Lavoro

Stellantis, la crisi è senza fine: raffica di ammortizzatori sociali, 2.300 in solidarietà anche a Mirafiori

Il momento nero del gruppo automobilistico continua, nel silenzio del governo: dopo Termoli e Pomigliano, anche a Torino contratto di solidarietà fino a gennaio 2026

Una raffica di ammortizzatori sociali che continuano e, in molti casi, si allungano anche per buona parte del 2026, quello che – appena nove mesi fa – era stato definito dai vertici dell’azienda come l’anno della ripartenza. La crisi di Stellantis sembra non conoscere fine e così, mentre i dati di mercato continuano a essere negativi (-1,1% di vendite a luglio in Europa sull’anno, in un mercato che ha fatto il +5,9), nelle fabbriche il rientro dalle ferie è stato salutato da un prolungamento degli ammortizzatori sociali.

Dopo un nuovo anno di contratto di solidarietà a Termoli annunciato lunedì per 2.000 lavoratori e la cassa in deroga chiesta per 3.750 operai a Pomigliano d’Arco mercoledì, ora è il momento di Mirafiori. Il gruppo franco-italiano ha comunicato ai sindacati la necessità di estendere la durata della solidarietà per 2.297 lavoratori fino al 31 gennaio: saranno interessati 903 operai della linea che produce la 500 elettrica, 674 addetti alla produzione di Maserati, 300 dell’ex Pcma, 294 addetti al reparto Presse, 85 della costruzione stampi e i 41 lavoratori dell’ex Tea. Il tutto nella città dove, appena due mesi fa, Stellantis ha lanciato in pompa magna la Fiat Grande Panda prodotta in Serbia pagando le spese del maxi-concerto per la festa patronale.

“Un’agonia senza soluzione di continuità”, l’ha definita il segretario generale della Fiom Cgil Torino, Edi Lazzi. Il responsabile dei metalmeccanici Cgil della fabbrica Gianni Mannori sottolinea la necessità di tradurre in “fatti concreti” la “centralità di Torino” di cui spesso anche parlato John Elkann e il nuovo ad Antonio Filosa. “Altrimenti Torino resterà centrale ma solo per il suo impoverimento”. La stessa Fiom con gli altri sindacati – Uilm, Fim, Fismic, Ugl e Aqcf – hanno chiesto “l’assegnazione di un nuovo modello da affiancare alla 5oo a Mirafiori, per garantire un futuro più sereno nei prossimi anni a tutti i lavoratori”.

Ma la situazione di stallo riguarda ormai ogni stabilimento italiano, nonostante Stellantis abbia alleggerito gli organici con circa 6.000 uscite volontarie incentivate tra il 2024 e il 2025. Esuberi che non hanno fermato il ricorso agli ammortizzatori sociali che, denunciano i sindacati, sono ormai uno strumento ordinario di gestione. Gli ultimi mesi, complice il crollo della produzione che ha fatto segnare nel primo semestre il -33% sul già drammatico 2024, si sono fatti particolarmente pesanti. Anche la fabbrica di Cassino lavora ormai a singhiozzo da inizio anno e, dopo aver chiuso in anticipo rispetto al fermo estivo programmato, riapre solo in questi giorni. Melfi – dove si sono registrati circa 2.500 esuberi negli ultimi 4 anni – è ripartita su un solo turno e i lavoratori sono in contratto di solidarietà fino a giugno 2026.

Intanto il governo, dopo aver brindato a dicembre per il piano “riciclato” presentato dall’azienda, è diventato muto. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso aveva annunciato un nuovo incontro a luglio, mai avvenuto, per poi rimandarlo a settembre. Ma i metalmeccanici non hanno ancora ricevuto alcuna convocazione. Mentre l’esecutivo nasconde la testa sotto la sabbia, gli stabilimenti si stanno sempre più trasformando in gusci vuoti e gli appelli dei sindacati a Palazzo Chigi continuano a cadere nel vuoto.

Gli operai sembrano gli unici ad aver capito quanto sia grave la situazione trasformando le uscite incentivate in un tentativo di fuga di massa, come dimostra il caso di Atessa: l’azienda aveva programmato 402 esuberi, circa l’8% della forza lavoro, ma le sono arrivate 600 richieste. Meno della metà sarebbe in età pensionabile, un segnale inequivocabile di voglia di tagliare la corda di fronte a una crisi sempre più nera.