evento, oltre ad acqua potabile contaminata sia da agenti patogeni fecali provenienti dalle fognature, che aumentano il rischio di malattie come colera e salmonellosi — una delle principali cause di gastroenterite (con oltre 99 milioni di casi e 155.000 decessi ogni anno) — sia da tossine e microrganismi resistenti a disinfettanti e antimicrobici presenti nel sistema fognario. Le patologie gastrointestinali, tra cui epatiti virali, ma anche casi violenti di Clostridioides difficile e anche il colera, tornato a rappresentare un’emergenza globale, sono sempre più diffuse, tanto che secondo l’Unicef, con l’aggravarsi della crisi climatica si è registrato un incremento del 145% delle epidemie di colera rispetto alla media quinquennale precedente. In questo scenario, anche i periodi di siccità contribuiscono alla contaminazione delle acque: l’evaporazione concentra gli agenti fecali nelle riserve idriche, aumentando il rischio di trasmissione. Dopo eventi metereologici estremi come le alluvioni, l’umidità favorisce la crescita di muffe negli ambienti colpiti, aumentando il rischio di complicazioni respiratorie, tra cui asma e bronchite, ma anche polmonite.

Morire di zanzare

Anche la diffusione di spore fungine, alcune resistenti ai farmaci come la Candida auris, in seguito a disastri naturali come tsunami e uragani è rischiosa: le spore possono entrare in contatto con persone ferite infettandole. Inoltre, cicloni, trombe d’aria e inondazioni favoriscono la diffusione di malattie infettive e contaminazione dell’acqua da tossine, pesticidi e agenti patogeni. “I numeri parlano chiaro: i casi di malattie respiratorie, gastrointestinali e cutanee aumentano significativamente dopo disastri legati a eventi meteorologici estremi, in particolare tra le popolazioni sfollate e i bambini piccoli”, nota l’autrice. “L’eccesso di morbilità e mortalità legato a queste infezioni è significativo nelle aree colpite da crisi, con tassi che, in alcuni casi, raggiungono il 35%”.

E poi ci sono le malattie trasmesse da vettori come zanzare e zecche, come il West Nile e la malattia di Lyme, in aumento a causa di temperature e precipitazioni. Questi fenomeni favoriscono la riproduzione dei vettori e la loro diffusione in zone dove prima non erano presenti e, con la stagnazione dell’acqua, creano condizioni ottimali per la riproduzione delle zanzare. Secondo il Rapporto mondiale sulla malaria 2023 dell’OMS, il numero stimato di casi di malaria a livello globale nel 2022, grazie anche al cambiamento climatico, ha superato i livelli pre-pandemici del 2019. E poi c’è la dengue, che sta ampliando il suo raggio di azione a causa del riscaldamento globale: 14 milioni i casi segnalati a livello globale tra il novembre 2023 e il novembre 2024.

Ultimo, ma non per pericolosità, elemento di allarme, è il disgelo del permafrost e dei ghiacciai. Tonnellate di microbi, murati per millenni nei ghiacciai o nel permafrost, vengono riattivati e rilasciati negli ambienti acquatici e terrestri. I microrganismi intrappolati nel ghiaccio hanno sviluppato, nel corso dei millenni, meccanismi per resistere e sopravvivere e infatti molti di essi sono antimicrobico resistenti. “Tutte queste patologie”, spiega la scienziata, “sono ‘ecologiche’ perché il loro sviluppo è strettamente connesso agli ecosistemi e al clima: per ridurne la diffusione servono azioni incisive contro le cause alla radice. Per contrastare la crisi climatica dobbiamo contrastare anche quella microbica, non basta quindi ridurre CO₂ e gas serra: dobbiamo anche capire come i microbi stanno reagendo alla crisi climatica per elaborare protocolli di prevenzione e nuove strategie di difesa, comprese le terapie, e dall’altro di scoprire soluzioni utili per il Pianeta”. E quindi, conclude Fioravanti, “serve più scienza e più ricerca di base. Ma serve anche tempo, sostegno e partecipazione di tutta la società. Solo unendo ricerca, supporto e responsabilità comune possiamo affrontare e superare le sfide microbiche e ambientali, garantendoci un futuro vivibile su questo pianeta”.