
Ciro Luongo, 58 anni, è stato ucciso con un’arma da taglio nella sua abitazione
Il rimprovero per la fuga di un pappagallo. Sarebbe stato questo l’innesco di una lite terminata con l’omicidio dell’ispettore di polizia Ciro Luongo, 58 anni. Il poliziotto è stato colpito con un’arma da taglio nella sua abitazione a Melito di Napoli, in viale delle Margherite. A impugnare la lama il figlio della compagna, un giovane di 21 anni. Poche ore dopo l’accaduto, i carabinieri hanno rintracciato e arrestato il ragazzo che era scappato subito dopo il delitto. Roberto Marchese è stato interrogato a lungo e, al termine, è stato sottoposto a fermo dal sostituto procuratore di Napoli nord, Cesare Sirignano, che coordina le indagini di polizia e carabinieri. Ora è nel carcere di Poggioreale.
A raccontare il movente che avrebbe scatenato la lite degenerata poi nell’accoltellamento sarebbe stato un testimone oculare, il figlio della vittima e della sua compagna. Il giovane sarebbe stato intercettato e, in una conversazione, avrebbe detto di come Luongo si sarebbe molto arrabbiato con Marchese, colpevole di aver fatto scappare l’uccello, lasciando aperta la porta finestra che dà sul balcone di una camera da letto. Peraltro, sembra che il pappagallo nel frattempo fosse stato recuperato. Un vicino, infatti, ha detto che un uomo che abitava di fronte aveva trovato l’uccello e l’aveva restituito ai proprietari: sarebbe stata la moglie del poliziotto a prenderlo, scendendo fino al cancello del condominio. Quando poi è rientrata a casa, da fuori sono state udite “urla atroci”.
Fino a ieri sera mai sentito di litigi o udite grida provenire dall’appartamento dell’ispettore, descritto da tutti come una “brava persona, gentile”, che offriva il caffè agli addetti delle pulizie del palazzo e che, dicono i suoi colleghi, era “un poliziotto esemplare”, da poco trasferitosi al commissariato di Giugliano. Sembra, però, che i rapporti tra lui e il figlio della compagna fossero tesi da tempo e c’è chi sostiene che l’episodio di ieri sia stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un risentimento e un’acredine che covava da tempo.