Mafie

Stragi del 1992, stop all’archiviazione dopo il ritrovamento del verbale di Borsellino sul pentito della pista nera

ESCLUSIVA - La gip Graziella Luparello dà ragione all'avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, che aveva chiesto d'interrompere la camera di consiglio sulla richiesta della procura di Caltanissetta : fissata una nuova udienza il 22 settembre sui mandanti esterni

Colpo di scena a Caltanissetta: la giudice Graziella Luparello ha interrotto la camera di consiglio sull’archiviazione dell’inchiesta relativa ai cosiddetti mandanti esterni delle stragi del 1992. A chiedere di chiudere l’indagine era stata la procura nissena, che da ormai trentatrè anni indaga sulle bombe di Capaci e di via d’Amelio. La gip, però, ha accolto l’istanza dell’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato il 19 luglio del 1992. Il difensore ha prodotto nuovi documenti relativi agli ultimi giorni di vita di Paolo Borsellino. Si tratta di un verbale relativo a una riunione tenuta a Palermo il 15 giugno 1992, dunque dopo la morte di Giovanni Falcone. A quell’incontro presero parte l’allora procuratore capo del capoluogo siciliano Pietro Giammanco, gli aggiunti Vittorio Aliquò e Borsellino, i sostituti Vittorio Teresi e Pietro Vaccara, quest’ultimo pm di Caltanissetta e all’epoca dei fatti titolare delle indagini sulla strage di Capaci.

Dal verbale depositato da Repici emerge che i magistrati si scambiarono notizie riguardanti la strage del 23 maggio 1992 e altre informazioni sulle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nei confronti di Alberto Lo Cicero , in quel momento confidente e in seguito collaboratore di giustizia: uomo di fiducia di Mariano Tullio Troia, boss di Cosa Nostra e simpatizzante dell’estrema destra noto come ‘u Mussolini, era legato a Maria Romeo, sorella di Domenico, autista di Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale. Lo Cicero e Romeo sono stati i primi a raccontare della presenza di Delle Chiaie in Sicilia nei giorni della bomba di Capaci. I documenti prodotto da Repici, dunque, certificano come Borsellino fosse interessato alle dichiarazioni di Lo Cicero, il pentito che ha raccontato del coinvolgimento degli estremisti neri nelle stragi.

“È davvero incredibile: esiste prova documentale che Borsellino fosse intervenuto in modo perentorio sull’avvio della collaborazione con la giustizia di Alberto Lo Cicero, imponendo addirittura che il dichiarante avrebbe dovuto riferire nella prima fase esclusivamente alla Procura della Repubblica di Palermo. Ecco perché fino alla mattina del 19 luglio 1992 Paolo Borsellino rimase in attesa della delega del Procuratore Giammanco a occuparsi degli affari criminali della città di Palermo. Sarebbe stata necessaria per la raccolta da parte sua delle dichiarazioni di Alberto Lo Cicero”, ha scritto Repici nella sua istanza. Una richiesta definita “meritevole di accoglimento” da parte della gip Luparello, che ha interrotto la camera di consiglio sull’archiviazione, fissando una nuova udienza per il prossimo 22 settembre.

Il pentito della pista nera – La storia della collaborazione di Lo Cicero, oggi deceduto, è tormentata. Basti pensare che la sua compagna, Maria Romeo, è attualmente sotto processo a Caltanissetta per false informazioni ai pm. Imputato insieme alla donna c’è anche Walter Giustini, l’ex carabiniere che gestì la collaborazione di Lo Cicero. Ed è proprio durante questo dibattimento che Vittorio Teresi ha ripercorso la genesi della collaborazione del pentito della pista nera. Nel 1992 l’ex magistrato era un giovane pm che si occupava della mafia in provincia di Agrigento, lavorando sotto il coordinamento di Borsellino, che era “il suo fisiologico e istituzionale punto di riferimento”, ma “anche destinatario di informative su ognuna delle attività di qualche rilievo” portate avanti da Teresi. L’1 giugno del 1992, quindi otto giorni dopo la strage di Capaci, il pm predispone una relazione di servizio in cui spiega come Lo Cicero e Romeo fossero diventati confidenti dei carabinieri dopo che il primo era scampato a un tentato omicidio nel dicembre del 1991. L’ex braccio destro di Troia temeva ancora per la sua vita e per questo non aveva alcuna intenzione di firmare alcun verbale con le sue dichiarazioni. Agli investigatori, però, aveva raccontato vicende molto rilevanti: per esempio che il suo capomafia Troia, tramite una società intestata alla moglie, gestiva i trasporti, il movimento terra e i lavori stradali in una vasta zona dei comuni di Palermo e Capaci, “compresa la zona prospiciente l’autostrada PA-TP e l’aeroporto di Punta Raisi”: proprio dove era stato organizzato l’Attentatuni. Nella relazione di Teresi si legge ancora che Lo Cicero aveva precisato come “uno dei prestanome di cui il Troia si avvale per la
gestione di ditte operanti in Capaci sarebbe tale Senzale, anch’esso appartenente a Cosa Nostra”. E ancora il confidente aveva riferito di aver conosciuto, in casa di Troia, “l’on. Lo Porto, che più volte si sarebbe intrattenuto a cena dallo stesso, e che un nipote o cugino del Lo Porto sarebbe proprietario di una villa nello stesso complesso”. Militante di estrema destra, arrestato nel 1968 insieme al killer neofascista Pierluigi Concutelli, Lo Porto è stato più volte eletto alla Camera col Movimento sociale e con Alleanza Nazionale, ricoprendo anche l’incarico di sottosegretario alla Difesa nel primo governo di Silvio Berlusconi. In gioventù era stato compagno di scuola di Borsellino ed entrambi avevano militato nel Fronte della Gioventù. Il magistrato, dunque, aveva saputo dei racconti di Lo Cicero su Troia e altri esponenti di destra? Secondo Repici la risposta è affermativa, ecco perché l’avvocato parla di “clamoroso rilievo” della relazione di Teresi. “Essa – si legge nella memoria del legale – appare quasi come un riscontro documentale alla dichiarazione resa da Maria Romeo, la quale disse di aver incontrato Borsellino proprio fuori dalla porta dell’ufficio di Teresi in occasione nella quale Alberto Lo Cicero si trovava a colloquio con Teresi, allorché Borsellino era entrato e/o uscito dalla stanza del proprio collega. Si consideri che dall’agenda grigia di Borsellino si ricava che l’1 giugno 1992 egli fu presente presso la Procura della Repubblica di Palermo sia di mattina che di pomeriggio”.

L’incontro tra i pm di Palermo e di Caltanissetta – Ma non solo. Un’altra prova dell’interesse di Borsellino per i racconti di Lo Cicero è legato nel verbale della riunione di coordinamento di indagine tra le procure di Palermo e Caltanissetta del 15 giugno 1992. L’esistenza di quel documento era emersa da una nota all’ordinanza di custodia cautelare emessa nel 2023 nei confronti di Domenico Romeo e Stefano Menicacci, storico avvocato di Delle Chiaie. Nel verbale si legge che “i presenti reciprocamente si informano circa le attuali risultanze del procedimento concernente l’omicidio del dr. Giovanni Falcone e di quello n. 3471/92 (cioè le indagini nate dalle dichiarazioni di Lo Cicero ndr) della Procura della Repubblica di Palermo, per la parte riguardante le intercettazioni telefoniche ed ambientali nel corso delle quali si accenna al suddetto omicidio. Convengono i presenti sulla opportunità che dette intercettazioni proseguano a cura della Procura della Repubblica di Palermo, concernendo esse più ampio tema di indagine, e con l’intesa che ogni elemento che emerga circa l’omicidio del dr. Falcone verrà immediatamente comunicato alla Procura della Repubblica di Caltanissetta. Convengono altresì di procedere al più ampio scambio di informazioni circa gli sviluppi dei relativi procedimenti e le iniziative da adottare”. A spiegare il valore del documento è sempre la memoria prodotta da Repici: “È sconvolgente – si legge – aver reperito solo a trentatré anni di distanza dalla strage di via D’Amelio un documento procedimentale sull’omicidio del dr. Falcone nel quale compare la sottoscrizione del dr. Borsellino. Non è solo una questione di suggestione morale, ma un dato di inusitato rilievo in relazione alla ricostruzione dei fatti nel presente procedimento e peraltro sconosciuto a tutte le precedenti sentenze sulla strage di via D’Amelio”. Solo tre giorni prima di quell’incontro, infatti, i carabinieri avevano inviato un’informativa alla procura di Caltanissetta in cui definivano di “particolare importanza le conversazioni avute con tale Lo Cicero Alberto e certa Romeo Maria“, chiedendo l’emissione di provvedimenti di fermo per una serie di personaggi citati dal confidente “fatta eccezione per Troia Mariano Tullio nei confronti del quale, perché ritenuto ai vertici della predetta organizzazione mafiosa, si sta indagando più approfonditamente e per il quale una restrizione della libertà personale danneggerebbe le investigazioni”. Settantadue ore dopo i magistrati di Palermo, compreso Borsellino, incontrano quelli di Caltanissetta per discutere delle indagini sulla strage di Capaci: è possibile, dunque, che quella pista nata dalle dichiarazione di Lo Cicero sia stata discussa alla presenza dello stesso Borsellino? Per Repici non c’è alcun dubbio. Anche perché Lo Cicero si era deciso a formalizzare la sua collaborazione con la giustizia quando ancora Borsellino era in vita, come emerge da un’informativa inviata sempre dai carabinieri alla procura di Caltanissetta dl 14 settembre del 1992: “Questo Comando – si legge – ritiene opportuno richiamare all’attenzione che sia il Dottor Borsellino che la S.V. raggiunto accordi, per averli da voi appresi, circa la inopportunità al momento di richiedere la disponibilità del collaboratore a fornire informazioni ad altre autorità giudiziaria per evitare problemi alla prosecuzione della spontanea collaborazione offerta dal noto personaggio”. Insomma: prima di morire Borsellino aveva raggiunto accordi coi colleghi nisseni per evitare che Lo Cicero mettesse a verbale le sue dichiarazioni con altre procure.

L’amico “traditore” – Alla luce di tutto questo, secondo l’avvocato di Salvatore Borsellino vanno puntati i riflettori anche sulle dichirazioni di Lo Cicero relative a Lo Porto e al rapporto di quest’ultimo col magistrato ucciso in via d’Amelio. “Arrestato nel 1968 insieme al killer Pierluigi Concutelli, era persona che nel 1992 era in rapporti con il dr. Paolo Borsellino. Se ne trova traccia in un dispaccio dell’Ansa del 20 maggio 1992, allorché il Dr. Borsellino esplicitò il suo dissenso sull’iniziativa del Movimento sociale italiano di votarlo nel Parlamento in seduta comune per la Presidenza della Repubblica. In quel caso, Borsellino definì Lo Porto ‘il mio vecchio compagno di scuola nonché amico’. Si consideri che la riunione del 15 giugno, nella quale le Procure di Caltanissetta e di Palermo parlarono di Lo Cicero e delle sue rivelazioni (e sicuramente, quindi, anche dell’on. Lo Porto), fu di pochissimo precedente all’incontro del Dr. Borsellino con la Dr.ssa Camassa e il Dr. Russo, nel corso del quale il magistrato di lì a breve ucciso si lasciò andare a uno sfogo su’un amico’ dal quale si era sentito tradito“. Alla luce di questi elementi, Repici aveva chiesto alla gip Luparello di sentire il suo assistito, Salvatore Borsellino, per provare a individuare “l’amico traditore” del giudice assassinato in via d’Amelio. “Ciò – scrive sempre l’avvocato – sarebbe probabilmente l’abbrivio per comprendere a cosa facesse riferimento il 25 giugno 1992 il dr. Borsellino nel suo intervento pubblico a Casa Professa, allorché sostenne che alcune cose non le avrebbe riferite a nessuno, nemmeno ai suoi amici e colleghi palermitani, prima di riferirle a verbale alla Procura di Caltanissetta”. Relativamente a questo aspetto, Teresi ha dichiarato al processo Giustini-Romeo: “Sono quasi certo, ripeto, per quel rapporto che avevo negli ultimi tempi con Borsellino, che se lui avesse in qualche modo avuto con questi raccor… rapporti, rapporti con Lo Cicero, notizia della cosiddetta pista nera per la strage di Capaci… forse era proprio questo che lui voleva riferire a Caltan… alla Procura di Caltanissetta in quel periodo in cui con tanta insistenza continuava a dire che non vedeva l’ora di essere convocato, ma non lo fu mai prima del 19 luglio”.