Mafie

Cosche e traffico di droga, 35 arresti a Reggio Calabria. Il procuratore: “Oggi la ‘ndrangheta ha 60mila affiliati”

Nelle intercettazioni riferimenti anche al fentanyl: "Una traccia che va verificata ma è molto preoccupante"

“A questi risultati non si arriva se non si dispone di strumenti adeguati, di professionalità adeguate e, soprattutto, di organici adeguati a contrastare un fenomeno che è imponente nei numeri e nella sua capacità operativa. Noi lo sappiamo perché questo fenomeno cerchiamo di contrastarlo da anni. Ma sappiamo perfettamente che hanno disponibilità di risorse finanziarie, materiali oltre che di un enorme numero di soggetti affiliati, contigui e collegati che operano all’interno di un sistema che ha determinate logiche mafiose. I numeri sono enormi: la ‘ndrangheta oggi ha 400 famiglie, ha un numero di affiliati non inferiore a 60mila soggetti e soprattutto non ha spazi territoriali in cui non è presente”. Il dato è impressionante e lo ha ribadito più volte il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo durante la conferenza stampa organizzata in prefettura per illustrare alcuni elementi dell’inchiesta Arangea Bis – Oikos” che ha portato a 54 misure cautelari disposte dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

Il blitz è scattato lunedì all’alba: 33 indagati sono finiti in carcere, due ai domiciliari più altri 28 a piede libero. È il bilancio di tre anni di indagine: dal 2021 al 2024 Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza hanno scandagliato due distinte associazioni per delinquere finalizzate al traffico internazionale ed allo spaccio di droga. Un primo gruppo, operativo nei territori di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, San Roberto, Seminara, Gioia Tauro e Catania, era perfettamente organizzato per offrire ai potenziali acquirenti ogni qualità di droga: dalla cocaina al crack passando per l’hashish e la marijuana. Ma non solo. Nelle intercettazioni, infatti, gli indagati hanno fatto “riferimento al fentanyl a San Roberto”. Il procuratore Lombardo ha spiegato che “si tratta di una traccia che va verificata ma che è molto preoccupante”. Il quartier generale degli spacciatori era nel piccolo paesino di provincia e precisamente nell’abitazione di uno dei promotori e finanziatori del traffico. Si tratta di un soggetto che, sebbene ai domiciliari, riusciva a gestire i canali di approvvigionamento che servivano a rifornire le piazze reggine e catanesi. Tutto passava da “lui” e dal suo gruppo criminale che, oltre ai tossicodipendenti, sfruttava pure i minori.

La seconda associazione, invece, importava centinaia di chili di cocaina da Ecuador, Spagna, Germania, Olanda e Belgio sfruttando il porto di Gioia Tauro come hub strategico. La droga arrivava in Calabria dal Sudamerica dopo aver fatto il giro di mezza Europa. Gli inquirenti hanno scoperto anche un complesso sistema di riciclaggio, che prevedeva il trasferimento di somme verso Roma dove un gruppo specializzato, composto da soggetti di origine cinese, si occupava di reinserire il denaro nel circuito economico attraverso operazioni mirate. Se per il procuratore aggiunto Walter Ignazitto “gli arresti fotografano il fenomeno del narcotraffico a 360 gradi”, fondamentali sono state le intercettazioni sulle quali è stato fatto un lavoro enorme. Per coordinare i traffici e sfuggire ai controlli investigativi, infatti, gli indagati utilizzavano sistemi di messaggistica criptata, come la piattaforma SkyEcc che l’Italia non è riuscita a decriptare a differenza di altri Paesi che poi hanno fornito agli investigatori italiani il materiale su cui indagare.

A proposito, il magistrato Ignazitto chiarisce: “Senza la possibilità di esaminare quelle chat chiaramente non avremmo potuto ottenere questi risultati. Ci saremmo fermati a San Roberto. In un periodo storico in cui si discute dell’utilità delle intercettazioni ritengo che vicende di questo tipo debbano portarci a riconsiderare non soltanto che non dobbiamo ridurle ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di intensificare questo uso e di poterci avvalere di tecnologie (che in questo momento non sono sufficientemente performanti) che ci permettano di accedere anche a questi mezzi di comunicazioni criptati di cui tuttora la criminalità si serve”. Concetto ribadito anche dal procuratore Lombardo: “Le intercettazioni sono indispensabili ma soprattutto sono indispensabili gli investimenti nelle nuove tecnologie perché le intercettazioni tradizionali non bastano più. I sistemi di comunicazione sono in continua evoluzione. Abbiamo beneficiato dei contenuti provenienti dalle chat criptate ma le chat criptate sono già il passato”. Ma per la politica la priorità è interromperle dopo 45 giorni di indagine.