
Per l'Unione degli Universitari (Udu), "il governo ha trasformato il percorso in una gara a ostacoli che rischia di lasciare indietro migliaia di ragazzi". Link: "Non hanno preso in considerazione fattori essenziali per garantire il diritto allo studio"
Alcuni a casa, davanti al pc. Altri nelle aule, spesso accampati in spazi sovraffollati. Molti in ansia, con la sensazione che la loro carriera universitaria sia destinata a sei mesi di limbo. Per poco meno di 54mila ragazzi ieri è stato il primo giorno di università. Con il primo settembre, infatti, sono iniziate le lezioni del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. O meglio, le lezioni del nuovo semestre filtro, introdotto dalla riforma voluta dalla ministra dell’Università, Anna Maria Bernini. La misura ha mandato in pensione il test d’ingresso per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 25 anni. Tutti e 54mila gli aspiranti medici si sono potuti iscrivere senza restrizioni ma, al contrario di quanto annunciato in un primo momento dal governo, il numero chiuso è tutt’altro che superato. La selezione è solo rimandata, e gli studenti lo sanno. “Il governo ha trasformato il percorso in una gara a ostacoli che rischia di lasciare indietro migliaia di studenti e studentesse”, denuncia l’Unione degli Universitari (Udu).
Per le associazioni di categoria, la riforma non comporterà alcun beneficio per gli studenti. Bensì aumenterà costi, disuguaglianze e incertezze. Molti ragazzi sono preoccupati dal fatto che, dopo mesi di stress, studio e investimenti, il loro percorso accademico possa interrompersi. Costringendoli a cambiare strada a metà anno e a rimettere in discussione l’idea che avevano del loro futuro. “Il governo ha presentato questa misura come un passo avanti, ma non ha previsto né investimenti, né risorse aggiuntive“, denuncia Udu. Inoltre, la paura degli studenti è che questo modello aumenti ulteriormente la competizione, come avvenuto in Francia, dove adottano un sistema di selezione simile. “Dopo pochi mesi di corsi, chi non supererà i test nazionali sarà escluso: si tratta di un filtro posticipato che crea solo incertezza e precarietà – prosegue l’Unione -. A pagarne il prezzo saranno gli studenti, costretti a studiare senza garanzie sul loro futuro, ma anche le università, lasciate senza fondi per spazi, docenti e strutture. Affiancheremo gli studenti in ogni fase, anche con azioni legali, affinché il diritto allo studio non sia calpestato da logiche di propaganda e finte riforme”.
Molti ragazzi sono preoccupati dall’idea di dover rivivere i disagi della didattica a distanza. In molti Atenei, infatti, è stato inevitabile trasferire le lezioni online. A Palermo, per esempio, le lezioni si terranno interamente a distanza. Alla Sapienza di Roma – l’università che ha raccolto più iscritti in assoluto, oltre 5mila – solo il 60% degli studenti ha seguito le lezioni in aula. Alla Federico II di Napoli, la seconda università per iscritti, hanno pensato a un sistema misto, in due fasi: per le prime cinque settimane, dal 1 settembre al 3 ottobre, le attività didattiche si svolgeranno interamente in presenza, mentre dal 6 ottobre e fino a conclusione, le lezioni saranno interamente da remoto in modalità sincrona. A Pisa, dove c’è stato un boom di iscritti che segna +26%, il rettore non ha nascosto “le perplessità su questa riforma che è insufficiente rispetto a ciò che la classe medica chiede da anni, perché non considera l’aspetto umano nelle valutazioni e sostanzialmente posticipa il test d’ingresso di qualche mese: il ministero ha recepito una generale insoddisfazione per la procedura di selezione, ma si è scelta la via più semplice e inutile che non dà risposte per questo mi chiedo che cosa accadrà dopo questo semestre”.
E basta fare qualche domanda nei cortili universitari per scoprire le sensazioni degli aspiranti camici bianchi. “Io preferirei fare tutto in presenza, ma prenotare le aule è difficile, già per domani sono finite – spiega Chiara, una delle studentesse iscritte a Tor Vergata a Roma, interpellata dall’Ansa -. Preferivo il test che c’era prima perché ora paradossalmente c’è più ansia“, prosegue. Per la sua collega Federica, da una parte il semestre filtro è positivo, perché permetterà di approfondire materie propedeutiche, dall’altra preferiva il vecchio test “perché la selezione avveniva prima e si evitava questa attesa“.
“La riforma dell’accesso di quest’anno, come denunciamo da tempo, presenta numerose criticità che non possiamo più ignorare. Non è accettabile che chi sceglie un percorso di studi sanitario venga lasciato solo dalle amministrazioni universitarie, dal governo e dal ministero, che nell’elaborare la riforma non hanno preso in considerazione fattori essenziali per garantire il diritto allo studio“. Lo affermano gli studenti di Link Coordinamento universitario, che chiedono misure “concrete e immediate”: garantire a tutti la possibilità di seguire le lezioni e accedere a tutti i materiali formativi, senza discriminazioni tra chi frequenta in presenza e chi segue online, “la didattica a distanza ha già dimostrato i suoi limiti durante la pandemia e non può diventare un fattore di disuguaglianza”, dichiara Arianna D’Archivio, coordinatrice di Link. Inoltre, i giovani chiedono di attivare in tutte le università sportelli informativi e servizi di tutoraggio continuativi, così che nessuno resti senza supporto durante il percorso formativo. “Chiediamo al ministero e alle università di ascoltare le istanze studentesche e di intervenire con urgenza per rendere l’accesso a Medicina davvero inclusivo“, conclude.