
Corsa contro il tempo per approvare il testo, che già domani sera sarà a Montecitorio. Nel frattempo però salta pure l'articolo su Sport e Salute caro ai meloniani
Alla fine è il decreto Sport che rischia di mandare di traverso le vacanze della maggioranza. Il testo tanto caro al governo Meloni, che vuole allungare le mani sulle ricchezze garantite dai grandi eventi e non solo, sta costringendo il Parlamento a una corsa contro il tempo, ma soprattutto sta uscendo stravolto per evitare evidentemente uno scontro pesante con il Quirinale, che aveva manifestato una certa irritazione. Il punto cruciale sono i rilievi formali del Colle su due norme aggiunte in corso d’opera e considerate poco urgenti per giustificare un decreto. E durante la fase di conversione del decreto al Senato il governo ha dovuto mettere una pezza. L’ok in fretta e furia oggi, per consentire poi alla Camera di approvarlo in terza lettura nelle parti modificate da Palazzo Madama. Domani a Montecitorio la discussione generale sul decreto Sport comincerà addirittura alle ore 20. Mercoledì proseguirà la discussione, ma il via libera definitivo deve arrivare entro la settimana: poi cala il sipario di Ferragosto sui lavori parlamentari. Un rush finale col brivido, degno di una gara di sport.
L’ultimo colpo di scena nel pasticcio chiamato decreto Sport si è consumato lunedì pomeriggio: la maggioranza, con un emendamento a prima firma Salvitti (FdI) che sopprime l’articolo 9 quater, ha stralciato in aula al Senato il comma del decreto riguardante Sport e Salute, che ilfattoquotidiano.it aveva già raccontato nel dettaglio. Con questo provvedimento Palazzo Chigi vorrebbe imporre di fatto che la società Sport e salute, dal 2023 guidata da Marco Mezzaroma, assuma l’organizzazione e la gestione di tutti i grandi eventi sportivi beneficiari di 5 o più milioni di fondi pubblici, come la Coppa Davis o gli Europei del volley 2026. Originariamente, la norma riguardava solamente il coordinamento e monitoraggio delle Atp Finals, il ricco torneo di tennis a Torino.
La norma era uno dei punti del decreto più caro ai meloniani. Se il governo ha scelto di cancellarla, evidentemente non aveva altra scelta. Poche ore prima il ministro dello Sport, Andrea Abodi, aveva dichiarato come non ci fosse nessun timore che il decreto possa essere rinviato alle Camere dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Se andiamo avanti evidentemente no, rispettosamente no”. È stato smentito dai fatti, il rischio c’era eccome. E d’altronde lo stesso Abodi aveva poi specificato che una trattativa era in corso: “Ho fatto un passo di lato, ora sarà la commissione e il parlamento, con la mediazione del Governo, a discutere con il Quirinale”. Nei fatti, la commissione Cultura del Senato aveva approvato l’emendamento presentato dal relatore Andrea Paganella per sopprimere due norme dell’articolo 11 del decreto Sport che disciplina l’istituzione di una Commissione indipendente per la verifica dei conti delle federazioni sportive professionistiche a partire da calcio e basket.
Le correzioni all’articolo 11 riguardavano uno dei due rilievi mossi dal Quirinale. L’altra norma che il Colle aveva cerchiato in rosso era appunto l’articolo 9 quater. Su quest’ultima norma il centrodestra si era mostrato restio a cambiamenti. Fino al colpo di scena nell’Aula del Senato: evidentemente, al di là delle parole di Abodi, c’era la volontà del Quirinale, successivamente, di rinviare il decreto alle Camere. D’altronde, già a luglio un incidente con il Colle era stato sventato all’ultimo proprio sul decreto sport. Colpa di un emendamento di maggioranza finalizzato ad allungare al 2033 l’operatività di Simico, la società di gestione delle Infrastrutture delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Questione poco affine alla decretazione ‘urgenza’, era emerso dalla presidenza della Repubblica. Alla fine, era stato ritirato ma è riapparso poco dopo nel decreto economia. Troppo importante per la Lega. Così come la norma su Sport e Salute era cruciale per i meloniani. Un pasticcio. L’intenzione della maggioranza, ora, è quella di trovare un altro strumento normativo per ripresentare la norma.