
Sessant'anni fa, il terzino amaranto segnò uno storico gol contro la Roma. Una delle sue due reti in una carriera dedicata completamente alla sua città, dove "inventò" anche le partite nei gabbioni in spiaggia
I gol entrano nella storia. Sì, anche quelli fatti ad agosto, anche se fatti sessant’anni fa: il calcio è quello in fin dei conti, nella storia ci va chi fa un gol in più. Ma il calcio è anche quel mondo meraviglioso in grado di sconvolgere le sue stesse leggi, consegnando alla storia i gol, e a volte pure le persone.
Non ne ha fatti molti di gol Mauro Lessi, infatti, anzi per la verità ne ha fatti solo due: eppure è nella storia del Livorno.
Un gol in campionato, uno in Coppa Italia, esattamente sessant’anni fa, contro la Roma ai supplementari. E infatti basta accennarvi che un livornese doc come Vezio Benetti ( giornalista, telecronista pop delle partite amaranto e tante altre cose sempre con Livorno in mezzo) , inizi a tirar fuori ricordi, alla solita maniera, livornese appunto: “E certo che me lo ricordo quel gol, a parte che ne ha fatti due e quindi non è difficile scordarseli, ma ero lì: all’epoca facevo il fotografo quindi l’ho anche immortalato quel gol lì. Un bel rasoterra che finì alla destra del portiere: fu una bella gioia per i livornesi”.
E un dispiacere per i parenti di Mauro Lessi, sposato con una romana di famiglia romanista, sebbene l’unico colore che abbia conosciuto il terzino sia quello amaranto: “Livornese purosangue – racconta Benetti – era un terzino fluidificante che piaceva molto anche per il suo modo di giocare: correva tanto, era ruvido e poi lo si ricorda per la sua personalità e il suo vocione. Proprio in quella partita contro la Roma si sentiva, prima che la gara iniziasse, nel tunnel dell’Ardenza gridare: ‘Ragazzi, andiamo a vince questa partita’”.
Ruvido, Lessi, che a pallone, come raccontato in una meravigliosa intervista al Tirreno, aveva iniziato a giocare nel suo quartiere, a Coteto, in quello che una volta era un campo di concentramento tedesco, poi solo il Livorno, a parte una stagione al Pontedera da giovane e, come dice Benetti: “Una parentesi al Torino, ma quando dico una parentesi dico veramente un’esperienza che sarà durata il tempo di un sorriso”.
Il posto sulla fascia sinistra è suo, e quando c’è da difenderlo lo fa con la solita livornesità, come ricorda ancora Benetti: “In una stagione c’era un dirigente che prese un altro terzino, non ricordo se fu acquistato dal Genoa o dalla Sampdoria, sono passati tanti anni. E siccome questo terzino gli faceva ombra Lessi si rivolse a quel dirigente, che si chiamava Di Giorgi, dicendogli: ‘Oh Di Giorgi, quei vaini (soldi, ndr) era meglio che te li mangiavi di torta (ricetta tipica livornese a base di farina di ceci ndr)’. Questo era Mauro, non certo un accademico dei Lincei ma un livornese doc, una persona per bene, sempre sorridente e attaccatissimo alla maglia, credo sia infatti tra i calciatori con più presenze in amaranto”.
Dopo il calcio qualche partita da allenatore, prima alla Carrarese, poi al Pontedera e infine ovviamente a Livorno, e addirittura l’invenzione delle “gabbionate”: “Sì – ricorda Benetti – ai bagni c’erano lui, Armando Picchi e Costanzo Ballari e facevano queste partite in cui praticamente si ammazzavano visto che il pallone non usciva mai in quelle gabbie tipo pollaio”. Gabbionate, vaìni, torta e un gol ai supplementari che elimina la Roma dalla Coppa Italia del 1965: c’è Mauro Lessi, c’è Livorno.