
La Suprema Corte supera un tabù "salvando" la scrittura privata di una coppia di Mantova in cui il marito si impegnava a restituire una somma alla moglie in caso di fine del matrimonio
La Corte di Cassazione apre ai patti sottoscritti tra coniugi o futuri coniugi per regolare gli aspetti economico-patrimoniali di un eventuale divorzio. Con un’ordinanza del 21 luglio scorso, la Suprema Corte ha riconosciuto la validità di una scrittura privata firmata nel 2019 da una coppia di Mantova, con cui il marito, in caso di fine del matrimonio, si impegnava a restituire alla moglie la somma da lei investita per la ristrutturazione della casa di lui (61.400 euro) e per l’acquisto di mobili, veicoli e altre spese (85mila), per un totale di 146.400 euro. In cambio, all’uomo veniva promessa la proprietà esclusiva di alcuni beni (un’imbarcazione e un motociclo). Dopo il divorzio, la donna si era rivolta ai giudici per far valere il patto, ma lui si era opposto chiedendo che fosse dichiarato nullo per “illiceità della causa” in base all’articolo 160 del Codice civile, secondo cui “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”. Una norma interpretata finora dai giudici italiani come un divieto più o meno assoluto di regolare privatamente le condizioni di divorzio, pratica invece comune all’estero (vedasi il dettagliatissimo accordo tra il patron di Amazon Jeff Bezos e la moglie Lauren Sánchez).
Nel caso di Mantova la Cassazione ha superato questo tabù: per farlo ha considerato il patto tra i coniugi non come un accordo di divorzio in senso stretto, ma come un contratto atipico sottoposto a condizione sospensiva lecita. In quest’ottica, la separazione non è la “causa” della scrittura privata, ma solo la condizione futura ed eventuale da cui dipende l’efficacia della sua entrata in vigore: “Il fallimento del matrimonio non è causa genetica dell’accordo, ma mero evento condizionale”, si legge nell’ordinanza. E in questo senso “non c’è nessuna norma imperativa che impedisca ai coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro e di subordinarne la restituzione all’evento, futuro ed incerto, della separazione coniugale”. I giudici, tuttavia, ribadiscono il divieto di patti tra coniugi che incidano sui diritti indisponibili, cioè non rinunciabili: ad esempio l’assegno di mantenimento o gli obblighi morali e materiali di assistenza. La decisione, infine, apre anche alla regolamentazione privata dell’affidamento dei figli e delle modalità di visita, pur nel rispetto del superiore interesse del minore la cui valutazione spetta sempre al giudice.