
Alla data del 6 settembre 2025, infatti, si legge semplicemente: “Pellegrinaggio dell’Associazione La Tenda di Gionata e altre associazioni”. Momento clou sarà la messa. Tra spiragli e difficoltà, l'eredità di Papa Francesco per Leone XIV
In principio fu: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”. Parole, come è noto, di Papa Francesco. Era il 2013 e il pontificato bergogliano era appena iniziato. Dopo dodici anni da quell’affermazione, il 6 settembre 2025 si svolgerà, nella Basilica Vaticana, un pellegrinaggio giubilare organizzato da alcune associazioni di cattolici lgbtq+. Un evento organizzato in totale autonomia da queste realtà, senza alcuna benedizione della Santa Sede, come si evince chiaramente anche dal calendario ufficiale del Giubileo 2025, affidato da Bergoglio alla Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo del Dicastero per l’evangelizzazione. Alla data del 6 settembre 2025, infatti, si legge semplicemente: “Pellegrinaggio dell’Associazione La Tenda di Gionata e altre associazioni”. Non ci sono ulteriori informazioni in merito, ma una semplice presa d’atto di questo evento organizzato in occasione dell’Anno Santo dedicato alla speranza.
Il momento principale sarà la messa, nella Chiesa del Gesù, presieduta da monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente per il Sud della Conferenza episcopale italiana. Successivamente, i partecipanti si ritroveranno a piazza Pia per raggiungere in processione, attraverso via della Conciliazione, la Basilica Vaticana e varcare così la Porta Santa. “Oltre mille cristiani lgbtq+, i loro genitori, amici e gli operatori pastorali che li accompagnano, provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo, – affermano gli organizzatori del pellegrinaggio – varcheranno insieme la Porta Santa di San Pietro. Attraverseranno con le loro storie, difficoltà e speranze la porta della misericordia e della liberazione di Dio, una porta spalancata che ci accoglie come casa per tutti, senza esclusioni. Questo momento, promosso da La Tenda di Gionata, è aperto a tutte le realtà, associazioni e persone che, a partire dalle frontiere esistenziali ed ecclesiali, vogliono vivere questo Giubileo come un segno di accoglienza reciproca e di riconoscimento della comune dignità di figli e figlie di Dio. Il cammino giubilare sarà scandito dalla preghiera, dall’ascolto e dall’incontro fraterno: da una grande veglia comunitaria, da una messa corale e da alcuni momenti di riflessione ed incontro organizzati da alcune realtà che partecipano al pellegrinaggio. Domenica (7 settembre 2025, ndr), infine, ci uniremo in piazza San Pietro all’Angelus del Papa, portando con noi la speranza che la Chiesa sia sempre una ‘casa di tutti’”.
Un pellegrinaggio anticipato dall’udienza privata che Leone XIV ha concesso, il 1 settembre 2025, a padre James Martin, gesuita da sempre impegnato nella pastorale delle persone lgbtq+, che parteciperà all’evento giubilare promosso da La Tenda di Gionata. Il religioso ha commentato su Instagram l’incontro con Prevost: “Cari amici: sono profondamente grato per la mia udienza presso il Palazzo Apostolico con il Santo Padre. Il messaggio che ho ricevuto è che Papa Leone continuerà con la stessa apertura e accoglienza che Francesco ha mostrato alle persone lgbtq. Ho trovato Leone gioioso, rilassato e sereno. È una gioia stare con lui!”.
Nel 2013 il Pontefice argentino precisò chiaramente lo spirito delle sue aperture pastorali: “Il Catechismo della Chiesa cattolica spiega in modo tanto bello questo, ma dice: ‘Non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società’. Il problema non è avere questa tendenza, no, dobbiamo essere fratelli, perché questo è uno, ma se c’è un altro, un altro. Il problema è fare lobby di questa tendenza: lobby di avari, lobby di politici, lobby dei massoni, tante lobby. Questo è il problema più grave per me”. Da quelle parole sono trascorsi dodici anni di aperture pastorali, ma non dottrinali. È noto il duro scontro che ci fu nei due Sinodi dei vescovi sulla famiglia, nel 2014 e nel 2015, proprio sul tema delle coppie gay.
Il vento sembrò cambiare nel 2023 con la contestatissima dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede Fiducia supplicans che aprì alle benedizioni di coppie in situazioni irregolari e dello stesso sesso. Un documento non applicato dall’episcopato cattolico africano e tuttora abbastanza divisivo all’interno della Chiesa di Roma. Alla vigilia del conclave del 2025, al Fatto, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede e curatore dell’Opera omnia di Benedetto XVI, affermò: “Fiducia supplicans era solo una piccola dichiarazione del prefetto del Dicastero per la dottrina della fede (il cardinale Víctor Manuel Fernández, ndr), non di tutto il dicastero. Il Papa l’ha vista e l’ha firmata con una ‘F’. Nessuno sa esattamente cosa ci sia dietro questa dichiarazione. Non c’è stato nessun consiglio da parte degli altri membri del dicastero. E per questo il livello di autorità di questa dichiarazione è molto basso. Non c’è nessuna recezione da parte della Chiesa in Africa. Ma solo qui alcuni che sono vicini a questa ideologia hanno lodato e pensato che con questa dichiarazione la Chiesa è diventata moderna e così tutte le coppie gay adesso entrano nella Chiesa. Penso che queste lobby vogliano soltanto strumentalizzare la Chiesa per la loro propaganda, ma non sono interessate alla nuova vita in Gesù Cristo”.
Trascorsero pochi mesi dalla pubblicazione di Fiducia supplicans e Francesco, parlando a porte chiuse all’assemblea generale della Cei, si lasciò andare: “Nei seminari c’è già troppa frociaggine”. La Sala Stampa della Santa Sede provò subito a disinnescare le polemiche: “Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri”. Ricordando, inoltre, le numerose aperture di Francesco: “Nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti”. Ma, poche settimane dopo, parlando questa volta ai preti romani, Bergoglio ribadì: “In Vaticano c’è aria di frociaggine”. Inutili furono stavolta i tentativi della Santa Sede di giustificare l’uso della parola omofoba nel lessico papale. Ma adesso è il tempo di vedere quale sarà la linea di Leone XIV anche in questa delicatissima materia.