Diritti

“Cpr peggio dei manicomi”, al via il viaggio di Marco Cavallo contro le “nuove istituzioni totali”

I promotori spiegano che queste strutture ricordano per molti versi gli ospedali psichiatrici giudiziari, e forse sono ancora più crudeli. Il viaggio toccherà Milano, Roma, Palazzo San Gervasio, Brindisi e Bari

Marco Cavallo, l’iconico cavallo azzurro diventato simbolo della lotta per la libertà e i diritti, ha iniziato un nuovo viaggio attraverso i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) per stranieri senza permesso di soggiorno. Partita il 6 settembre da Gradisca d’Isonzo, l’iniziativa promossa dal Forum Salute Mentale e da un’ampia rete di associazioni intende denunciare le condizioni di vita all’interno di queste strutture, che molti considerano le “nuove istituzioni totali del nostro tempo”, e si intreccia con la campagna “180 Bene Comune. L’arte per restare umani“.

La storia di Marco Cavallo risale al 1973, quando fu realizzato dai pazienti e dagli operatori del manicomio di San Giovanni a Trieste, nell’ambito dell’esperienza di Franco Basaglia. Quel cavallo di legno e cartapesta, alto quattro metri, guidò lo storico corteo che scese verso il centro di Trieste, divenendo rapidamente l’emblema della rivoluzione psichiatrica che avrebbe portato, pochi anni dopo, all’approvazione della Legge 180. Normativa che sancì la chiusura dei manicomi, ponendo fine a internamento e negazione dei diritti fondamentali della persona affetta da malattia mentale.

Cinquant’anni dopo, il nuovo viaggio di Marco Cavallo intende tracciare un parallelo tra i vecchi manicomi e i CPR. I promotori spiegano che queste strutture ricordano per molti versi gli ospedali psichiatrici giudiziari, e forse sono ancora più crudeli. Vengono descritti come luoghi di ingiustizia sociale, dove persone straniere sono trattenute in attesa di rimpatrio anche senza aver commesso un reato, spesso senza comprendere il motivo della loro detenzione né la durata. Da Gradisca d’Isonzo, dove violenze, condizioni degradanti e abusi nel CPR sono stati più volte documentati, il viaggio toccherà poi Milano, Roma, Palazzo San Gervasio, Brindisi e Bari, con tappe animate da iniziative pubbliche e momenti di confronto.

La rete “Mai più lager – No CPR” ha denunciato celle roventi, pestaggi notturni con manganelli, e violenze contro individui, inclusi quelli con problemi psichici e fisici. Grave la carenza di servizi, compresi quelli sanitari, che spesso diventano inconsistenti o si estinguono del tutto, specialmente in periodi critici come agosto. Un aspetto particolarmente preoccupante e tante volte denunciato in tutte le strutture italiane è l’uso massiccio di psicofarmaci, che da strumenti di cura si trasformano in mezzi per sedare e controllare i trattenuti, portando a una “deriva manicomiale” questi luoghi di detenzione amministrativa. Inoltre, sebbene la normativa lo vieti, un numero crescente di persone con problemi di salute mentale, preesistenti o sviluppati durante la detenzione, finisce nei CPR. La possibilità di documentare queste violazioni è limitata, poiché l’uso di smartphone è consentito solo in pochi centri, lasciando la maggior parte dei CPR avvolti nell’oscurità e favorendo insabbiamenti.

Una sentenza della Cassazione ha appena rimesso in discussione le norme del governo sul contrasto all’immigrazione. Accogliendo il ricorso di un cittadino senegalese trasferito a maggio nel CPR di Gjader, in Albania, ha stabilito che in caso di mancata convalida del trattenimento, il richiedente asilo deve essere immediatamente liberato, anziché trattenuto per ulteriori 48 ore come prevede il decreto, evidenziando la violazione di ben sei articoli della Costituzione. La pronuncia rilancia anche la questione dell’efficacia dei CPR nel contrasto all’irregolarità di soggiorno. Anche nel 2025 i dati ministeriali mostrano numeri esigui di rimpatri effettivi (5.414 nel 2024 e 4.751 nel 2023), con circa la metà delle persone trattenute che non viene mai rimpatriata, subendo una privazione ingiustificata della libertà personale. Come i manicomi non servivano alla cura del malato, ma a mantenere l’istituzione totale, la finalità primaria dei CPR non è contrastare l’irregolarità, ma agire come simbolo. L’iniziativa partita da Gradisca propone come unica soluzione la chiusura dei CPR “dopo decenni di errori e orrori”.