
In questa cittadina affacciata sul mare, un tempo rinomata per il turismo e oggi stretta nella morsa della povertà, il football rappresenta l’ultima vera ancora di una comunità. Ma il club è stato sospeso dalla lega e rischia di sparire del tutto
La profonda connessione tra calcio e comunità, caratteristica radicata nel DNA del football inglese, viene riproposta da questa storia del Morecambe, National League, quinta serie della piramide. Il Morecambe, in piena crisi finanziaria, è stato infatti sospeso il 28 luglio dalla lega competente. Il proprietario, Jason Whittingham, non è riuscito a vendere nei mesi scorsi il club, fresco di retrocessione dalla League Two: nel 2021 giocava in League One. La corsa contro il tempo per evitare esclusione definitiva e fallimento è una maratona in salita. La National League si riunirà nuovamente il 20 agosto: se non ci saranno novità rassicuranti sul futuro del club, la sospensione diventerà definitiva. I giocatori, su indicazione della lega, sono tornati a casa: non possono allenarsi a causa della mancanza della copertura assicurativa. Anche l’accademia è stata fermata. Whittingham, intercettato dalla BBC sulla porta di casa, non apre bocca. Il governo si è mosso, ma può fare ben poco. La salvezza passa dalla vendita del Morecambe, nel radar del gruppo di investimenti sportivi Panjab Warriors, sede a Londra, ma secondo i rumors che circolano in questi giorni in città, Whittingham starebbe cercando di incassare più soldi del dovuto per saldare debiti personali.
Morecambe si porta dietro, in questa vicenda calcistica, il suo recente passato di decadenza. Località balneare del Lancashire, Nord-Ovest dell’Inghilterra, ha vissuto il suo momento d’oro dai primi del Novecento al 1970. Era una privilegiata meta turistica della regione, degli scozzesi e degli inglesi dello Yorkshire. Fu persino, dal 1959 al 1986, sede del concorso di bellezza di Miss Gran Bretagna. I primi segnali di crisi arrivarono con la concorrenza di altre città di mare, su tutte Blackpool. Una serie di incidenti e disgrazie diede la spallata decisiva. Nel novembre 1977, una tempesta spazzò via il West End Pier. Il pontile centrale, danneggiato da un incendio nel 1933, fu rimosso nel 1992. Nel 1994, l’attrazione The World of Crinkley Botton, fu fermata solo tredici settimane dopo l’apertura. A ruota, le chiusure della piscina e del luna park di Frontierland. Nel 2004, infine, una incredibile tragedia: la morte di 21 immigrati cinesi, intrappolati dalla marea, mentre stavano raccogliendo molluschi per le industrie locali.
Una sola cosa è sopravvissuta al declino totale di Morecambe: il calcio. È rimasto fino a quest’estate di tormenti l’unica oasi felice di una comunità costretta a fare i conti con un disagio sociale che ha provocato casi di rachitismo nei bambini, secondo il report del dicembre 2017 di un medico locale. Non solo: nella paralisi dell’attività turistica, il calcio, attraverso il flusso dei tifosi, ha dato ossigeno alle finanze della città. “I mesi invernali sono i più difficili – spiega Chris Donaldson, proprietario del Royal Hotel -. La stagione calcistica ci ha sempre aiutato a superare i momenti complicati. La mia struttura ha 19 camere da letto e i sostenitori ospiti arrivano da tutte le parti dell’Inghilterra, prenotando le stanze con settimane di anticipo. È pazzesco cosa succederebbe alla città se il calcio dovesse sparire. Perderemmo tutti quei soldi. Un danno enorme per tutti”. “Abbiamo circa 400-500 persone in una giornata di partita – racconta Michael Woolworth, manager dell’Hurley Flyer, il pub di fronte allo stadio – È un rituale”.
“Il fallimento del club creerebbe problemi in profondità nel tessuto sociale di Morecambe. Le sue strutture ospitano una varietà di eventi: giornate di divertimento, raccolte fondi, attività umanitarie. Il club svolge un lavoro eccellente per la comunità, comprese sessioni per gli anziani delle case di cura”, le parole dell’ex co-presidente Rod Taylor. Si è dimesso dal Consiglio di amministrazione all’inizio dell’estate, nel corso di una videochiamata organizzata in fretta e furia da Whittingham. “Abbiamo un gruppo di supporto pre e post-cancro che si incontra regolarmente – continua Taylor -. Andiamo nelle scuole per tenere delle sessioni. È un’attività senza prezzo. Un’alta percentuale della popolazione di questa città è coinvolta in qualche modo in qualcosa che va ben oltre il calcio. Il football qui rappresenta la liberazione dalla normalità. È una cosa generazionale. È radicato, fa parte del nostro DNA”.
“Questo posto è metà della mia vita – afferma Kate Barker, tifosa ed ex capo steward, vicepresidente onoraria a vita – Tutti i miei cari amici sono qui. È un luogo comune, ma siamo una famiglia e ci prendiamo cura l’uno dell’altro. Non vediamo l’ora di vederci il martedì e il sabato per andare a vedere una partita. Potremmo vincere, perdere o pareggiare: il risultato non ha importanza. Il calcio ci fa stare insieme ed è una cosa bellissima. Questa vicenda è un dolore profondo per tutti noi”.
La storia di Morecambe ha costretto a intervenire anche il governo. La segretaria alla Cultura, Lisa Nandy, ha scritto una lettera aperta al proprietario del club per invitarlo a vendere. Il Panjab Warriors Group ha ribadito di essere pronto ad acquistare la società. Il sito del gruppo sta seguendo con attenzione gli sviluppi dell’affare, ma la trattativa dopo un anno di incontri si è arenata. “Noi siamo ancora disposti a comprare il Moracambe – una nota del Panjab Warriors -, ma dipende dalla volontà di vendere e dalle richieste di Whittingham. Spetta a lui l’ultima parola”.